Ci sono Paesi che nell’immaginario collettivo rimangono ancorati a un'immagine, un episodio, un momento della loro storia. L’Albania, per molti italiani della mia generazione, è rimasta quella degli sbarchi del 1991, in particolare quello della Vlora, la nave che arrivò a Bari straripante di gente, migliaia di persone ritratte in una celebre foto assiepate sul molo, sulla nave, in acqua, ovunque disperazione composta e voglia di cambiare vita. Poi, a meno che si abbia avuto il coraggio di attraversare personalmente il canale d’Otranto, e di toccare con mano la realtà dei nostri vicini di casa, l’Albania è restata lì, un concetto un po’ sbiadito nella testa, per alcuni ancora legato a pensieri come “se ci vai in vacanza sei un po’ strano eh”. «A volte gli italiani arrivano qui pensando che mordiamo» mi ha detto più di un albanese. Eppure ne è passata di acqua sotto i ponti. 
Il momento di aggiornare il mio immaginario è arrivato grazie a un progetto bello e – grazie alle persone che ci lavorano – straripante di entusiasmo: sono stato invitato in Albania per sperimentare un percorso di ecoturismo realizzato da un tour operator locale, Albanian Trip, nell’ambito di un progetto finanziato dall’Unione Europea, DestiMED Plus. Ecoturismo in Albania con una compagnia locale: parole che insieme già suonavano parecchio sorprendenti, prima della partenza. Per dirla con le parole di un amico biologo, tanto per rimanere sugli stereotipi: “Ma davvero? Vai a fare ecoturismo in Albania? Mi sembra davvero pionieristico. Sarà una cosa seria?”. A certificare la serietà, appena arrivati a Tirana, ci pensa subito Arnau Teixidor, un manager catalano che lavora per l’IUCN, partner del progetto, dandomi tutti i dettagli: «DestiMED Plus è un progetto di turismo sostenibile finanziato dal programma Interreg Med dell'UE. Utilizziamo un modello progettato da una rete di aree protette del Mediterraneo, chiamata MEET, per supportare nove di queste aree e sviluppare esperienze di ecoturismo di alta qualità a beneficio della conservazione e delle comunità locali. Il progetto mira anche a migliorare i livelli di integrazione tra il turismo regionale e le politiche di conservazione nelle aree protette del Mediterraneo». Arnau mi dice anche che, grazie alla partnership con Global Footprint Network, hanno sviluppato un indice per calcolare (e migliorare) l’impronta ecologica di ogni pacchetto turistico. Partire dalle aree protette, dunque, per sviluppare un turismo sostenibile, responsabile, attento alle esigenze delle comunità locale: come non essere d’accordo?

Johnny, un pellicano riccio semidomestico nel centro visite del parco nazionale Divjakë-Karavasta, Albania - foto Stefano Brambilla​

UN PICNIC SULLA TORRE

Impaziente di vedere come tutto questo si traduce in realtà, parto dalla capitale insieme a un piccolo gruppo di tour operator e di media da tutta Europa. La prima tappa è anche la prima area protetta albanese coinvolta nel progetto: il parco nazionale di Divjakë-Karavasta, sulla costa adriatica e a meno di due ore d’auto da Tirana. Elton Caushi, il fondatore di Albanian Trip che organizza il viaggio e ci accompagna, ce la descrive come una perla nascosta. Già l’impatto è decisamente sorprendente: perché il centro visite sembra quello di un parco americano, tutto in legno, circondato da giardini curati, dominato da un’altissima, moderna torre panoramica. Dall’alto, il panorama spazia su una serie di lagune: alcune si frappongono tra la torre e il mare, un’altra, molto più grande, si perde all’orizzonte verso le montagne. In cielo volano aironi, gabbiani e qualche grande pellicano riccio, una sagoma che sembra quasi quella di un aliante, visto che la sua apertura alare supera i 2,5 metri. Sarebbe già bellissimo così, ma Elton si è inventato un piccolo “coup de théâtre” per i turisti che porta fin qui: perché, in cima alla torre, stende un tappeto colorato e vi adagia sopra un profumatissimo lakror, una sorta di sfoglia calda ripiena di erbe selvatiche. «Sono andato a prenderlo qui vicino, da una signora che lo fa come una volta» spiega in un perfetto italiano. «E da bere, devi provare il dhalle!». Il latte fermentato con aggiunta di sale è un’altra tipicità albanese, anche se un poco meno facile per il nostro palato. Il picnic in cima alla torre avviene con posate di metallo e borracce riempite da un tanica d’acqua: la sostenibilità passa anche da qui.


Il centro visite del parco nazionale Divjakë-Karavasta, Albania - foto Stefano Brambilla​


Picnic sulla torre d'osservazione, centro visite del parco nazionale Divjakë-Karavasta, Albania - foto Stefano Brambilla​


Picnic sulla torre d'osservazione, centro visite del parco nazionale Divjakë-Karavasta, Albania - foto Stefano Brambilla​
 

Nel parco - creato nel 1966 e poi ampliato nel 2007 - Elton ha organizzato gite in bicicletta tra le pinete e la macchia mediterranea; passeggiate sulla spiaggia e altre per ammirare piccole chiesette ricoperte da affreschi; e poi, escursioni in barca per osservare da lontano, in mezzo alla laguna più grande, la colonia di pellicani ricci, l’unica in Albania e un sito importante per la salvaguardia della specie, a rischio estinzione in tutto il suo areale. È un luogo bellissimo, profondamente mediterraneo. Non vediamo turisti stranieri in giro, forse perché è primavera, ma scommettiamo che nemmeno ad agosto ne arrivino tanti. Ad accompagnarci nell’esplorazione è il direttore Ardian Koçi, che racconta con un sentimento misto tra passione e disincanto il suo lavoro e le difficoltà di gestire un’area naturale in Albania: «Ho una squadra che lavora tanto e bene, ma gli stipendi sono davvero esigui ed è difficile arrivare a fine mese... La normativa proibisce anche di finanziarci con souvenir o biglietti di ingresso... meno male che, almeno, possiamo contare sull’aiuto della cooperazione internazionale». La conversazione si svolge in italiano, ancora: imparo presto che tutti o quasi parlano italiano, in Albania. «Io facevo il commerciante a Bassano del Grappa, ci sono stato per 20 anni» confida Ardian. «A un certo punto mi hanno proposto di diventare direttore di questo parco: avevo già in mente di tornare in Albania per fare qualcosa per il mio Paese, mi è sembrata l’occasione giusta”. Arriva la figlia di Ardian, 9 anni: lei non parla italiano, ma inglese, un inglese quasi perfetto, certamente migliore del mio. L’hai imparato a scuola? «No, su Youtube, musica e cartoni». Generazioni a confronto.


In bicicletta nel parco nazionale Divjakë-Karavasta, Albania - foto Stefano Brambilla
 


La chiesetta Kisha e Shën Athanasit a Karavasta, Albania - foto Stefano Brambilla​


Fenicotteri nella laguna di Karavasta, parco nazionale Divjakë-Karavasta, Albania - foto Stefano Brambilla​

IL CHILOMETRO PIÙ CHE ZERO

A poco a poco, capisco quanto il concetto di “turismo sostenibile” di Elton e di DestiMED Plus passi attraverso le persone. Non solo nel senso di apportare beneficio alla comunità, contribuendo economicamente con il proprio passaggio; ma proprio nel senso di passare del tempo, insieme a quelle persone, conversando, condividendo momenti, entrando per un attimo nelle loro vite. Il secondo giorno entriamo nella casa di Tiku, un artista che abita nel piccolo villaggio di Babunje. Artista è una qualifica riduttiva, in realtà: Tiku – al secolo Adriatik Rrasa – è una di quelle menti eclettiche che sa lavorare qualsiasi materiale, dal ferro alla creta, dalla canapa alla pietra. Il suo giardino è un’incredibile, caotica manifestazione della sua poliedricità: ovunque ci sono sculture, vasi, attrezzi, oggetti di uso indecifrabile, monumentali capitelli. Tiku dà dimostrazioni pratiche su tutto, ci mette alla prova con i suoi strumenti, non smette mai di parlare, poi ci invita a pranzo insieme alla famiglia: una grande tavolata dove moglie e figli portano senza sosta piatti della tradizione contadina e poi intonano un canto polifonico da seguire tutti insieme, e poi si passa alla lettura dei fondi di caffè, e tutto è così genuino e divertente che sembra di essere stati catapultati in un’altra dimensione, dove non ci sono barriere tra uomini e culture. Il figlio di Tiku si chiama Euro: un nome che è una speranza, per l’Albania intera. Siamo a pochi chilometri dall’Italia, eppure per certi versi così lontani. 

L'artista Tiku (Adriatik) Rrasa nella sua casa di Babunje, Albania - foto Stefano Brambilla


La moglie di Tiku mostra un tappeto fatto a mano - foto Stefano Brambilla
 

La sera, arriviamo in un piccolo paese che ha un nome emblematico, lo stesso di Tiku: Adriatik. Ci troviamo nella parte meridionale del parco, “una zona depressa” secondo le parole del direttore «dove ancora non esistono infrastrutture turistiche, a differenza della costa vicino a Divjakë». Poco lontano dalle ultime case scalcagnate, prati allagati, canneti a perdita d’occhio e, isolata, una grande torre d’avvistamento che campeggia davanti a un ampio canale. La vista dall’alto è ancora una volta spettacolare; passerei ore a osservare l’orizzonte, mentre gli stormi di uccelli solcano il cielo vermiglio del tramonto. «È il mio sogno» sussurra Kujtim Hoti. «Io sono imprigionato qui. Non riesco a fare a meno della bellezza di questo posto». La storia di Kujtim è un’altra storia di passione: quella di un uomo per un luogo ancora vergine, ottenuto in concessione dallo Stato 15 anni fa («il mio compito è tenere pulito il canale»”) e poi diventato sede di una piccola attività commerciale, grazie anche al sostegno del direttore. «Ardian mi ha detto che volevano costruire una torre di osservazione. Ho chiesto di farla io, mettendoci io i soldi, a patto che potessi aprire un ristorante al piano terra e realizzare due camere ai piani intermedi della torre. Qui non do fastidio a nessuno, ma tanti mi hanno osteggiato, a iniziare dal sindaco del paese, e non avrei mai potuto fare nulla se non fosse stato per Ardian. Alla fine, nel 2020, è nato Skela e Pirgut, cioè “il porto di Pirgut”, dal nome di un’antica città che esisteva qui un tempo». Kujtim offre solo pesce fresco, a chilometro più che zero, cucinato da tre donne del luogo: non credo di aver mai fatto una cena di mare così delicata ed eccellente, negli ultimi anni. In prospettiva, un altro sogno: realizzare qualche camera in più, vicino alla torre. «Tutto con materiali naturali e nel massimo rispetto della natura, che è la priorità. Sempre che non mi mettano i bastoni tra le ruote. E che i giovani non continuino ad abbandonare l’Albania, attratti dall'estero, altrimenti qui rimarranno solo vecchi».  


La torre/hotel/ristorante Skela i Pirgut, parco nazionale Divjakë-Karavasta, Albania - foto Stefano Brambilla

La torre/hotel/ristorante Skela i Pirgut, parco nazionale Divjakë-Karavasta, Albania - foto Stefano Brambilla

NATURA VERGINE

Indovinate dove Kujtim ha imparato ad apprezzare il pesce? In Italia, a Forte dei Marmi, dove ha gestito un ristorante per sei anni negli anni Novanta. Sembra che chiunque, qui, abbia un rapporto con l’Italia. Quando dici che sei italiano o ti sorridono o ti offrono un bicchiere di raki. Parlano italiano, conoscono tutto dell’Italia. Ed è sempre impressionante pensare quanto non succeda il contrario. L’Italia peraltro si vede, là in fondo. La seconda area coinvolta nel progetto DESTIMed Plus è il parco nazionale marino Karaburun-Sazan, a un’ora da Karavasta lungo la costa e poco a sud di Valona (in albanese Vlora): tutela il punto dell’Albania più vicino alla Puglia, un grande, scosceso promontorio roccioso che da sempre ha rivestito un’importanza strategica per chiunque sia passato da queste parti – tedeschi, italiani, greci, albanesi. «Grazie alla sua collocazione a guardia dello stretto d’Otranto il capo è stato a lungo zona militare» spiega la giovane direttrice del parco. «Ed è per questo che è rimasto pressoché vergine: forse il luogo più vergine d’Albania, laboratorio ideale per lo sviluppo sostenibile. Speriamo di saperlo conservare, di riuscire a prevenire il turismo di massa». Costeggiamo il capo in barca: le acque sono limpidissime, il paesaggio aspro e desolato, con arbusti irti che scendono fino al mare e l’isola di Sazan che ci guarda poco lontano. Ci sono bunker ovunque, rimessaggi, grotte sprangate, cupolette di cemento armato che spuntano da dietro le rocce. «E non puoi immaginare quanti relitti ci siano sotto di noi» spiega il capitano. «Ne sono stati contati una trentina, alcuni dei quali ancora senza nome. Di molti sappiamo bene la storia, però: come quella della Regina Margherita, la nave da battaglia italiana affondata la notte tra l’11 e il 12 dicembre 1916 dopo aver colpito due mine. Fu un disastro enorme: morirono 675 persone». Il capitano rallenta. La foca monaca avvistata più volte nel parco non si fa vedere, ma lo spettacolo della grotta di Haxhi Ali, che si apre nel calcare all’improvviso, ripaga da ogni attesa: un antro da racconto omerico, alto una ventina di metri, centinaia di rondoni che sfrecciano sopra le teste, l’acqua così trasparente da potercisi specchiare.

La costa del parco nazionale marino Karaburun-Sazan, Albania - foto Stefano Brambilla


Il centro visite e lo staff del parco nazionale marino Karaburun-Sazan, Albania - foto Stefano Brambilla


La grotta di Haxhi Ali nel parco nazionale marino Karaburun-Sazan, Albania - foto Stefano Brambilla
 

Anche Sofo parla italiano. Anche lui racconta di una barca, quella che l’ha portato in Calabria, nel 1991, e poi della fatica a prendere la residenza, dell’impossibilità di ottenere il permesso di soggiorno, del mesto ritorno in patria. Lo racconta con l’occhio azzurro che luccica, la fatica della giornata che si fa sentire. Sofo fa il pastore a Tragjas, sulle montagne dirimpetto al capo di Karaburun. Siamo arrivati a casa sua a piedi, inoltrandoci tra querce e ginestre, e abbiamo assistito al ritorno dai pascoli di centinaia di capre scampanellanti, alla loro mungitura, alla preparazione della cena con il burek cotto sul forno e la ricotta appena fatta dalle mani di Dhurata, la moglie. A casa di Sofo sembriamo bambini che riscoprono le cose più basilari: come si fa il formaggio, come si cuoce il pane, che profumo hanno le erbe di campo appena colte. È un’altra esperienza che senza Elton, la sua rete di contatti e il suo concetto di “turismo sostenibile” non avremmo mai potuto inventarci. Un’esperienza che permette di toccare cosa significa essere albanesi, nella fatica e nell’orgoglio: la vita da pastori è massacrante, due figli su tre sono altrove, ma Dhurata e Sofo stanno per aprire due camere per accogliere i turisti. Sognano, come tutti. Sognano qualcosa di diverso, di migliore. Magari grazie anche all’aiuto di Elton e a progetti come DestiMED Plus.

Il flauto doppio di Sofo intona una melodia malinconica, nel buio della sera. Gli sciacalli ululano, solo le lucciole rischiarano l’aia. Lontano, qualche fuoco d’artificio. Le luci della costa. Le stesse che l’Albania, nonostante tutto, vede là in fondo.


Dhurata prepara la cena, Tragjas, Albania - foto Stefano Brambilla​


La penisola di Karaburun dalla casa di Sofo e Dhurata, Tragjas, Albania - foto Stefano Brambilla​


Sofo prepara il pane, Tragjas, Albania - foto Stefano Brambilla​

INFORMAZIONI
- Per saperne di più sul progetto DestiMED Plus: sito web.
- Per saperne di più sulle aree protette del network MEET: sito web; Facebook; Instagram
- Il tour e le singole esperienze di ecoturismo descritte nell'articolo possono essere prenotate con il tour operator Albanian Trip: sito web; Facebook; Instagram. Elton Caushi è la persona ideale per rispondere a ogni richiesta su un viaggio in Albania e può organizzare tour di qualsiasi durata e su qualsiasi tema (come storia, natura, gastronomia, cultura generale). 
- Qualche indirizzo utile per un viaggio nelle aree descritte (anche se consigliamo vivamente di contattare Albanian Trip per organizzare le attività e incontrare le persone). Il centro visite del parco nazionale di Divjakë-Karavasta si trova poco oltre il paese di Divjakë: seguire le indicazioni per la costa (su Google Maps la torre è marcata "Kulla 360°"); qui si possono organizzare gite in barca o in bici con i ranger del parco. Disponibile anche una mappa dei sentieri. Proseguendo lungo la strada, si trovano diversi ristoranti di pesce e qualche hotel, da cui si accede facilmente alle lagune costiere e alla spiaggia; consigliati il Divjaka Resort (più grande e datato) e il Pelikan (più piccolo e moderno). Nella parte sud del parco, accessibile soltanto circumnavigando la laguna a est, da non perdere la chiesetta Kisha e Shën Athanasit a Karavasta e la torre/ristorante/hotel Skela i Pirgut ad Adriatik. Il piccolo centro visite del parco nazionale di Karaburun-Sazan è lungo la strada costiera, appena a sud dell'hotel Picasso (consigliato), di fianco al ristorante della cooperativa di pescatori Qendra e Peshkimit. Si può chiedere in loco per organizzare gite in barca nel parco.