Non è uno dei posti che vengono in mente quando si ragiona in termini di città musicali - viene più facile pensare a New Orleans, Rio, Seattle, Napoli, Chicago. Eppure a Belfast la musica è dappertutto, la attraversa come il fiume Lagan ed è diventata uno degli aspetti della capitale nordirlandese sui quali il turismo ha cominciato a puntare. L'effetto sorpresa gioca a favore: non ci si aspetta di essere investiti da tante diverse atmosfere sonore, che vengono magari messe in conto quando si va - tanto per fare un nome a caso - a Dublino. Eccezion fatta per i non pochi cultori della grande stella dell'Ulster, Van Morrison, un artista che per molti intenditori di musica può essere collocato giusto un gradino al di sotto di Bob Dylan (...per i suoi connazionali, quel gradino non c'è). 
Ma la maggior parte dei turisti italiani rimane esterrefatta da tutta questa musica che sembra venir fuori da ogni angolo. Gente che suona nelle strade, suona nei pub, suona mentre la gente fa la spesa al St. George's Market. Si suona nei luoghi storici di Belfast, come la Ulster Hall dove si esibirono i Rolling Stones e i Led Zeppelin eseguirono per la prima volta Stairway to Heaven, o in quelli nuovi, come l'OhYeah, sorta di museo/auditorium che lancia innumerevoli iniziative per far crescere i giovani musicisti locali. Non c'è una particolare preferenza di genere, anche se è inevitabile notare che l'elettronica, in auge in tutto il mondo, qui non conosce le stesse fortune. Che sia folk, che sia jazz, che siano canzoni portate al successo da gruppi irlandesi o inglesi (dagli U2 agli Oasis, dai Cranberries ai Coldplay) qui è importantissimo che la musica venga suonata su strumenti acustici, con una certa tolleranza solo per le chitarre elettriche. La spiegazione è nella storia di Belfast.

OhYeah Center, Belfast - foto Tourism Northern Ireland
A BRACCETTO CON LA STORIA
La maggiore vicinanza (geografica e politica) di Belfast a Londra ha favorito una certa maggiore ricettività rispetto ai suoni provenienti dall'estero rispetto a Dublino. Così è stato nel caso dei Them di Van Morrison, gruppo beat emulo di Beatles e Rolling Stones, molto amati in America (la loro Gloria è un evergreen del rock'n'roll, ed è stata interpretata tra gli altri dai Doors e da Patti Smith). Così è stato quando Morrison ha lasciato il gruppo per intraprendere la strada solista mescolando la tradizione folk e la musica nera all'insegna di un particolarissimo "celtic soul". E così è stato soprattutto quando la gioventù locale si ritrovò tagliata fuori dal giro della musica internazionale. 
All'ingresso del già citato OhYeah Center - vicinissimo alla Albert Tower, nel quartiere della Cattedrale - è immortalata una frase di Joe Strummer dei Clash. "Il punk era duro, ma l'Ulster lo era ancora di più. Il punk era caos, l'Ulster era zona di guerra. Il punk era la colonna sonora perfetta per queste città devastate". Proprio l'annullamento di un concerto dei Clash alla Ulster Hall nel 1977, nel pieno del sanguinoso conflitto tra cattolici e protestanti, portò a dei disordini che orientarono in senso musicale la frustrazione dei ragazzi dell'epoca: la generazione che li aveva preceduti aveva avuto modo di vedere in città i Beatles e Bob Dylan negli anni Sessanta, ma per loro non c'era verso di vedere concerti. A meno di far da sé.
Van Morrison - foto Rock nd Roll Hall of Fame
Così Belfast iniziò a sfornare i propri gruppi punk, dagli Stiff Little Fingers agli Outcasts; il padrino di questo fervore fu Terri Hooley, proprietario di un negozio di dischi che fondò una piccola etichetta discografica, la Good Vibrations, alla quale i maggiori successi furono portati dalla band The Undertones. La leggenda che circonda Hooley è tale che nel 2013 gli è stato dedicato un film, intitolato appunto Good Vibrations. 
Sta di fatto che nella fase in cui nel Regno Unito decollava la musica arricchita dai sintetizzatori (dai Duran Duran ai New Order), l'Ulster era al massimo del suo isolamento e autarchia musicale. Negli anni Ottanta era a tutti gli effetti impossibile da queste parti fare proprio il vitalismo un po' glamour che caratterizzava la musica dell'isola maggiore, nella quale peraltro diverse star (dai Police di Invisible Sun ai Simple Minds di Belfast Child) dedicavano canzoni di solidarietà a quella terra che nel 1988 i ragazzi di casa, The Adventures, definivano malinconicamente Broken Land.
Murales con le glorie musicali nordirlandesi - foto Paolo Madeddu

ORGOGLIO CITTADINO

Passati poi quei decenni laceranti, sia la tradizione folk che il punk - anche nelle declinazioni successive, con gruppi come Therapy? o Ash - erano diventati parte dell'orgoglio identitario della città - cosa che gli sparuti produttori di musica elettronica e dance della zona non possono vantare. Basta osservare i murals, gli affreschi di strada che celebrano gli eroi popolari dell'Irlanda del Nord: i musicisti, da Van Morrison al chitarrista Gary Moore, trovano immancabilmente posto in queste hall of fame urbane.
E i pub sono i piccoli santuari in cui ogni sera si rinnova il legame tra la cittadinanza e la musica: nessuna playlist o impianto stereo, a meno che non ci si trovi in un locale posh per turisti particolarmente sofisticati; in linea di massima la musica va suonata dal vivo e nel modo più informale e ruspante possibile, eventualmente percuotendo un bodhràn o soffiando nelle uilleann pipes. Gli avventori sono implicitamente invitati a unirsi ai cori - quando non succede, chi si trova dietro al bancone inizia a preoccuparsi e a pensare di ingaggiare qualcun altro. Ovviamente ogni locale di Belfast ha la sua specialità: i due più emblematici (e immancabilmente vicinissimi) si presentano in modo eloquente ai passanti: sulla porta del Dark Horse c'è il testo della tradizionalissima The Belle of Belfast City (I'll tell me ma), fuori dal Duke of York una targa ricorda che lì nel 1998 si sono esibiti per la prima volta gli Snow Patrol, forse l'ultimo gruppo nordirlandese di successo mondiale.
L'entrata del pub Dark Horse, con Van Morrison a vegliare - foto Paolo Madeddu
SULLE ORME DI VAN MORRISON
Non deve stupire perciò che in un'operazione che ricorda molto quello che in Italia si sta facendo a Genova (con itinerari turistico-musicali che partono da Niccolò Paganini e arrivano a Fabrizio De André), a Belfast sia in crescita l'offerta di tour che permettono di scoprire la vibrante anima sonora della città. Richiestissimo in particolare dagli appassionati americani è il pellegrinaggio nei luoghi di Van Morrison: la casetta in Hyndford Street dove è cresciuto, la strada incantata cui ha dedicato una delle sue canzoni storiche (Cyprus Avenue), l'angolo in cui si innamorava della sua Brown-eyed girl.

Il fatto che "Van the Man" abiti da anni in America e torni solo in occasioni speciali sembra accrescere l'alone di leggenda che lo circonda, anzi forse contribuisce a renderlo ancora più benvoluto, stante il carattere un po' musone - altra cosa che in fondo condivide con Bob Dylan. Ma, lo assicuriamo, non con i musicisti che incontrerete a Belfast. Perché se non doveste incontrarne, state entrando nei posti sbagliati.

Il Maddens Pub a Belfast - foto Tourism Northern Ireland
INFORMAZIONI
- Per raggiungere Belfast, comodi i voli diretti con Ryanair; alternativamente, scalo a Dublino con Aer Lingus e altre compagnie e poi bus per Belfast.
- Pub con musica dal vivo: The Sunflower; Kelly's Cellar; Duke of York; The John Hewitt; The Dirty Onion; The Five Points; Maddens; McHughs; The Garrick.

- Tutti i consigli su che cosa vedere a Belfast nel nostro articolo dedicato.
 

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- Per tutte le info, sito web di Turismo Irlanda (che include sia Irlanda del Nord sia Eire): www.irlanda.com