A Ischia, la scossa del 21 agosto nella zona alta di Casamicciola Terme ha sconvolto la fine dell'estate, ma non ha affatto messo in ginocchio l'isola verde. Per rendersene conto, nulla di meglio che un rapido giro attraverso quella che è da tempo, e che vuole fermamente rimanere, la regina del turismo campano, l'isola delle terme, ma che vanta anche una eccezionale vocazione enogastronomica (basti dure che il Pil turistico della regione Campania è coperto per circa il 30 per cento da questa piccola terra in mezzo al mare di soli 46 kmq e 63.400 abitanti, che vanta però ben 450 strutture ricettive e conta 3,5 milioni di presenza all'anno!).
 
Certo, quella sera d'agosto la scossa, pur essendo “solo” di magnitudo 3.9 Richter, gettò turisti e popolazione nel panico. E non va dimenticato che si è portata la vita di due abitanti. Ma per gli operatori turistici locali, indignati in particolar modo con un quotidiano nazionale che scrisse in prima pagina che a Ischia era tutto distrutto, l'isola non è affatto quella che è stata descritta dopo il terremoto. Ogni attività, in effetti, è ripresa normalmente, e assai in fretta. E oggi a chi sbarca a Ischia potrebbe sembrare che nulla sia accaduto. Lo spiegano meglio di tutto gli sguardi stupiti degli entusiasti turisti stranieri quando chiedi loro se sapevano del terremoto. “Nonostante i 19mila turisti imbarcatisi subito dopo la scossa, in realtà la flessione è stata lieve”, ha spiegato Ermando Mennella, presidente di Federalberghi Ischia, in un incontro con la stampa organizzato in collaborazione con il tour operator locale Imperatore Travel, “e ha riguardato soprattutto gli italiani. Su 310 alberghi, solo 7 hanno avuto problemi di agibilità o di verifiche cui sottoporsi”.
 
Del resto, appena tre settimane dopo il sisma, già gli uomini della Protezione civile avevano lasciato l'isola. E intanto in settembre nessuna delle tantissime iniziative programmate sull'isola è stata cancellata, si trattasse di un congresso internazionale di architetti, del festival internazionale “La Filosofia, il Castello e la Torre” con filosofi giunti da tutta Europa, dei dieci giorni di Cantine aperte, di eventi musicali e teatrali sui migranti, per non dire della festosa rievocazione di quando nel 1854 Ferdinando di Borbone volle aprire il bacino circolare di un lago vulcanico e fece nasce l'incredibile porto di Ischia, “vulcano diventato lago e poi porto”.
Il panorama di Monte Sant'Angelo /thinkstockphotos
ISCHIA, APPRODO GASTRONOMICO
Un'altra iniziativa di dimensioni nazionali è stata Ischia Safari, l’evento gastronomico (ormai alla terza edizione) ideato dagli stellati Nino Di Costanzo, chef patron di Danì Maison di Ischia, e Pasquale Palamaro, chef dell’Indaco dell’Albergo della Regina Isabella di Lacco Ameno, per celebrare i sapori del territorio ischitano attraverso l’interpretazione dei grandi protagonisti della cucina italiana. “Sono stati due giorni di festa gastronomica di dimensioni nazionali con cento chef”, spiega Palamaro, “una cosa voluta anche per sostenere la grande tradizione ischitana nel formare grandi professionisti dell'accoglienza e della tavola. Sin da piccoli qui si è seguiti bene. E non è un caso che oggi gli ischitani cucinano in tutto il mondo, con grande successo. Dall'isola negli anni sono usciti tanti chef stellati, due siamo qui e altri tre fuori, a Capri, Ravello e Firenze”. 
 
La bravura in cucina deriva anche dalla ricchezza dei prodotti di un'isola che nei suoi piatti tipici vede più campagna che mare, e i cui abitanti spesso amano andare a pescare, ma tutti impazziscono letteralmente se si tratta di andare a funghi. E lasciando perdere la passione domenicale per il coniglio all'ischitana insaporito dal timo serpillo, l'isola vanta del resto una serie di eccezionali tipicità, dai pomodori dei Maronti ai fagioli zampognari, l’oro nero delle terre di Campagnano, scuro, rossastro e con piccole striature bianche, che deve il suo nome al fatto che il legume, quando cresce attorcigliandosi intorno alla canna, richiama i lacci dei calzari degli zampognari (ma c'è chi sostiene che sia perché nella cottura prende la forma di una zampogna).
 
L'isola, sostiene l'appassionato giornalista e scrittore Ciro Cenatiempo, che ha appena pubblicat Mille orti in mezzo al mare (ad est dell'equatore ed., 15 euro), “sta diventando un laboratorio per il rilancio dell'agricoltura di prossimità. Dopo gli anni del boom turistico e del relativo abbandono delle campagne, si assiste alla riconquista di terra coltivata per vigneti di qualità e, soprattutto, per orti e giardini rigogliosi, grazie anche alla magia di un suolo vulcanico e fertile, in una corona di microclimi unici”. Passione per la terra che spiega come sull'isola corrano ben 5mila chilometri di parracine, ovvero di muretti a secco.
Un simbolo ischitano, le friselle al pomodoro e basilico /foto mamma felice
ISCHIA E GLI ANTICHI VIGNETI D’AUTORE
E poi, come dimenticare che sin dal tempo dei greci e dei romani Ischia era un'isola a fortissima vocazione vinicola? Non a caso, il più importante reperto archeologico ritrovato sull'isola, la greca Coppa di Nestore (VIII sec. a.C.) conservata a Lacco Ameno, nel Museo archeologico di Villa Arbusto, recita un'eloquente iscrizione, che è anche uno dei più antichi esempi di scrittura alfabetica: "Di Nestore... la coppa buona a bersi. Ma chi beva da questa coppa, subito quello sarà preso dal desiderio d'amore per Afrodite dalla bella corona”. Oggi i vini di Ischia che ispiravano Omero, Virgilio e Ovidio hanno ripreso a far parlare di sé, grazie a coraggiosi e moderni produttori che hanno ripiantato vigneti, investito in cantina, adeguato ai tempi delle tecniche produttive. Così bianchi autoctoni come il fruttato Biancolella, il più corposo Forastera e l'Uvarilla, o rossi come la Guarnaccia e il Piedirosso (detto “Per’e palummo”, piede di piccione, perché il graspo rosso ricorda il rosso della zampa di un piccione) scalano le classifiche delle guide più prestigiose.
 
Lo fanno più di tutti i vini di Casa d'Ambra, il produttore numero uno dell'isola, che ha fatto cose eccezionali sui pendii più ripidi della tenuta Frassitelli, inerpicata a nido d'aquila a 600 metri sopra Forio. Spiega il titolare Andrea D'Ambra: “A Ischia, un'anima contadina ancora marca tutte le persone, a settembre si è tutti presi da una brezza dionisiaca che si vive tutti insieme, nella vendemmia. La nostra è una viticoltura eroica, che però nel 1966 ebbe l'onore di avere la seconda Doc d'Italia, dopo la Vernaccia di San Gimignano. Fondata nel 1888, Casa D'Ambra oggi con le mie figlie è giunta alla quarta generazione. Le soddisfazioni non mancano, come gli altissimi punteggi che il guru del vino, Robert Parker, su Wine Advocat ha appena dato a quattro nostri vini.
 
Quel che mancano sono le vigne e il prodotto: il vino è già venduto tutto prima ancora di essere imbottigliato. Perciò è importante ripristinare le vigne abbandonate. Anche se una riconquista del vigneto c'è: recentemente si sono ripiantati 30 ettari. Ancora pochi, però, se si pensa che fino agli anni 60 Ischia era un unico immenso vigneto, su 4500 ettari di isola ben 2700 erano a vigna! Oggi ne sono rimasti circa 300”. Così, mai soddisfatto, D'Ambra sperimenta piantando varietà quasi scomparse, Coda cavallo e Streppa rossa, Rillottola e Don Lunardo, Catalanesca e Uva coglionara. E, soprattutto, va orgoglioso del suo vino del cuore, La Vigna dei Mille Anni, aristocratico rosso frutto del recupero di una vigna nella Tenuta Migliaccio, la Vigna della Iesca, attestata sin dal 1034: “Una selezione di sole tremila bottiglie che devo a Luigi Veronelli, il quale 30 anni fa mi consigliò di separare questa vigna particolare”. Ma, come Andrea D'Ambra, anche gli altri vignaioli ischitani, da Mazzella a Crateca, da Cenatiempo a Tommasone, stanno facendo passi da gigante. E si fa vino persino sulla rupe e i terrazzamenti del fantasmagorico Castello Aragonese, dove visse a lungo la somma poetessa Vittoria Colonna, grande amica di Michelangelo.
ISCHIA E LA VOCAZIONE AL BENESSERE TERMALE
Lo zoccolo duro del turismo ischitano è però, ovviamente, il termalismo: già caro ai romani, ben sviluppatosi dal XVI secolo, e poi esploso nel dopoguerra, grazie anche ad Angelo Rizzoli che volle mettere Ischia in concorrenza con Capri, facendone però una meta glamour che poi si è imposta pure come destinazione democratica. Molti anni sono passati dalla fondazione rizzoliana del prestigioso Hotel della Regina Isabella, che è uno dei celebri cinque stelle dell'isola assieme ad altri templi del benessere come il Terme Manzi, il Mezzatorre, il Sanmontano e via dicendo.
Ma intanto Ischia ha saputo valorizzare la più alta concentrazione d'Europa di bacini termali, che vanno da 113 a 34 gradi di temperatura. Pazienza se i tedeschi non arrivano più come un tempo, e anche Angela Merkel da un paio di stagioni non si fa più vedere nel borgo marinaro di Sant'Angelo a lei caro per tanti anni. Altri li stanno sostituendo: russi e americani, indiani e pakistani, cinesi e giapponesi. E così anche i parchi Poseidon e Negombo, paradisi termali affacciati rispettivamente negli ambienti affascinanti della spiaggia di Citara, a Forio, e della baia di San Montano, a Lacco Ameno, non sembrano conoscere crisi. Realtà che fanno di Ischia una meta viva e attraente quattro stagioni su quattro. E sulle spiagge, come Sorgeto, dove l'acqua calda sgorga bollente direttamente in mare, è addirittura più piacevole andare in gennaio che in piena estate.
ISCHIA E LA BIODIVERSITA
Ma Ischia da un po' di tempo ha scoperto anche altri e nuovi modi di proporsi. Per esempio, facendo apprezzare l'incredibile biodiversità del suo territorio e del suo mare. Un'opera meritoria in cui sono impegnatissime le competenti guide naturalistiche dell'Associazione Nemo. Due di loro, Gianluca Iacono e Francesco Mattera, passerebbero ore a spiegarci quante cose ci sono da fare e da vedere a Ischia, e senza mai ripetersi. Per esempio, nell'area marina protetta Regno di Nettuno, che si stende fra Ischia e Procida, si incrociano tutte le sette specie di cetacei presenti nel Mediterraneo: balenottera comune, capodoglio e le cinque specie di delfino, fra cui il delfino comune, che in realtà è il più minacciato.
Sulle pendici dell'isola, invece, sopravvive una felce preistorica che testimonia la grande biodiversità di un'isola vulcanica giovane dal punto di vista geologico, ma che in appena 150mila anni ha creato oasi ed ecosistemi tanto diversi che in pochi chilometri par di viaggiare nello spazio e nel tempo, passando dalle spiagge e dalla macchia mediterranea ai pinnacoli del lunare vallone di Buceto, da zone che paiono foreste tropicali su su fino a paesaggi 
ISCHIA E IL MITO DI TIFEO
Tanto che, a poche settimane dal terremoto, c'è già chi del sisma è disposto a dare una sdrammatizzante lettura mitologica. Come? Rifacendosi a una leggenda narrata da Virgilio. E ipotizzando che il sisma di Casamicciola sia stato causato da un sussulto del gigante ribelle Tifeo, scaraventato da Giove nel Golfo di Napoli e incatenato sotto il monte che lo aveva sepolto, formando una nuova isola. Una leggenda da sempre viva nelle genti locali, che associano tanti toponimi locali (Testaccio, Panza...) a parti del corpo di Tifeo, imprigionato tra il mare e la terra sotto la mole del monte Epomeo, alto ben 787 metri. Ogni tanto prova a liberarsi, ma nessuno sull'isola crede che ci riuscirà mai davvero.
 
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