La notizia di oggi sta tutta in uno scarno lancio dell’Ansa: «Il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato a maggioranza, con i voti del centro-destra, una mozione che impegna la Giunta regionale ad attivarsi presso il Governo per inserire nel disegno di legge di riforma del Codice della strada, attualmente in discussione al Senato, un articolo che obblighi i costruttori di biciclette ad apporre sui telai un numero di identificazione». Di fatto, una targa per le biciclette. Una questione che ciclicamente emerge. Era l’inizio del secolo scorso quando il Touring Club Italiano si oppose contro l’idea di targare i velocipedi, che erano trattati alla stregua di un automobile.
Oggi se ne parla alla Regione Lombardia, mentre in Parlamento è in discussione la modifica del Codice della strada che riguarda anche i ciclisti. L’articolo 2, comma 8 della riforma, prevede già «l’individuazione di criteri e delle modalità per l’identificazione delle biciclette, attraverso l’apposizione facoltativa di un numero identificativo del telaio e l’annotazione dello stesso nel sistema informativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti».
Che sia una targa o un numero impresso sul telaio non è stato ancora deciso. Quale sia la ratio della targa non è chiaro. Serve per scoraggiare i furti, come qualcuno dice? O serve per identificare i ciclisti in caso di incidente da loro provocato? Quel che è certo è che associazioni di ciclisti come Ciclohobby sono fortemente contrarie: «È l’anticamera del bollo» sostengono. Anche perché l’idea di responsabilizzare i ciclisti grazie a una targa che li renda riconoscibili è vera solo in parte: oggi i ciclisti sono già soggetti come tutti al codice della strada, non dovrebbero passare con il rosso, né pedalare sui marciapiedi, o andare in contromano e come tutti sono passibili di multa, anche se i casi sono rari come la pioggia nel deserto.
Servirà allora per limitare il fenomeno dei furti? Andrebbe verificato. Alcune sperimentazioni in questo senso sono partite nei mesi scorsi. A Modena per esempio hanno lanciato l’iniziativa “targa la tua bici” per identificarla e taggarla in modo certo, favorendo la riconsegna al proprietario in caso di ritrovamento. Si tratta di una targa numerata di plastica autoadesiva da collocare sul telaio e di un libretto della bici dove segnare i dettagli del proprietario e del mezzo. Mezzo che deve essere iscritto al Registro italiano biciclette, un sistema informativo consultabile online.
Servirà? Secondo un’indagine realizzata dalla Fiab nel 2013, ogni anno in Italia si registrano oltre 320mila furti di biciclette. Un fenomeno che non si riesce ad arginare, al punto che i ladri impuniti sono arrivati a venderle addirittura online. Basterà una targa identificativa a fermarli? A che cosa associo l'identificativo, al telaio? E se poi mi vendono separati tutti gli altri pezzi? E che cosa facciamo con le vecchie bici? Molte domande che non hanno ancora una risposta univoca e convincente.