Per tutto ottobre 2020, il sito del Touring Club Italiano - in collaborazione con Hertz - segue il Giro d'Italia edizione numero 103 (Monreale, 3 ottobre - Milano, 25 ottobre). A raccontarci le tante storie del Giro d'Italia 2020 è Gino Cervi, scrittore e giornalista, nonché cultore di storia del ciclismo, curatore di guide turistiche Tci e autore di volumi di storia dello sport (tra cui il recente "Il Giro dei Giri"). Seguiteci lungo le strade del nostro Bel Paese! A questa pagina trovate tutte le puntate.
 

Ieri mattina partenza dalla piazza del Duomo di Alba. Hanno transennato tutto, anche lo slargo antistante la casa di Beppe Fenoglio, di fianco della cattedrale. È riservata a un’area di hospitality, uno di quei giri di parole ambigui per non definire che se vuoi stare lì devi aver pagato prima oppure essere invitato in virtù di qualche privilegio. Insomma, una di quelle cose che snaturano e tradiscono il ciclismo facendolo somigliare agli altri sport, che per vederli, o vederli da vicino, si deve prima pagare. Sono sicuro che Fenoglio non avrebbe approvato e avrebbe scrollato la testa. Conosceva bene la passione popolare per le corse in bicicletta se in un passo de I ventitré giorni della città di Alba scrive queste righe:
 
«Fu la più selvaggia parata della storia moderna: solamente di divise ce n’era per cento carnevali. Fece un’impressione senza pari quel partigiano semplice che passò rivestito dell’uniforme di gala di colonnello d’artiglieria cogli alamari neri e le bande gialle e intorno alla vita il cinturone rossonero dei pompieri col grosso gancio. Sfilarono i badogliani con sulle spalle il fazzoletto azzurro e i garibaldini col fazzoletto rosso e tutti, o quasi, portavano ricamato sul fazzoletto il nome di battaglia. La gente li leggeva come si leggono i numeri sulla schiena dei corridori ciclisti»


Il Giro d'Italia, tappa 20, la partenza ad Alba - foto LaPresse​


Il Giro d'Italia, tappa 20 - foto LaPresse​

Il disegno della penultima frazione, il tappone alpino che avrebbe dovuto sconfinare in Francia dal colle dell’Agnello per poi affrontare la mitica ascesa al col d’Izoard, da metà settimana aveva subito un drastico ridimensionamento: le previsioni meteo e i divieti delle amministrazioni locali transalpine causa Covid, hanno obbligato l’organizzazione a ripensare la tappa tutta intorno al Sestriere, non semplicemente traguardo, ma fulcro di tutta la fase finale di corsa. Dopo esservi transitati una prima volta dal versante di Pinerolo, i corridori hanno inanellato per due volte la salita del colle, questa volta dall’opposto versante. 
 
Risalendo la val Chisone, prima di arrivare al Sestriere, si attraversa Pragelato: sulla strada si vendono miele e patate, coltivate in quota che assicurano essere le migliori. A Pragelato si tiene ad agosto la Festa della Ghironda. Ma quest’anno la pandemia purtroppo ha zittito anche il suono della ghironde, gli strumenti di antica origine medievale che sono un po’ il simbolo della musica occitana. La ghironda, tecnicamente, è uno strumento a corde strofinate; ma invece di essere strofinate da un archetto, come nel caso negli strumenti ad archi, le corde sono sfregate da un disco di legno azionato da una manovella. Funzionamento e tecnica sono abbastanza complessi: il movimento della manovella produce il bordone, ovvero il suono continuo dello strumento; una tastiera comanda invece la melodia toccando i cantini, le corde poste al centro; infine c’è la corda della trompette, che è quella che, sollecitata ritmicamente, produce il caratteristico suono. 

La ghironda è uno strumento bellissimo: ha la forma di una piccola nave panciuta. Infatti, grazie alla ghironda, i suonatori di queste valli viaggiavano per trovare lavoro e fortuna. La ghironda infatti è stata, fino alla metà del secolo scorso, il principale strumento dei musici vagabondi. Talvolta a suonarla erano mendicanti ciechi e infatti un altro nome dello strumento è “viola da orbi”.  Nel medioevo giullari e menestrelli accompagnavano col suono della ghironda la narrazione delle chansons de geste, che raccontavano delle imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini. A ben vedere il ciclismo è lo sport che, da sempre, si avvicina di più all’epopea popolare dell’epica medievale, storie che si tramandano per racconto orale da generazioni e generazioni. 


La ghironda - foto Getty Images

Il finale della tappa di oggi ha tenuto fede a questa similitudine. Come molti avevano previsto, sulle rampe del Sestriere si è consumato un appassionante duello tra due giovani pretendenti alla vittoria finale. Da un lato Jai Hindley, australiano, venticinque anni, secondo in classifica alle spalle, per soli 12’, del compagno di squadra Wilco Keldermann, la maglia rosa; dall’altro, Tao Geoghegan Hart, inglese, venticinque anni, terzo in classifica e staccato di soli 3 secondi. 

Le ghironde di Pragelato, per l’occasione ribattezzate “gironde”, avrebbero potuto accompagnare con le loro note l’epica contesa. Come nei più classici e popolari dei plot fabulatori, c’era un deuteragonista che svolgeva, nel paradigma delle funzioni narratologiche proppiane, il ruolo di aiutante: Rohan Dennis, anche lui australiano, come già aveva fatto per un lungo tratto finale della tappa dello Stelvio e di Cancano, ha scortato e fiancheggiato il compagno di squadra Tao, scrollando di dosso dai due battistrada la presenza della maglia rosa Wilco Keldermann, imponendo il proprio ritmo e impedendo a Hindley di cambiare passo e scattare a suo piacimento. Una volta esaurita la sua funzione, Dennis ha lasciato campo libero al testa a testa tra Tao e Jai. 




Il Giro d'Italia, tappa 20 - foto LaPresse​

Ai tentativi di accelerazione dell’australiano, preoccupato a incrementare l’esiguo vantaggio sull’avversario, più forte, almeno sulla carta, nella cronometro finale di Milano, il britannico ha risposto con successo. Ed è così che i duellanti si sono presentati appaiati fino a pochi metri dal traguardo di Sestriere, in un luminoso pomeriggio di fine ottobre, la grande conca aperta del passo ad abbracciarli con i caldi colori dell’autunno. Con un minimo scarto Geoghegan Hart ha vinto su Hindley e con un minimo scarto, meno di un secondo – il più breve distacco mai registrato alla vigilia di una tappa finale del Giro tra i primi due concorrenti – Hindley ha indossato la maglia rosa. Nella “bolla tecnica” di questo Giro d’Italia 2020 Jai e Tao hanno corso da campioni. Il futuro dirà quale davvero sia la loro caratura in altri, forse più probanti, confronti. Ma il valore e il coraggio che in queste ultime tappe hanno mostrato è stata una delle cose più belle che resterà di questo Giro.
 


Il Giro d'Italia, tappa 20 - L'arrivo di Tao Geoghegan Hart e Jai Hindley a Sestriere - foto LaPresse​

La corsa verrà decisa dalla cronometro di oggi, i 15,7 km da Cernusco sul Naviglio in piazza del Duomo. Nel finale più incerto della storia del Giro, dopo aver percorso più di 3480 km, Jai & Tao sono ancora appaiati come alla partenza di Palermo e oggi se la giocheranno all’ultimo respiro in una specie di “cronofinish”. Se avrà la meglio Hindley diventerà il vincitore di un Giro nato a maggior distanza da Milano: Perth, nell’Australia sud-occidentale, dista in linea d’aria da piazza del Duomo, presa a baricentro della storia della Corsa rosa, a oltre 13.550 km, molti di più di dei 10.600 km che separano Milano da El Carmelo, sobborgo di Tulcan, Ecuador, paese natale di Richard Carapaz che, a oggi, è il nome più esotico dell’albo d’oro. E, di conseguenza, sarà anche di gran lunga il vincitore rosa nato alla latitudine più a sud, dopo Chris Froome, britannico di nazionalità ma nato a Nairobi, in Kenya: 31°57’08 di Perth contro 1°17’11 S di Nairobi. Sempre se dovesse vincere l’australiano, succederebbe quello che accade ormai da quattro edizioni di fila: il primo in classifica sarebbe anche il primo della sua nazione a vincere il Giro. Nel 2017 è accaduto all’olandese Dumoulin, nel 2018 al britannico Froome e l’anno scorso, come abbiamo detto prima, all’ecuadoriano Carapaz. Hindley sarebbe il primo australiano a salire sul gradino più alto del podio rosa.

Se la vittoria arridesse a Tao Geoghegan Hart sarebbe il primo vincitore con un doppio cognome. O, perlomeno, sarebbe il secondo se non avessero convinto Franco Balmamion, vincitore di due edizione del Giro, nel 1962 e nel 1963, ancora quando era un ciclista di belle speranze, a cambiare il cognome Balma Mion in una sola parola. Una leggenda dice che fu la madre, che non voleva che corresse in bicicletta, a strappargli il tesserino e lui a reincollarselo in modo che Balmamion fosse una sola parola, meno complicata, così gli avevano detto “gli esperti”, da mandare a memoria se voleva diventare famoso. In effetti anche Geoghegan Hart si piazzerebbe bene nella classifica dei “nomi e cognomi lunghi” dell’albo d’oro del Giro: con le sue 16 lettere andrebbe sul podio, alle spalle di Costante Girardengo (18 lettere) e Giovanni Battaglin (17), a pari merito con Vasco Bergamaschi. Non ci sarebbe partita invece a considerare la brevità del solo nome: Tao affiancherebbe Tom Dumoulin nella lizza dei campioni dal nome monosillabo.

Non ci resta che aspettare oggi pomeriggio. A meno di clamorosi colpi di scena dalla sfida all’ultimo secondo tra Jai e Tao uscirà il vincitore.        

Il Giro d'Italia, tappa 20 - Jai Hindley in Maglia Rosa - foto LaPresse​

 

Il "Giro del Touring" è realizzato in collaborazione con Hertz, partner storico dell'associazione, che ha messo a disposizione di Gino Cervi una vettura per seguire le tappe della Corsa Rosa. 
 
Si ringraziano per il sostegno al progetto anche AcdB Museo-Alessandria Città delle Biciclette e Terre di Ger.

In occasione del Giro d'Italia, per tutto il mese di ottobre il volume Touring "Il Giro dei Giri" è scontato del 40% per i soci Touring