La bicicletta è sempre di più al centro dell’interesse delle comunità che vivono la città. Mai come ora, la crisi climatica e l’emergenza sanitaria hanno spinto a una ridiscussione della gestione del traffico urbano, della limitazione della congestione stradali, del controllo delle emissioni inquinanti e non ultimo della possibilità di viaggiare con meno esposizione al contagio da Coronavirus. In questo contesto complicato, una ventata di novità positive arriva nel Decreto Semplificazioni 76/2020, ora legge dello Stato dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 14 settembre scorso.
Tra le righe della legge si trovano nuovi strumenti per una viabilità sostenibile e consapevole; dalle “corsie ciclabili” alle “case avanzate”, al “doppio senso ciclabile” fino alle “strade urbane ciclabili”. Proviamo a riprenderle in sintesi
LE NUOVE REGOLE PER LA CICLABILITÀ 
I ciclisti, agli incroci o davanti ai semafori, avranno la precedenza sulle auto in colonna. Questa come tutti sappiamo è una prassi consolidata, ora messa nero su bianco dal legislatore. Ci sarà una nuova segnaletica agli incroci stradali, quella che viene codificata con “casa avanzata”. In pratica vedremo crescere in concomitanza di molti semafori una striscia avanzata rispetto agli altri veicoli in fermata che darà un piccolo vantaggio quando ci si rimette in sella a pedalare.
Una delle regole più osteggiate è quella che rende possibile alle biciclette di viaggiare in senso contrario alla marcia, ma solo nelle zone con limitazioni alla velocità di 30 chilometri orari. Qui sono i Comuni a decidere quali tratti urbani modificare in questo senso. Ultime e dibattutissime sono le cosiddette “strade urbane ciclabili”, vere e proprie corsie preferenziali che si inseriscono senza l’ausilio di infrastutture in strade anche molto trafficate. Prendiamo ad esempio a Milano le ciclabili di viale Monza e soprattutto quella di Corso Buenos Aires, contestate a più riprese da commercianti, automobilisti privati e taxisti.  
“PER I COMUNI REGOLE DA APPLICARE SUBITO E FACILMENTE”
Non ci sono dubbi sulla possibilità concreta di aprire una nuova fase per la mobilità urbana in Italia, mettendo al centro la bicicletta in tutte le sue varianti e declinazioni, partendo dallo sharing e finendo con le potenzialità della pedalata assistita elettricamente, le e-bike.
Forse consci della resistenza congenita al cambiamento in una Paese come l’Italia, in rapporto di dipendenza costante dalle quattro ruote motorizzate, 14 esperti tra architetti, urbanisti e ingegneri hanno realizzato un documento espicativo delle nuove norme e sulla loro applicabilità. E lo hanno indirizzato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e alla Associazione Nazionale Comuni Italiani.  L’obiettivo della missiva è dichiarato: stimolare la piena e corretta attuazione alle novità a favore della mobilità in bicicletta inserite nel Codice della Strada.
La lettera non si perde in filosofia e burocratese e va dritta al punto. Ai punti anzi. Gli esperti hanno chiarito in prima battuta che le novità introdotte sono soluzioni già applicate nel resto d’Europa, in zone dove le biciclette circolano molto di più che in Italia. A questo si aggiunge che le regole sono immediatamente applicabili dalle amministrazioni municipali; ovvero non si possono imputare negligenze e lentezze ai famigerati “decreti attuativi”. Il cerchio delle argomentazioni si stringe soprattutto attorno all’utilizzo delle “corsie ciclabili”, che finora hanno occupato più che le strade cittadine le colonne dei quotidiani e dei siti specializzati. E qui il team di esperti chiarisce molto la faccenda.
IL NODO DELLE CORSIE CICLABILI
Nel decreto legge si legge chiaramente che le corsie ciclabili non hanno bisogno di infrastrutture (divisori, paletti, muretti ecc..), quindi sono di facile ed economica realizzazione. In secondo luogo, non ci sono limiti di ampiezze di carreggiata per il tracciamento. E soprattutto, a differenza del precedente decreto 34/20, è stata allargata la possibilità di tracciarle anche sulle strade extraurbane.
Il senso della norma richiama quindi il buon senso della comunità che condivide la strada. Ovvero la corsia ciclabile essendo solo disegnata deve essere recepita come un richiamo costante alla responsabilità di ciclisti, automobilisti, pedoni e anche degli utilizzatori dei nuovi monopattini elettrici. Responsabilità e tolleranza, aggiungo io.
Per saperne di più scarica il testo integrale della lettera, a cui ha aderito anche la fondazione Michele Scarponi Onlus.