Undici anni. È un periodo davvero lungo, quello in cui il KMSKA – un acronimo difficile, che in fiammingo sta per Museo Reale di Belle Arti di Anversa – è stato chiuso al pubblico. Certo, le opere più importanti della sua collezione erano collocate in altri musei o giravano all’estero in tournée, ma diciamolo: un conto è ammirarle qua e là, un conto è vederle riunite nell’istituzione che è la principale di Anversa e il più grande museo d’arte del Belgio. Un ragionamento che non vale soltanto per i turisti, ma anche e soprattutto per gli abitanti di Anversa stessa, per i quali il KMSKA rappresenta da sempre un fiore all’occhiello e un motivo d’orgoglio. Ecco perché la riapertura del KMSKA a fine settembre, dopo undici anni di lavori di restauro e rimodernamento, è stata un momento così atteso, diremmo quasi “epocale”, tanto per la città fiamminga quanto per il mondo dell’arte in generale. Un momento interessante anche per capire, tra l’altro, come architetti, storici dell’arte, curatori e allestitori hanno pensato a portare nuova linfa a un museo storico: quali soluzioni, quali accorgimenti si possono ideare per un’istituzione che deve fare i conti con un glorioso passato ma che si vuole proiettare anima e corpo verso il futuro?
 

La facciata del KMSKA, Anversa - foto Stefano Brambilla​

UN MUSEO NEL MUSEO

La prima scelta del KMSKA è stata forse la più dirompente e ardita. Dal 1890 il museo era ospitato in un monumentale edificio di Het Zuid, il quartiere meridionale di Anversa: uno di quei palazzi, edificati ad hoc negli anni delle Grandi Esposizioni, talmente austeri con le loro facciate colonnate e i loro capitelli corinzi da mettere quasi in soggezione il cittadino o il passante. Quell’edificio aveva bisogno di restauri, ma contemporaneamente c’era necessità anche di nuovi spazi per accogliere i quasi 6.000 oggetti della collezione, tra cui 2.400 dipinti e 700 sculture: ecco dunque la scelta di non costruire nulla di nuovo fuori dallo storico contenitore, ma dentro, occupando cioè gli spazi dei quattro cortili e patii dell’antico edificio. Un museo all’interno di un altro museo, in pratica, una specie di scatola cinese che ha aumentato la superficie espositiva del KMSKA del 40%.
Non che il visitatore si accorga di entrare in un nuovo edificio: l’espansione progettata dallo studio KAAN non è fisicamente visibile all’esterno ed è collegata al vecchio edificio da un labirintico gioco di scale, passaggi e ascensori. Lo stacco, per il visitatore, avviene piuttosto a causa della diversità con cui sono state concepite le sale: grandi, austere, altissime, dipinte di rosso pompeiano o di verde salvia quelle dell’edificio storico; bianchissime, con i pavimenti lucidi e riflettenti, ma anche tetre e poco illuminate (a seconda dei piani) quelle della parte nuova. Avete già capito: entrare nel KMSKA è come entrare in tanti musei diversi. A qualcuno potrà sembrare un po’ schizofrenico, questo continuo passaggio da un’idea all’altra; ad altri, noi compresi, l’idea non è dispiaciuta. Ma c’è di più, naturalmente.


Il livello 2 del KMSKA, consacrato agli Old Masters - Anversa - foto Stefano Brambilla


Il livello 4 del KMSKA, consacrato ai Modern Masters - Anversa - foto Stefano Brambilla​

Una seconda scelta fondamentale dei curatori è stata quella di dedicare la parte storica del museo (livello 2) agli Old Masters, ovvero ai Grandi Maestri; e la parte nuova (livelli 1, 3 e 4) ai Modern Masters, i Maestri moderni. Nel costruire un percorso, però, si è voluto allestire le sale non cronologicamente, ma – almeno in parte – tematicamente. Un’idea coraggiosa. Mettere a fianco opere di artisti e di epoche diverse affini soltanto per il soggetto può essere un’operazione rischiosa, specialmente quando i temi sono generici: al secondo piano del KMSKA troviamo per esempio sale dedicate a “eroi”, “fama”, “lezioni di vita”, “orizzonte”, “malvagità” e così via. Dobbiamo però dire che spesso l’accostamento risulta interessante e a volte affascinante, specialmente al livello 2 (nelle sale consacrate a “luce”, “colore” e “forma” ai livelli 1 e 4 un po’ meno, nel senso che certi abbinamenti risultano un po’ banali).
Non basta: i curatori hanno voluto a volte sparigliare le carte, introducendo opere antiche nella sezione moderna e viceversa, con l’obiettivo dichiarato di far dialogare la concezione e il significato dell’arte nel tempo. Anche in questo caso, a volte gli accostamenti sono divertenti (il mandrillo di Kokoschka e un ritratto di Rembrandt), altre volte convincono meno (le opere moderne nella sala della Madonna di Fouquet). Ma è questione di gusti, ovviamente: il nostro parere non vale nulla, anzi, è chiaro che scelte di questo genere sono fatte proprio perché chiunque - anche chi entra in un grande museo come il KMSKA per la prima volta nella sua vita - possa dire la sua. Ci si accorge in fretta che quella proposta dal museo di Anversa non è una lezione di storia dell’arte, non nel senso stretto del termine: è più una dimostrazione che l’arte può e deve parlare a tutti, a prescindere da livello di studio, età, conoscenze pregresse, sesso, provenienza. 


Kokoschka e Rembrandt a confronto, KMSKA, Anversa - foto Stefano Brambilla​

CACCE AL TESORO, VIDEO E APP
La stessa filosofia, ci pare, la si riscontra anche in altre due scelte inusuali operate dai progettisti del museo. La prima è quella di introdurre nelle sale 10 macroscopici oggetti creati dal visual artist Christophe Coppens. Il progetto si chiama appunto “The 10” e ha visto Coppens ispirarsi ad altrettanti dettagli contenuti nelle opere del museo per ideare creazioni sorprendenti e inaspettate che si rivolgessero soprattutto ai bambini: le teste dei due dromedari dipinte da Rubens nella gigantesca "Adorazione dei Magi", tra i capolavori del museo, hanno per esempio dato spunto per un divano damascato a forma di cammello su cui ci si può sedere e arrampicare, divano posto davanti al dipinto stesso. Tra una tela e l’altra compaiono così un cranio gigantesco di un simil-dinosauro, una mano semovente che spunta da una parete, una roccia ocra posta a centro sala: oggetti che non vanno intesi come opere d’arte contemporanea (non hanno questo valore, anche se si è portati a crederlo), quanto come un diverso filo conduttore pensato per la visita delle famiglie. A loro disposizione, un libretto stile “caccia al tesoro” grazie a cui i bimbi possono trovare dipinti e oggetti e ispirandosi a quelli cantare, disegnare e soprattutto immaginare. C'è pure un quadro appeso storto... Anche in questo caso, i puristi potrebbero storcere il naso: siamo in un museo o in un parco giochi? A noi le opere di Coppens hanno divertito, anzi, ci siamo messi a cercarle tra le sale; ma non è da sottovalutare il “rischio” che si guardi il divano a forma di cammello più dell’opera che l’ha ispirato (ma anche se fosse: sarebbe davvero un problema?). 

I cammelli di Coppens davanti all'Adorazione dei Magi di Rubens, KMSKA, Anversa - foto Stefano Brambilla​

Il cranio di Coppens nella sala 2.16, dedicata alla malvagità - KMSKA, Anversa - foto Stefano Brambilla
 
L’altra scelta importante che rientra nella filosofia “un museo per tutti” del KMSKA è quella dei supporti multimediali sparsi nelle sale del museo. Per alcune opere scelte, un monitor posto nella stessa sala dell’opera (a volte un po’ troppo lontano dall’opera stessa, a dir la verità), offre differenti chiavi di lettura e spunti di riflessione. Un primo video mostra i dettagli dell’opera; un altro la cronologia; un terzo un gioco per mettersi alla prova; un quarto i commenti di persone di diversissime estrazioni sociali, età e occupazioni (dal curatore della sala allo studente, dall’operaio alla casalinga immigrata e madre di famiglia) che raccontano cosa vedono nell’opera scelta. È, soprattutto quest’ultima, un’operazione molto interessante, spesso anche divertente, che ancora una volta mostra quanto l’arte parli in mille modi diversi alle persone, quanto si possa riflettere diversamente su uno stesso capolavoro. Consigliamo vivamente di soffermarsi su questi video: porteranno a idee, spunti, collegamenti. Le didascalie delle opere, invece, a volte risultano un po’ troppo povere. Suggeriamo in ogni caso di scaricare sul proprio smartphone la app gratuita del KMSKA e di portarsi le cuffiette: sulla app si possono seguire tour tematici (in inglese, francese, tedesco e olandese) e ascoltare commenti approfonditi sulle opere più importanti. 
 

Davanti alla Stiratrice di Rik Wouters (1912), il video di una ragazza che racconta la sua attività in lavanderia. KMSKA, Anversa - foto Stefano Brambilla 

LE OPERE DA NON PERDERE

Se siete arrivati fin qui, potrebbe sembrarvi che al KMSKA siano più interessanti il contenitore e l’allestimento rispetto alle opere stesse, il che non è vero: è soltanto che entrambi presentano soluzioni talmente originali per un museo di così grosso calibro che viene spontaneo parlarne prima. Il Museo di Anversa vale naturalmente il viaggio anche e soprattutto per la sua collezione, a partire dai capolavori di Peter Paul Rubens e James Ensor. Dato che la collezione riflette i gusti dei cittadini di Anversa, che nel tempo hanno acquisito le opere donate poi al museo, la maggior parte degli autori proviene dalle Fiandre storiche (oggi Belgio e Paesi Bassi), ma non mancano tele di italiani, francesi, spagnoli e così via, dal XIV al XX secolo. Diamo qualche suggerimento di opere che valgono il viaggio, senza nominare tutti i capolavori.
Il consiglio è quello di iniziare la visita dagli Old Masters, al livello 2, seguendo sulla mappa la numerazione delle 21 sale (altrimenti si rischia di perdersi). L’impatto è forte: la galleria 2.2, la centrale del museo, è la più spettacolare, con tre enormi dipinti di Rubens a coprire le pareti. La sala fu costruita apposta per ospitare queste superbe pale d’altare: anche durante gli ultimi restauri, le tele sono state fatte scendere nei sotterranei mediante aperture nei pavimenti, perché le porte tra una sala e l’altra erano (e sono tuttora) troppo piccole per permettere il loro passaggio. Le sale 2.5 e 2.8 rompono il ritmo, la prima con una “camera immersiva” in cui vengono proiettati sulle pareti dettagli delle opere; la seconda con una “camera virtuale” in cui grazie ai visori si entra nello studio di Rubens. La lunga sala 2.14, particolarmente riuscita, vuole ricordare un salone dell’Ottocento, con i dipinti affastellati alle pareti (tra cui un meraviglioso “Carlo V da bambino” di Jan van Beers). A nostro parere, le sale più belle sono però le ultime: concentratevi su queste se avete poco tempo. La 2.17, dedicata alla Madonna, ospita tre capolavori assoluti: la "Madonna circondata da serafini e cherubini" di Jean Fouquet, che fu dipinta nel 1450 ma i cui colori e le cui forme sono incredibilmente moderni; la "Santa Famiglia con pappagallo" di Rubens e la "Madonna alla Fontana" di Van Eyck, in cui il maestro si dedica a un minuzioso studio di ogni particolare. Nella sala 2.19, consacrata alla sofferenza, non ci si può perdere il "Calvario" di Antonello Da Messina e la "Lamentazione sul Cristo Morto" di Van Dyck; nella 2.21, dedicata alla preghiera, un polittico di Simone Martini e la famosa "Santa Barbara" di Van Eyck (forse un non finito, forse uno studio); nella 2.22, il cui tema sono i paradisi, i tre stupendi pannelli dipinti da Hans Memling, raffiguranti Dio Padre e una schiera di angeli che suona strumenti musicali di vario tipo (strumenti ricostruiti ed esposti a fianco).  
 

Jean Fouquet, La Madonna del Latte, KMSKA, Anversa - foto Stefano Brambilla


Hans Memling, Dio padre con angeli cantori e musicanti, KMSKA, Anversa - foto Stefano Brambilla
 

Come una caccia al tesoro, il suggerimento è quello poi di cercare l’ascensore (è vicino ala sala 2.18) e farsi portare al livello 4, dove – nel bianco totale dei nuovi allestimenti - ci si immerge nella visita dei Maestri Moderni. Non lasciatevi spaventare: le sale qui sono soltanto tre. Ammirerete un nudo di Modigliani, la donna che stira di Rik Wouters, ma anche bei paesaggi di Jean Brusselmans. Proprio a Rik Wouters (1882-1916) è dedicata un’intera sala: interessante scoprire quest'artista da noi poco conosciuto, in cui sono particolarmente evidenti l’accostamento a Cezanne e la ricerca della luce. In fondo a sinistra della sala 4.1, si cerca poi la stretta scala che porta più in basso (il verbo “cercare “non è scelto a caso: bisogna proprio trovarla). È una scala concepita come opera d’arte a sé stante: chiamata “La scala per il paradiso”, regala incredibili geometrie e giochi prospettici, oltre a funzionare come collegamento per gli altri livelli.
Si visita quindi il piccolo livello 3, in cui ci si immerge nel blu e nella penombra (ma schizzi e piccole sculture valgono qualche minuto d’attenzione); e poi si scende al livello 1, diviso a sua volta in più parti. Le sale 1.0, 1.1, 1.2 e 1.3 raccolgono le opere di James Ensor, di cui il KMSKA ospita la più grande collezione del mondo: Ensor, nato a Ostenda (1860-1949), fu l’innovatore dell’arte moderna in Belgio, facendo evolvere la pittura locale dal realismo all’impressionismo, al simbolismo e poi a una sperimentazione spesso grottesca e bizzarra. Ensor seguì questo percorso creando nuove tecniche, avviando così il suo stile verso quella che lui stesso chiamava “un’estasi beatifica” attraverso effetti di luce, sfumature, ricerche di forma. La sala 1.4, infine, tra le più piacevoli della parte moderna, è dedicata alla luce, con molte opere meritevoli – "L’uomo sulla sedia" di Henri De Braekeleer (1876) è particolarmente affascinante, nel suo racconto fiammingo.


La Scala verso il Paradiso, KMSKA, Anversa - foto Stefano Brambilla​


Un'opera contemporanea nella sezione "Luce", 1.4 - KMSKA, Anversa - foto Stefano Brambilla

UNA PASSEGGIATA IN CITTÀ
Se avete ancora energie, soffermatevi un momento sulle mostre temporanee al livello 1, di cui una racconta con dovizia di particolari la storia e la ristrutturazione del KMSKA. E poi uscite a prendervi una boccata d'aria: dapprima nei giardini intorno al museo, anch'essi oggetto di ristrutturazione, cercando una meravigliosa casa art nouveau con la prua di una barca che esce dalla parete; poi con una passeggiata nel quartiere Het Zuid, che sta subendo una veloce trasformazione urbana: vicino all'arco progettato da Rubens e al Museo della Fotografia un grande spazio riqualificato diventerà un parco, mentre poco lontano sorgerà un nuovo Museo d'Arte Moderna. Procedendo verso sud si incontrano anche gallerie d'arte ed edifici progettati da famosi architetti.

Ma Anversa merita un vaiggio anche per molti altri motivi: le vie del centro storico, i magnifici Rubens nella Cattedrale, la casa dell'artista (visitabile fino all'8 gennaio, quando inizieranno vasti lavori di ristrutturazione), una bellissima e antichissima tipografia, molti piccoli musei ricchissimi di opere d'arte... E poi, ciliegina sulla torta, la Port House, uno spettacolare edificio progettato da Zaha Hadid a nord della città (meglio arrivarci in bicicletta o con i mezzi pubblici): una nave di vetro, imponente e leggera, ancorata sul tetto di una ex caserma dei pompieri. Sembra pronto a prendere il volo. Proprio come la città delle Fiandre.


Het Bootje (The Little Boat), 2 Schildersstraat, Anversa - foto Stefano Brambilla


The Port House, Anversa - foto Stefano Brambilla

INFORMAZIONI
- Il KMSKA è aperto con i seguenti orari: lun/mar/mer 10-17; gio 10-22; ven 10-17; sab e dom 10-18. Tutte le info sono sul sito kmska.be
- Per visitare la città di Anversa (Antwerpen in olandese), voli aerei su Bruxelles con numerose compagnie; dall'aeroporto di Bruxelles, treno per Anversa ogni mezzora; il tragitto dura soltanto mezzora. Ideale iniziare a scoprire la città sul sito www.visitantwerpen.be (in olandese, francese, inglese, tedesco e spagnolo). Comoda la Antwerp City Card (24, 48 o 72 ore), che permette ingressi gratuiti in molte attrazioni e libera circolazione sui mezzi pubblici.

- Tutte le informazioni sulle Fiandre sul sito dell'ente del turismo (in italiano): www.visitflanders.com