“Chi ha avuto molto, deve dare molto”, amava ripetere questa frase, per motivare chi la affiancava a non ritrarsi davanti alle responsabilità. Giulia Maria Crespi è morta ieri all'età di 97 anni, e quell’incitamento assume ancora più significato, perché prende le forme di una eredità da non sprecare.
Figlia della grande borghesia lombarda, unica erede della storica famiglia di cotonieri, educata alla cultura mitteleuropea e all’etica del lavoro, la Crespi tanto aveva ricevuto, tanto ha dato alla società italiana, lasciando un segno indelebile nella storia dell’ultimo secolo. 
"Una creatività inesauribile, una riluttanza per i compromessi, una passione per il dialogo, una singolare unità di ideali e concretezza, una noncuranza per le difficoltà e una mai incrinata perseveranza": così la ricorda il Fondo per l’Ambiente Italiano, fondato nel 1975 insieme ad Alberto Predieri e Franco Russoli per la valorizzazione e la restituzione al pubblico del Patrimonio storico artistico e culturale Italiano.   
Al neonato Fai Crespi donò il Monastero romano-longobardo di Torba (VA), il primo dei “beni” tutelati dal Fondo, perseguendo la valorizzazione del patrimonio italiano. Ne seguiranno molti altri (oggi se ne contano 61), in tutta la Penisola, a testimonianza di un’alleanza tra pubblico e privato mai come oggi indispensabile.
Il Fai fu l’inizio di una seconda vita, dopo che negli anni '60 aveva aperto le colonne del Corriere della Sera alle voci più progressiste della cultura italiana, Pier Paolo Pasolini, Goffredo Parise e Antonio Cederna.
Il Touring Club Italiano, che da 125 anni si prende cura e promuove l'Italia perché sia più conosciuta, attrattiva, competitiva e accogliente, ricorda Giulia Maria Crespi e ne omaggia la inesauribile tensione al lavoro, al progresso civile e alla tutela del bene comune.