Realizzò il primo autoritratto della storia dell'arte, a 13 anni (!), cui ne seguirono molti altri, fra cui quell'Autoritratto con pelliccia in cui a 28 anni osò rappresentarsi secondo l'iconografia di Cristo. Dipinse le prime vedute, i primi paesaggi autonomi, cioè non ridotti semplicemente a sfondi. Tracciò il primo nudo dell'arte tedesca. Il suo Leprotto e la sua Zolla di terra, oggi a Vienna, sono ritenuti da molti i più begli acquerelli mai creati da mano umana. In un altro acquerello, Mulini su un fiume, conservato a Parigi, ottenne effetti cromatici che precorrono di quattro secoli gli impressionisti. Soprattutto, portò l'arte dell'incisione a vette mai raggiunte prima, realizzando il primo libro pensato, illustrato, stampato ed edito da un artista occidentale. Fu il primo a realizzare opere senza che gli fossero state commissionate. E se non vi basta, da grande imprenditore di se stesso fu anche il primo artista a registrare il proprio marchio di fabbrica, ottenendo dall'imperatore Massimiliano di poter utilizzare come un copyright l'elegante monogramma con le due iniziali che siglavano le sue opere: la D di Dürer inscritta nella A di Albrecht.
Albrecht Dürer, Adorazione dei Magi, 1504, olio su tavola. Prestatore: Galleria degli Uffizi © Gabinetto Fotografico delle Gallerie degli Uffizi​
Uno dei primi artisti moderni, insomma. E basterebbe questa teoria di record perché fuori di Palazzo Reale, a Milano, si creassero, sino al 24 giugno 2018, file lunghe come quelle che si ottengono mettendo in cartellone i nomi di Caravaggio o di Van Gogh. Forse non accadrà, ma sarebbe proprio il caso. Perché, anche se molti italiani non ne hanno consapevolezza, il pittore, disegnatore, incisore, artista grafico, matematico e trattatista Albrecht Dürer (1471-1529) è stato davvero un gigante dell'arte europea, uno dei più grandi. Attenzione: dell'arte europea, non (solo) di quella tedesca. Che è poi l'aspetto che l'intrigante mostra milanese (promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e 24 ORE Cultura) intende sottolineare. Il suo titolo, non a caso, è “Dürer e il Rinascimento, tra Germania e Italia”. E originale è il percorso, tematico e anche geografico, scelto dal curatore, l'olandese Bernard Aikema, ottimo storico dell'arte, orgoglioso del fatto che “una mostra così su Dürer in Italia non era mai stata realizzata”, dichiara.
Albrecht Dürer, Gesù fra i dottori, 1506, olio su tavola © 2018. Museo Thyssen-Bornemisza / Scala, Firenze​
Una mostra di geografia dell'arte, più che di storia dell'arte, in un'epoca storica che vede le città portatrici di una cultura nuova”. E tali sono quelle attraversate da Dürer nei suoi lunghi viaggi dettati da esigenze di formazione o di business, viaggi che lo portarono spesso a lasciare la sua Norimberga (dove era nato da un bravo incisore e orafo di origini ungheresi) per visitare le Fiandre, i Paesi Bassi, la Danimarca, i cantoni svizzeri. E poi scendendo dall'Oberdeutschland (ovvero la Germania meridionale) di Norimberga, Strasburgo, Colmar, Ratisbona, Augusta, passando per le alpine Innsbruck e Trento fino a conoscere le padane Venezia, Bologna, Mantova e Milano. Sbagliato dunque etichettare Dürer come artista “nordico” (molti lo hanno fatto in passato), contrapposto a un Rinascimento italiano coincidente con un'ideale classicista e individualista. Errato contrapporre il Nord al Sud, la Germania all'Italia. “Questa mostra”, insiste Aikema, “non è una casa chiusa, non è una scatola monografica: invita lo spettatore a mettere il naso fuori, a un cambio di paradigma, a estrapolare una nuova idea di Rinascimento dove, oltre alla coperta della natura e dell'individuo, conta ancor più la circolazione delle forme e delle idee artistiche e intellettuali. Come è giusto che sia, in un periodo di enorme cambiamento in cui, tanto per dire, avviene la scoperta dell'America”.
La sua America il maestro di Norimberga la scoprì in Italia, soprattutto a Venezia, dove (forse) venne una prima volta assai giovane, nel 1495, lasciando a casa senza troppi rimpianti la moglie diciannovenne che il padre aveva scelto per lui; e dove arrivò (sicuramente) nel 1505-07, quando la sua arte interagì con quella di Bellini, Carpaccio, Vivarini, arricchendosi di nuovi motivi ma anche lasciando nuovi spunti agli artisti veneziani. Non è un caso dunque a emblema della mostra è stato scelto l'affascinante Ritratto di giovane veneziana, giunto dal Kunsthistoriches Museum di Vienna, che Dürer dipinse proprio durante il suo soggiorno in Italia. In mostra c'è però, arrivata da Praga, anche un'altra opera “belliniana”, di un travolgente cromatismo veneziano: l'imponente, simmetrica, coloratissima Festa del Rosario, che celebrando la preghiera mariana assai prima della sua istituzione come festa nel 1573, è anche una gioiosa glorificazione di Maria Vergine, qualcosa che il pittore non si sarebbe più concesso dopo la sua fervida adesione al luteranesimo.
Albrecht Dürer: Ritratto a mezzo busto di una giovane veneziana, 1505, olio su tavola © KHM-Museumsverband
A Milano molti dei capolavori citati all'inizio non sono arrivati, ma la mostra resta ugualmente, per ambizioni critiche e per densità di opere, una delle più importanti viste negli ultimi anni a Palazzo Reale, capace di illuminare la figura di un artista unica per bravura tecnica, interessi intellettuali e personalità affascinante. La selezione Düreriana comprende 12 dipinti, 3 acquerelli e circa 60 disegni, incisioni, libri, manoscritti. Cui si affiancano circa 130 opere di artisti tedeschi e italiani coevi del maestri di Norimberga, dai tedeschi Cranach, Altdorfer, Grien, agli “italiani” Giorgione, Mantegna, Bellini, Lotto e naturalmente Leonardo da Vinci.
La mostra a Palazzo Reale - foto Roberto Copello​
Sei le grandi sezioni, tematiche e non cronologiche, come detto. Di “Dürer, l'arte tedesca, Venezia, l'Italia” in qualche modo abbiano detto. “Geometria, misura, architettura” documenta gli studi e i disegni con cui Dürer cercò di impadronirsi del mistero delle proporzioni umane e della prospettiva, proponendo un confronto da pari a pari fra i cavalli Düreriani e quelli leonardeschi. “La natura” mostra l'interesse che il pittore tedesco aveva sia per il paesaggio, sia per la flora e la fauna, raffigurati anche nei suoi dettagli. “La scoperta dell'individuo” va alle radici della nascita della ritrattistica moderna, di cui Dürer è un precursore straordinario. “Albrecht Dürer incisore” espone opere che hanno rivoluzionato la storia di questa tecnica espressiva, nel segno grafico di un virtuosismo inarrivabile e talora inquietante, dove emerge quanto le linee per l'artista Dürer contassero assai più del colore: su tutti, emergono l'icastica La Melancolia e i celeberrimi 15 fogli dell'Apocalisse, con le sue figure destinate a depositarsi nell'immaginario occidentale (varrebbe la pena venire a Milano solo per queste incisioni). Infine, la sezione “Il Classicismo e le sue alternative” chiude il percorso, mostrando gli esiti del confronto con i modelli classicheggianti che a fine '400 dall'Italia s'erano diffusi anche in Germania.
Albrecht Dürer, particolare da I quattro cavalieri dell'Apocalisse, quarta delle 15 xilografie dell'Apocalypsis cum figuris (1498). Foto Roberto Copello​
INFORMAZIONI
“Dürer e il Rinascimento, tra Germania e Italia”, Palazzo Reale, Milano.
Fino al 24 giugno 2018 
Orari di apertura: lunedì, ore 14.30-9.30; martedì, mercoledì, venerdì e festivi, ore 9.30-19.30; giovedì e sabato, ore 9.30-22.30.
Ingresso intero 12 euro, audioguida gratuita compresa. Ingresso ridotto per i soci Touring.

Musement, partner del Touring Club Italiano, propone l'acquisto di un biglietto salta fila per la mostra. Il biglietto è acquistabile con veloci passaggi sul sito indicato; tutti i lettori di touringclub.it, cliccando sul link, usufruiscono del 5% di sconto (lo sconto è visibile al momento dell'acquisto).  

La mostra a Palazzo Reale - foto Roberto Copello