A voler essere gentili la scena ha del kafkiano. Roma, metà giugno. Un volenteroso burocrate d’ambasciata di un paese ex sovietico che finisce in -stan, abbigliato con un discutibile vestito color carta da zucchero, sotto baffi da capitano dell’esercito maneggia con ritrosia i documenti dell’incauto viaggiatore che chiede il visto d’ingresso per visitare il suo glorioso Paese.

Da dietro la scrivania in penombra l’uomo guarda con attenzione le carte, intasca gli ottanta euro di obolo per la pratica e con tono imperioso pone le domande di rito:

"Cosa vai a fare?" "Turismo".

"Che mestiere fai?" "Ricercatore".

"Cosa ricerchi?".

Poi aggiunge. “Manca la foto”.

“Eccola”.

“Non va bene”.

“Perché?”

“Ne serve solo una. Queste sono quattro. Le dovete ritagliare a casa. Ritorni”.

“Ma non può prestarmi delle forbici?”

“No, lo doveva fare a casa. Arrivederci”.

Noi italiani siamo fortunati. Un siparietto di questo genere per chiedere un visto di ingresso in uno Stato straniero ci può capitare solo 62 volte. Sono infatti ben 171 (su 223 tra nazioni e territori con qualche forma di autonomia) i Paesi per cui un turista italiano non deve richiedere il visto prima di partire. Il che ci pone in testa alla classifica mondiale dei cittadini che hanno maggior libertà di movimento. Lo certifica l’annuale indice compilato da Henley & partners, uno studio legale londinese tra i più importanti al mondo per le questioni di cittidinanza. In testa i Paesi scandinavi che possono entrare liberamente (ovvero senza bisogno di alcun visto, oppure ottenendolo all’arrivo) in 173 paesi o territori. Subito dietro la Germania (172) e poi l’Italia in compagnia di una manciata di altre nazioni europee. In fondo alla classifica l’Afghanistan, i cui cittadini possono muoversi liberamente in sole 24 nazioni. Poco meglio va ai possessori di un passaporto iracheno o somalo, accettati senza problemi in 27 nazioni. Tra i grandi Paesi gli Stati Uniti si fermano a 161, mentre Cina e India non vanno oltre i 40.

Nel mondo globalizzato una classifica di questo genere riveste una certa importanza: è l’espessione tangibile delle relazione diplomatiche tra i Paesi e, in genere, riflette lo status e la considerazione di un Paese nella comunità internazionale. Ma, avverte lo studio Henley, non bisogna fidarsi troppo di queste statistiche: l’ultima parola spetta sempre al funzionario di turno alla dogana. E potrebbe sempre capitarvi un parente di quello che abbiamo trovato a Roma.

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Info: Per sapere se il Paese che avete intenzione di visitare necessita o meno del visto (e anche di vaccinazioni e altre pratiche) basta andare sull'apposito sito della Iata. Oppure consultare la pagina di wikipedia, qui, o i dati ufficiali del sito del Ministero degli Affari Esteri.