Per la prima volta il Touring Club Italiano dedica al Giappone una Guida Verde, con il contributo di tre grandi esperti del Paese e facendosi interprete di un immaginario collettivo ormai stregato dal Sol Levante. La si può acquistare direttamente sul nostro store online, oltre che nei Punti Touring e in tutte le librerie.
Ecco gli approfondimenti dedicati:
- Presentazione della Guida Verde Giappone
- Intervista a Laura Imai Messina, autrice dei "Percorsi d'autore" della guida
- Intervista a Patrick Colgan, autore dei testi di visita della guida
- Intervista a Francesco Comotti, autore della sezione "Popoli culture ambiente" della guida

Francesco Comotti è professore di lingua e civiltà giapponese al Liceo linguistico “Giovanni Falcone” di Bergamo, uno dei pochissimi professori di ruolo di lingua giapponese nelle scuole superiori italiane. Ha vissuto e studiato a Hiroshima, città dove torna ogni anno. Esperto di letteratura moderna e contemporanea, oltre che di culture, usi e costumi nipponici, è fra i curatori dell’edizione italiana di "Manabou! Nihongo. Corso di giapponese per principianti" (Zanichelli 2019). Per la Guida Verde Giappone ha scritto sia la sezione introduttiva "Popoli culture ambiente", dedicata alla geografia, alla storia, alla cultura giapponese, sia il capitolo su Hiroshima e dintorni. 

Francesco, com'è nata la tua passione per il Giappone?
"Ero al liceo. Un giorno del 1992 stavo leggendo una rivista di videogiochi, di cui ero molto appassionato, quando mi soffermai su un reportage che parlava di una scuola di aspiranti programmatori di Tokyo: diceva che per potersi iscrivere era necessaria una perfetta conoscenza del giapponese. Fu come un'illuminazione: pensai proprio "d'ora in avanti studierò giapponese per diventare programmatore di videogiochi". Cominciai a prendere lezioni private, mi impegnai a fondo. E con il tempo l'interesse si spostò prima alla lingua, poi alla cultura che veicola. A mano a mano che passavano gli anni del liceo il progetto di diventare programmatore tramontò, ma fu seguito in maniera naturale da quello di iscrivermi a Lingue Orientali a Venezia. E nel tempo il giapponese è diventato il mio lavoro". 

Quando finalmente sei riuscito a mettere piede in Giappone, la prima volta?
"Dopo il primo anno di Università. Ho preso un aereo e ho passato in Giappone tutto il mese di ottobre. La meta inevitabile è stata Kyoto: sia perché era il contesto ideale per vedere quello che stavo studiando, sia perché partivo squattrinato e volevo far base in un posto, senza dover muovermi troppo. Ricordo che alloggiavo in una pensione scalcinata, mi muovevo in bicicletta e giravo tutto il giorno da solo, dalle otto di mattina alle otto di sera, perlustrando la città in ogni minimo dettaglio. Volevo vederne ogni angolo! Tra l'altro ottobre è anche il periodo di grandi feste ed eventi, era stato bellissimo assistervi. Così come importante era stata l'esperienza alla Casa dello scambio culturale internazionale: pensa, gli stranieri potevano fare lezioni gratuite di giapponese, pagando solo qualche yen per le fotocopie". 

Kyoto - foto Getty Images

Da allora sei tornato innumerevoli volte in Giappone, portandoci anche i tuoi studenti. Ma la tua città del cuore è un'altra...
"Sì, è Hiroshima. Per me è proprio una seconda casa. Pensa che la prima volta che ne avevo sentito parlare era stato attraverso un reportage di Turisti per caso, con Blady e Roversi, che mi aveva commosso. Alla fine dell'Università ho vinto una borsa di studio per laureandi e mi sono trasferito là per un anno. Alloggiavo fuori città, in un paesello vicino al campus famoso per il sake, nel mezzo delle risaie. Arrivai un giorno dopo gli altri a causa di un ritardo aereo: fu uno shock, dovetti fare da solo tutte le pratiche per l'immigrazione, le registrazioni, le assicurazioni... parlando in giapponese! Da un giorno con l'altro mi ritrovai a fare il giapponese in tutto e per tutto, persino a comprare i mobili per la casa. Ma fu solo l'inizio di una esperienza bellissima, in una città affascinante e complessa. Tanto che decisi di laurearmi e specializzarmi sulla letteratura della bomba atomica; e poi tornai a Hiroshima a vivere anche dopo laureato". 

Per questo, nella Guida Verde Giappone, hai scritto anche il capitolo su Hiroshima. Ci dici qualcosa su questa città e che cosa hai voluto trasmettere nella Guida?

"L'esplosione della bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki non è un fatto simbolico e aleatorio come per noi europei. È vita vissuta, vita vera, storia collettiva. Qualsiasi persona di Hiroshima collega la sua famiglia con l'atomica, tutti hanno un ricordo o una storia familiare da raccontare. A Hiroshima si guadagna un punto di vista che non esiste neanche nel resto del Giappone. Ho provato a raccontarlo nella Guida Verde, inserendo informazioni che sono circolate poco sulla città e sulla regione. Volevo provare a suggerire un modo diverso per approcciare la città e poi visitarla, facendo per esempio accedere al Parco della pace da un punto diverso rispetto ai giri classici, quello che era stato pensato dai progettisti dell'area. Attraverso questo percorso si può capire com'era fatta la città, qual era il suo asse portante. Certo, poi si vorrebbe sempre dire tanto di un luogo a cui si è così legati... non sai quante parole ho dovuto tagliare!
Hiroshima - foto Getty Images

Hai scoperto anche qualcosa di nuovo, scrivendo la guida? Quali sono state le parti più difficili da affrontare?
"La parte che mi è piaciuta più scrivere è stata sorprendentemente quella naturalistica: non è il mio campo e ho dovuto studiare per affrontarla! Fin dall'inizio del lavoro, avevo deciso di basarmi principalmente su fonti giapponesi, in particolare sui manuali di storia e geografia utilizzati nelle scuole giapponesi: mi piaceva l'idea di far osservare il Giappone dal punto di vista con il quale il giapponese cresce. Certo, è uno dei tanti punti di vista e non necessariamente il più completo, ma volevo provare a dare uno spunto nuovo. L'idea ha funzionato egregiamente per la parte naturalistica e per la geografia politica. La parte più difficile da scrivere è stata invece quella storica, benché io sia più preparato sul tema, visto che è strettamente legato alla letteratura: in questo caso è stato complicato persistere con il punto di vista giapponese, ci sarebbe stato il rischio che la guida diventasse un lavoro per pochi eletti. Non sai la quantità incredibile di imperatrici, imperatori e samurai nominati nei libri, e l'attenzione tutta giapponese ai retroscena e alle personalità... Ho provato a sintetizzare per dare spunti ai lettori su legami tra templi e fatti storici, tra luoghi di visita e personaggi, provando anche ad affrontare periodi poco noti, come la preistoria giapponese". 

E sulla lingua, che è il tuo pane quotidiano, visto che la insegni tutti i giorni?
"
Ho voluto parlarne in relazione al sistema scolastico giapponese. La scrittura è parte integrante di come un giapponese pensa la sua lingua. I giapponesi pensano le parole in caratteri: lo studio della scrittura è una componente non secondaria di quanto imparano a scuola. Dico sempre ai miei studenti: per gli italiani ha suoni facili da riprodurre e non ha le tante difficoltà grammaticali dell'italiano, non esistono maschile o femminile, singolare o plurale, prima e terza persona... Ma per poter dire le cose le parole giapponesi sono infinite, la ricchezza lessicale è incredibile, frutto di un mix straordinario di apporti linguistici da tantissimi Paesi (compresa l'Italia per la musica e l'opera). Ci vuole tantissima pazienza a formare un vocabolario, anche per un madrelingua. E poi bisogna "attivare" la lingua, ovvero immergersi nel Paese, come è successo a me la prima volta che ho messo piede in Giappone". 


Insegnamento del giapponese - foto Getty Images

Cosa consiglieresti a un turista che andrà per la prima volta in Giappone, quando si potrà farlo, con la Guida Verde in mano?

"Non credo che per godersi il Giappone si debba evitare i soliti posti. Più che altro, consiglierei di andare in quei posti cercando di osservarli con i propri occhi, di utilizzare i propri sensi senza nascondersi dietro la fotografia. Il Giappone è già sufficientemente instagrammato! Quello che eviterei, piuttosto, è di programmare tour intensivi in poco tempo: meglio scegliere un'area, un paio di città, una regione, provando ad assorbire i luoghi con più calma. Per esempio andando da Hiroshima nello Shikoku, raggiungibile con una nave per Matsuyama. Trovo corretto il parallelismo tra Italia e Giappone: sono Paesi in cui non si può di vedere tutto la prima volta che ci si mette piede. Al turista che parte direi anche che si riesce a viaggiare con un budget limitato, che bisogna mettere in conto di camminare tanto per "consumare la strada", che è bello sempre guardarsi attorno senza visitare luoghi particolari, soltanto per capire la diversità e l'estetica del Paese, così diverso dalla nostra realtà. E poi di affidarsi agli uffici informazioni: le persone che vi lavorano sono sempre disponibilissime, si fanno in quattro per aiutarti. Entrare in contatto con loro è sempre un viatico eccellente per scoprire il Giappone".