Questa è la sesta parte del reportage in camper da Darwin a Alice Springs, attraverso il Northern Territory, in Australia. In fondo all'articolo i link alle altre cinque parti: il Kakadu National Park, il Nitmiluk (Katherine Gorge) National Park, da Katherine al West MacDonnell National Park, il Watarrka (Kings Canyon) National Park, l'Uluru-Kata Tjuta National Park. Viaggiate con noi!

Facciamo lo stesso errore che fanno tutti. Crediamo di aver visto Ayers Rock, là in fondo, all'orizzonte, esultiamo, “eccolo!”, “ci siamo”, e invece non è vero. È un altro monte, si chiama Mount Conner, ad Ayers Rock mancano ancora un centinaio di chilometri. Povero Mount Conner, simbolo della delusione di chissà quanti equipaggi. Il punto è che è tutto incredibilmente piatto, in questo tratto di Northern Territory: ogni cosa che si eleva di qualche metro sopra l'orizzonte desta interesse, sconfigge la monotonia, fa gridare alla meraviglia. Specialmente quando si attende con l'aspettativa di mesi (anni?) lui, il grande monolito, Uluru in lingua aborigena - Ayers Rock è un vecchio nome che non merita neppure più di essere menzionato, anche se è rimasto nell'immaginario collettivo di mezzo mondo. La strada è perfetta, oggi: sappiamo che il nostro camper 4x4 rimpiange il Mereenie Loop...

I colori dell'outback, Northern Territory, Australia © Stefano Brambilla

Yulara è pazzesca. Non crediamo ai nostri occhi. Un paese, quasi una cittadina in mezzo al rosso: è il quartier generale per chiunque voglia visitare Ululu e Kata Tjuta, i monti Olgas, nel senso che tutti coloro che arrivano fino a quest'angolo d'Australia devono dormire qui, non c'è altra scelta. Una manciata di hotel, un campeggio sterminato, un'ampia scelta di ristoranti, bar, supermercati. Un avamposto nel deserto, tutto ben organizzato all'australiana. Chiaramente non siamo soli: le consuete roulotte degli australiani, i mezzi quattro ruote motrici che sembrano usciti da una tempesta di terra rossa, i camper dei turisti, cui si aggiungono i bus dei viaggi organizzati che vengono da Alice Springs o da chissà dove. Dal campeggio, dietro alla nostra piazzola, lo vediamo bene per la prima volta, ancora lontano: una roccia rossa che sembra essere stata scagliata per caso in mezzo al deserto. Per fortuna Yulara è stata costruita ben lontana da Uluru e dagli Olgas: niente deturpa il panorama sacro agli aborigeni Anangu.

Il nostro viaggio è stato effettuato ad agosto 2017. Bisogna dirlo: perché prima del 2016 non c'era Field of Light, nel senso che non esisteva proprio. E magari nel futuro non esisterà più. Come per aggiungere meraviglia a meraviglia, ai piedi di Uluru l'artista Bruce Munro ha realizzato una grande installazione, estesa su quasi 50mila metri quadrati (sette campi da calcio!) e composta da 50mila “fiori” che di notte s'accendono e cambiano colore. Un'opera monumentale: 380 chilometri di fibra ottica collegano uno stelo all'altro, in una infinita ragnatela luminosa. Dovevano smantellarla alla fine del 2017, adesso – mentre scriviamo – hanno deciso di tenerla fino al 2020. Speriamo la lascino per sempre, così ogni visitatore di Uluru potrà godere anche in futuro di uno spettacolo senza pari: perché camminare di notte nel prato fiorito è un'esperienza che non si può paragonare a null'altro, è come un sogno a occhi aperti, una favola che diventa realtà. I percorsi non sono indicati: ci si perde nel campo, proprio così come voleva Bruce - “ogni sentiero rappresenta un attraversamento del tempo, il mio passato, il nostro presente, il futuro senza tempo di Uluru” ha scritto. Siamo parte di qualcosa di più ampio, mentre osserviamo i fiori che da rosa diventano blu e poi rossi e poi arancio: di un esperimento collettivo, di un'esperienza effimera, di qualcosa di più grande delle nostre vite. Pensiamo, filosofeggiamo – poi veniamo richiamati all'ordine. Si può stare 45 minuti all'interno di Field of Light, non un momento di più. Naturalmente siamo gli ultimi a ritornare al pullman che ci riporta al campeggio.

Field of Light, Northern Territory, Australia © Field of Light

Il giorno dopo è il gran giorno, quello in cui abbiamo previsto la visita di Uluru e di Kata Tjuta. Il planning è serratissimo: vogliamo fare tutto, godere tutto, provare tutto. Per giorni abbiamo discusso quali passeggiate, quali percorsi, da quali punti panoramici vedere alba e tramonto. Vediamo se la tabella di marcia funziona. Si inizia con una messa in moto alle 5.30 – non siamo certo gli unici folli a muoverci a quest'ora, un'intera colonna di auto e camper si muove verso il parco, che in agosto apre alle 6.00. L'alba è in programma al “punto di osservazione delle dune di Kata Tjuta”, sulla strada per le omonime montagne, un viewpoint da cui si vedono sia gli Olgas sia Uluru. Fa freddo: meno male che nel camper abbiamo pile e guscio antivento. A poco a poco il sole sorge e non si sa più bene dove fare foto, dove posare lo sguardo: quello che migliaia di persone hanno visto prima di noi e che altrettante migliaia vedranno dopo di noi è l'eterno miracolo del ritorno alla vita, la luce che illumina le rocce, le rocce che cambiano colore con il passare dei minuti, il calore che riscalda la terra. L'outback australiano prende forma e diventa reale.

Via tutti gli strati, fa già caldo: rapida colazione al punto picnic dell'osservazione del tramonto e poi in marcia sul “Valley of the Winds Walk”, la passeggiata che si inoltra tra gli Olgas. Kata Tjuta è una parola della lingua Pitjantjatjara che significa “molte teste”: e in effetti i 36 cupoloni arancioni sembrano proprio teste affastellate le une sulle altre. Inoltrarsi in mezzo ad alcune di loro è un'esperienza incredibile: anche perché, come sempre, bastano pochi minuti di cammino per rimanere in pochi, in alcuni tratti addirittura da soli. Tocchiamo queste rocce antiche, saliamo e scendiamo lungo il sentiero, scattiamo migliaia di fotografie: sono sette chilometri e quattro ore di puro piacere, una delle passeggiate più belle del viaggio. I punti di vista continuano a cambiare. Non sono così rotonde, queste teste: le forme irregolari avvolgono gli alberi, si aprono in passaggi, lasciano liberi di sognare quel che c'è al di là delle rocce. Sognare: perché è severamente proibito uscire dai sentieri. Sarebbe una violazione del Tjukurpa, il fondamento della cultura aborigena, la legge, il tempo eterno.

Il percorso Valley of the Winds, Kata Tjuta, Northern Territory, Australia © Stefano Brambilla

Alle 13 tiriamo fuori dal frigo un panino prosciutto e formaggio e ce lo mangiamo al “car sunset viewing”, dove naturalmente non c'è nessuno, visto che al tramonto mancano ancora parecchie ore. Capiamo che questa storia dei viewpoint da dove vedere alba e tramonto ha un doppio significato: senz'altro sono luoghi perfetti per fare splendide fotografie nel momento per cui sono consigliati, ma nello stesso tempo sono perfetti anche per ammirare le rocce sacre in altri momenti della giornata, quando non sono frequentati da nessuno. Uluru, per esempio, è bellissimo anche alle 13, con il sole allo zenit. Mettiamo su la musica. Tiriamo fuori il tavolo e le sedie. Brindiamo a Uluru con un bicchiere di succo d'ananas. Ma non c'è tempo: bisogna correre, oggi! Per un pelo al parcheggio del Cultural Centre ci noleggiano le biciclette: siamo in ritardo, ma siamo così entusiasti che non riescono a dirci di no. Al nostro ritorno le legheremo al portabici del bar.

Perché il nostro obiettivo è fare il giro di Uluru in bicicletta, e Andrew sa già che non ce la faremo entro le 17, quando lui dovrà smontare. Pedaliamo. A noi piace sempre pedalare, purché le salite non diventino troppo ardite: l'aria nei capelli, il paesaggio che scorre ai lati della bicicletta come in un film, il lento movimento delle gambe che si trasforma in distanza. Se anche a voi piacciono queste sensazioni, qui sono portate alla massima potenza. Avvicinarsi a Uluru in bicicletta è bellissimo. Uluru non è liscio, come lo si crederebbe: è arenaria crepata da rivoli, costellata di grotte, bucata da gole verdeggianti. Uluru non è rosso, come si potrebbe pensare: è tutta una tavolozza di ocra, marroni, aranci, terre cotte dal sole, sfumature che cambiano a seconda del lato da cui lo si guarda e della luce del giorno. Uluru non ha sempre la stessa forma di trapezio con gli angoli arrotondati: diventa rotondo, quadrato, spigoloso, irregolare.

In bicicletta attorno a Uluru, Northern Territory, Australia © Stefano Brambilla

Prima di arrivare a Uluru, avevamo paura di trovarlo banale. Troppe fotografie cristallizzate, troppa insistenza a farlo diventare un'icona. E invece nulla, Uluru è sempre diverso, potente nella sua magica forza ancestrale. Ci sono punti, sul sentiero, in cui quasi ci commuoviamo. In alcune parti i cartelli avvertono di non fotografare: quei punti sono sacri. Te lo spiegano ovunque: è la terra degli Anangu, creata dagli antenati che hanno lasciato tracce sulla terra e realizzato le leggi per gli uomini. I nonni trasmettono le storie di quei punti ai nipoti come parte della loro eredità. È una terra intrisa di spiritualità, di energie. Non puoi rimanerne indifferente. E proprio per questo motivo non capiamo tutte quelle persone che vediamo scalare la montagna, aggrappandosi alle catene per non cadere. Perché? Perché non rispettare la richiesta di chi ha sempre vissuto qui? Peraltro anche il parco nazionale sconsiglia l'ascesa in quanto pericolosa. (ndr: a ottobre 2017 il parco ha annunciato il divieto di scalare Uluru da ottobre 2019).

Per il tramonto, torniamo al punto dove abbiamo pranzato, affollato di macchine montate sui cavalletti, tavolini con bicchieri di champagne, picnic improvvisati. Nell'aria sorrisi, risate, gli occhi puntati sul monolite mentre il sole regala gli aranci e i rossi che tutti c'eravamo immaginati ma sono sempre più belli quando li vedi dal vivo.

Tramonto a Uluru, Northern Territory, Australia © Stefano Brambilla

La giornata è finita. La nostra tabella di marcia, ve la consiglieremmo senza dubbio. La colonna di auto procede verso Yulara. Nessuno può rimanere a dormire nel parco. Nella notte, a Uluru e Kata Tjuta, ogni cosa ritorna al suo posto. La natura è ancora sovrana.

C'è ancora una mattina, prima di tornare a Alice Springs e volare altrove. Tempo per l'ultima alba su Uluru, di visitare il magnifico centro culturale per capire qualcosa di più su Tjukurpa e pitture tradizionali - c'è anche una dimostrazione di artisti aborigeni che dipingono. Fra poche ore lasceremo il nostro camper Apollo e il Northern Territory. La terra rossa rimarrà nelle scarpe per molto, molto tempo.

INFORMAZIONI
- Sito web Northern Territory, in italiano: northernterritory.com/it-it

- Sito web Apollo Motorhome Holidays, noleggio di camper: www.apollocamper.com. Numerose possibilità di mezzi a due e quattro ruote motrici.

- Sito web Uluru-Kata Tjuta National Park: https://parksaustralia.gov.au/uluru. L'ingresso del parco è a pagamento; il permesso è pagabile presso l'entrata (gate sulla strada). Non si può rimanere la notte nel parco. L'ora di entrata e di uscita è calcolata in base all'ora dell'alba e del tramonto; dipende dalla stagione. Consigliata la visita al centro culturale. Il noleggio biciclette avviene nel parcheggio del centro culturale.
- Sito web Ayers Rock Resort (Yulara): www.ayersrockresort.com.au. Varie possibilità di pernottamento, tra cui il grande campeggio dotato di tutti i comfort (unica soluzione per chi ha un camper).
- Sito web Field of Light: www.ayersrockresort.com.au/events/detail/field-of-light-uluru. Varie possibilità di visita, anche con aperitivo e cena inclusi; in ogni caso, è sempre uguale il tempo di permanenza nell'installazione.

IL REPORTAGE COMPLETO

1 – In camper nel Northern Territory, in Australia (introduzione)
2 – In camper nel Kakadu National Park, in Australia
3 – In camper a Katherine Gorge (Nitmiluk National Park), in Australia
4 – In camper da Katherine al West MacDonnell National Park, in Australia
5 – In camper al Kings Canyon (Watarrka National Park), in Australia
6 – In camper a Ayers Rock, nell'Uluru-Kata Tjuta National Park, in Australia

Alba a Uluru, Northern Territory, Australia © Stefano Brambilla