Quasi tutti sappiamo cos’è un impianto per l’energia eolica, enormi mulini svettanti negli imbuti delle valli, o sulle creste più esposte di colline e montagne per raccogliere quanta più energia possibile dal vento. Ma ancora in pochi riescono a farsi un’idea di cos’è un sistema eolico offshore.
Rispetto a quello che conosciamo, basta aggiungere che le turbine sono poste nel mare, a pelo d’acqua e ben al largo dalle coste. La poca coscienza di questo sistema è dovuta forse al fatto che in Italia ad oggi esistono solo un parco eolico al largo della costa di Taranto - conta dieci turbine che generano 3 Megawatt ciascuna – e un ambizioso progetto danese tra Marsala e le Eolie. Questo nonostante che nel resto d’Europa l’eolico offshore sia un sistema attivo da molto tempo. Forse però i tempi sono maturi perché anche l’Italia sfrutti questo enorme potenziale energetico.
Una spallata arriva decisa dai i principali intermediari del comparto eolico, ovvero l’Associazione nazionale energia del vento. A conclusione del convegno Offshore Wind, lo scorso 6 novembre la Anev ha infatti prodotto il primo “Manifesto per lo sviluppo dell’eolico offshore in Italia, nel rispetto della tutela ambientale e paesaggistica”, che subito ha raccolto il consenso di Legambiente, Greenpeace e Kyoto Club.
IL MANIFESTO, UNA SVOLTA GREEN
L’entusiamo è palpabile nelle parole del presidente dell’Anev Simone Togni, che ha spiegato come il manifesto rappresenti una “svolta epocale per il settore eolico” soprattutto perché “sostenuto dalle principali associazioni ambientaliste”, sottolineando come “si voglia sfruttare anche in Italia i benefici connessi, seguendo i protocolli e le regole di tutela e salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, offrendo energia pulita e posti di lavoro".
Vale la pena sottolineare come la convenienza energetica e le prospettive occupazionali non erano messe in dubbio dai detrattori dell’eolico offshore. Le critiche, oltre che dalla concorrenza in materia di energia, arrivavano dalla comunità ambientalista, preoccupata per l’impatto sull’ecosistema marino. Su questo punto i redattori del manifesto si sono soffermati, sciogliendo anche le ultime riserve di associazioni decisamente poco inclini alla sottovalutazione dei rischi ambientali.
“Le attenzioni progettuali – si legge nel documento - dovranno includere la minimizzazione delle modifiche dell’habitat (...), il ripristino degli ambienti alterati nel corso dei lavori di costruzione e la restituzione alla destinazione originaria delle aree di cantiere, nonché la possibilità di individuare all’interno dei parchi aree di ripopolamento di flora e fauna”. In particolare, ci si riferisce alla salvaguardia delle “praterie di Posidonia oceanica, nonché alle aree corridoio per l’avifauna migratoria interessate da flussi costanti nei periodi primaverili e autunnali, alle Aree Marine Protette ed alle aree archeologiche”.

UNO STRUMENTO IN PIU' PER IL FABBISOGNO ENERGETICO
Cadranno i paletti che hanno frenato l’eolico offshore? Come ha spiegato bene a Lifegate.it il presidente di Enav  Simone Togni: “Siamo in un’epoca storica in cui c’è uno scollamento tra le intenzioni della politica e l’assoluta mancanza di strumenti per raggiungerle, basti pensare che secondo gli obiettivi del Pniec (Piano energia e clima) l’eolico offshore dovrebbe arrivare ai 300 MW entro il 2025 per triplicare nel 2030. Mentre in Italia abbiamo a oggi raggiunto i 10 GW di potenza installata, che potrebbe essere più che raddoppiata entro il 2030”.

Secondo l’Enav sfruttando l’eolico esistente e puntando anche sull’offshore si potrebbe arrivare infatti ai 25 GW di potenza installata, contribuendo in questo modo a decarbonizzare il settore energetico e riducendo ulteriormente le emissioni di C02 del nostro paese.

PER SAPERNE DI PIU'
- Scarica la versione integrale del manifesto per lo sviluppo dell'eolico offshore in Italia.
- Approfondisci il tema dell'eolico offshore, vai al sito di Anev