La tempesta che ha devastato ettari su ettari delle foreste dolomitiche lo scorso autunno ha un nome, Vaia. Un nome che i meteorologi avevano dato alla depressione che ne è stata causa. Quando gli eventi della natura assumono una loro specifica identità sono da considerare eccezionali, fuori dall'anonimo alternarsi di cambiamenti atmosferici. Forse dare un nome è ancestralmente anche un tentativo di umanizzare qualcosa che invece trascende l’uomo, lo supera, terrorizza, paralizza e infine gli insegna.
Se vogliamo comprendere questo evento naturale dobbiamo accettare una lezione, benché durissima, che la natura sta tentando di farci mandare a memoria, a noi, che sembriamo non volerla ancora imparare. In questi due mesi però, qualcuno si è fermato a riflettere, nel tentativo di tradurre in intenti e pratiche la dura lezione di Vaia.
Il 7 dicembre erano 250 a Pieve di Cadore, in provincia di Belluno, moltissimi relatori, studiosi, amministratori (erano presenti quasi tutti i sindaci del Cadore) all’incontro organizzato da Cipra Italia e partecipato da moltissime associazioni alpine. Si è fatto il punto sulle cause dell’evento, sulle modalità del suo sviluppo, sulle conseguenze e soprattutto sulle azioni da intraprendere per dare intendere che la lezione è servita.
PRIMA CAUSA, I CAMBIAMENTI CLIMATICI
In Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige (più marginalmente la Lombardia) da anni si interviene sulle foreste con scrupolo, attenti a non disattendere regole e certificazioni (PEFC e FSC). Anche se molte delle superfici colpite erano foreste fragili e sfruttate dall’uomo, il fattore principale che ha scatenato il fenomeno è il mutamento climatico. Da tempo, infatti, sull’arco alpino si assiste a fenomeni “anormali” sempre più intensi e frequenti. 
LO STATO DI SALUTE DI BOSCHI E FORESTE IN EUROPA
I danni ai boschi in Europa comportano ogni anno la distruzione di una media di 38 milioni di metri cubi: ben il 50% di questi danni sono dovuti a schianti da vento, il 16% a incendi, altre cause sono dovute a attacchi parassitari o a popolamenti non idonei. Nel recente passato si sono avute devastazioni forestali che hanno superato anche i 200 milioni di metri cubi di schianti.
LA FILIERA DEL LEGNO
La tempesta Vaia ha causato lo schianto di circa 8 milioni di metri cubi di legname: circa 3 milioni in regione Veneto, nelle province di Belluno e Vicenza, altrettanti nel Trentino, circa 1 milione nella provincia di Bolzano, qualche centinaio di migliaia nella regione Friuli Venezia Giulia.
Abbiamo dato conto su un nostro servizio del rischio speculazione che si somma ai danni dell’abbattimento delle foreste. Non è affatto casuale che dall’incontro sia emersa l’esigenza di una pianificazione di azioni per recuperare tutta la filiera del legno, coinvolgendo in questo anche l’artigianato e facendo in modo che sui territori rimanga il massimo possibile del valore aggiunto proveniente dal patrimonio forestale.  
Stupisce però il dato che l’Italia importa quasi l’85% del legname usato: nel nostro Paese si utilizzano solo 1,5 milioni di mc. di legname nazionale. Non solo. Va detto che oggi l’aumento deriva dal fatto che oggi la definizione di bosco è diversa dal passato e include anche formazioni arbustive, neoformazioni più rade, ecc. In ogni caso alla quantità non corrisponde la qualità. 
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PER UN FORESTA BENE COMUNE
Si, la foresta, nel suo insieme, va recuperata come bene comune. Perché questo avvenga sarà necessario far comprendere il valore del lavoro e del tempo necessario per una buona ricostituzione: la Natura ha i suoi tempi, e il “bello” a cui siamo abituati (tutto in ordine, pulito, ordinato) non sempre corrisponde al bello reale di una foresta come sarebbe senza la mano dell’uomo.
Solo con una nuova pianificazione della gestione delle foreste si presterà la necessaria attenzione ai cambiamenti climatici in atto. Dalla tempesta Vaia si può così ripartire potenziando la ricerca scientifica, attraverso attenti monitoraggi del recupero forestale. E grazie a un coinvolgimento delle comunità che vivono la montagna si può strutturare una gestione dell’informazione su quello che è successo a dicembre, sul recupero dei suoli, investendo risorse importanti per la formazione per tutti gli attori della montagna: i residenti, gli operatori turistici, gli ospiti.
Tantissimi i temi sul tavolo, dalla gestione faunistica a quella della viabilità, le occasioni di lavoro alla tutela idrogeologica, il rimboschimento, l’accrescimento della biodiversità e la riscrittura delle carte dei rischi geologici e idrogeologici, oltre al rischio valanghe. E infine le opportunità di lavoro: la ricerca scientifica, la formazione, la ripresa della cura del bosco a partire dalle nuove semine, anche artificiali, che andranno gestiti nel lungo periodo fino al recupero degli spazi aperti, degli alpeggi in quota, dei prati aridi.
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Noi continueremo a darvi conto dello stato delle foreste, e non solo quelle dolomitiche, provando come in questo caso a mettere in ordine idee e eaccogliere punti di vista. Sotenere l'Italia, raccontarla e promuoverla è un impegno a cui il Touring Club Italiano non può sottrarsi.
Leggi il documento completo sul sito di Mountcity.it.