La Ville du quart d’heure (“città del quarto d’ora”) è un progetto che avrebbe potuto fare la fine di tanti altri: lanciato da un sindaco (Anne Hidalgo) a caccia di consenso per la rielezione (a Parigi) e destinato a finire nei manuali di urbanistica, come altre iniziative mirate alla qualità della vita. Gli esempi non mancano, dai superblocks di Barcellona allo sviluppo Every One Every Day per ricostruire la coesione sociale nell’Est di Londra. Senza trascurare i 20 minute neighborhoods creati a Portland, negli Stati Uniti.
 
Poi è arrivata la pandemia. E i 40 minuti di metropolitana regionale per raggiungere il lavoro nel megadistretto di uffici, la mezz’ora di bus per arrivare in palestra al centro sportivo oppure i 20 minuti di auto per la spesa all’ipermercato si sono trasformati in un problema di rischio contagio, oltre che di coesione sociale. Così si sono di nuovo accesi i fari su la Ville du quart d’heure teorizzata per Parigi da un docente della Sorbona, Carlos Moreno, partendo da questa considerazione: «Viviamo in città frammentate, dove spesso lavoriamo lontano da dove viviamo, dove non conosciamo i nostri vicini, dove siamo soli, dove soffriamo».

Racchiusa in un diagramma circolare che ricorda l’Uomo vitruviano di Leonardo, la “città del quarto d’ora” secondo la visione proposta è una metropoli nel cui quartiere puoi trovare tutto ciò di cui hai bisogno in 15 minuti da casa. Uno strumento per la trasformazione ecologica della città, migliorando al contempo la vita quotidiana degli abitanti e, si può aggiungere, evitando quella ressa sui sistemi di trasporto pubblico che va assolutamente evitata in tempo di epidemie.


Il diagramma de "la Ville du quart d’heure"
Dall'alto, in senso orario: imparare, lavorare, condividere e riutilizzare, fare la spesa, prendere aria, acculturarsi e impegnarsi, farsi curare, circolare, fare sport, mangiare bene.

È una rivoluzione urbana, la Ville du quart d’heure, che si basa sull’innovazione tecnologica: come ci dimostrano i giorni in quarantena, per molti il lavoro da remoto, magari da uffici in coworking di quartiere, non è un’utopia. Come non lo è curarsi ad alto livello a poca distanza da casa: basta che l’ambulatorio sia inserito in una rete di telemedicina di qualità. E non lo è praticare sport amatoriale, né acquistare alimentari di qualità: senza imporre il chilometro zero per legge, il commercio di prossimità è una realtà consolidata.


La rinascita di una strada secondo la teoria de "la Ville du quart d’heure"

Come ovvio, il progetto non intende stendere reticolati e trasformare i quartieri in cittadelle fortificate neomedievali. Ma il ripensare gli spazi comuni di un settore della città, riqualificando strade, piazze e incroci secondo lo spirito della Ville du quart d’heure può cambiare in meglio la qualità della vita, come dimostrano un paio di tavole esplicative proposte dallo staff della candidata sindaca e che mostrano come un incrocio sghembo, una strada a traffico calmierato, un complesso scolastico, possano trasformarsi nel motore per la riscoperta di spazi oggi sottoutilizzati e per l’insediamento di nuovi servizi collettivi. A beneficio di tutti.


Il recupero dell'area di un incrocio secondo il modello de "la Ville du quart d’heure"