Come immaginano l'inferno gli architetti? E il purgatorio? Il paradiso è davvero tale? Lo studio della Divina Commedia è un po' un purgatorio negli anni del liceo, ma innegabilmente lascia in eredità più di un'immagine indelebile. Decine gli artisti che hanno provato a mettere su tela gli spazi e le atmosfere del capolavoro dantesco, da Botticelli a Dalì.
Tra gli architetti il primo a cimentarsi fu Giuseppe Terragni che diede forma al suo immaginario attraverso il progretto mai costruito del Danteum a Roma. Un'esperienza che doveva essere spaziale oltre che spirituale.
Ora alla Reggia di Caserta (fino al 29 marzo) la mostra, curata da Luca Molinari e Chiara Ingrosso, Divina Sezione. L'architettura italiana per la Divina Commedia, coinvolge settanta architetti di generazioni diverse per raccontare la loro visione, le loro immagini e le loro suggestioni legate al grande poema allegorico.
Una sfida importante e probabilmente impegnativa che va ben oltre la mera narrazione degli episodi e degli ambienti danteschi e che impone un confronto diretto tra racconto e immagine, tra le allegorie del sommo poeta e il mondo contemporaneo.
Una periferia può essere un inferno? E la traversata del Mediterraneo su un canotto per scappare alle persecuzioni, alla guerra e alla povertà? Gli architetti dimostrano un'attenzione che non si limita a linee e dimensioni, ma riconquistano così quel ruolo sociale a loro ascritto. Una sfida a guardare lontano, a sbrigliare la fantasia, a liberare il pensiero. Proprio come fece Dante quasi sette secoli fa.
Ricordiamo che il Touring Club Italiano e la Reggia di Caserta hanno un rapporto particolare: sono infatti i Volontari Touring dell'iniziativa Aperti per Voi a tenere aperto il Teatro di Corte della Reggia, magnifico ambiente che non manca di entusiasmare i visitatori. Maggiori informazioni nella nostra notizia dedicata