È sempre una buona notizia quando viene inaugurato un nuovo museo. Specialmente di questi tempi, dato che la pandemia ha fermato o quantomeno rallentato molti progetti culturali. Il discorso vale sia per le piccole istituzioni, che hanno il compito di farsi portavoce di un racconto del proprio territorio, sia e soprattutto per i grandi progetti a scala nazionale, che ambiscono a pubblici e obiettivi più ampi. Così, quando abbiamo saputo dell’attesa riapertura di un Museo Archeologico Nazionale, quello di Verona, il cui recupero è durato anni, siamo andati a vedere. 
A ospitare il museo è l’ex caserma asburgica San Tomaso, un grande edificio dalla facciata neomedievale costruito nel 1856 a poca distanza dall’Adige sulle macerie di quello che era un antico monastero. È un luogo ideale per ospitare una collezione importante, sia per le dimensioni e la storia della struttura sia per la breve distanza da altre storiche istituzioni: poco a sud si trova il Museo di storia naturale, poco a nord il Museo archeologico al Teatro Romano. Per chi vorrà seguire un itinerario tra le meraviglie del territorio veronese – dai fossili di Bolca alle vestigia della romanità – il percorso è ideale. 
Proprio il restauro della ex caserma, dove erano imprigionati i carbonari che lottavano contro l’Impero asburgico, è uno dei motivi principali per visitare il neonato Museo: perché la sezione “Preistoria e Protostoria” con cui la collezione è tornata visitabile è stata collocata in un ambiente suggestivo e magnificamente recuperato, quello del sottotetto dell’edificio (al secondo piano dello stesso). A dominare le teche è un soffitto ligneo a grandi capriate, mentre a dividere gli spazi sono possenti arcate in mattoni: l’insieme - curato da Chiara Matteazzi - è di grande effetto, diremmo quasi di sacralità per le suggestioni che rimandano a una chiesa. Anche l’illuminazione è intima ed efficace. 


 

Per evitare fraintendimenti, c’è subito da dire che l’apertura ha per ora riguardato soltanto questa parte del Museo, composta da una decina di sale: le altre saranno pronte secondo un cronoprogramma che prevede di aprirne alcune a settembre, altre nei prossimi anni (si parla del 2025 per l’inaugurazione definitiva). Qualcuno potrebbe storcere il naso di fronte a queste “aperture scaglionate”, peraltro ormai consuete per le grandi istituzioni museali: non sarebbe forse meglio presentare le collezioni nel loro complesso? Noi siamo di avviso contrario: qualsiasi piccolo tassello restituito alla cittadinanza può essere utile per la valorizzazione e la comunicazione del patrimonio. Bisognerebbe più che altro - parliamo soprattutto dei media - prestare maggiore attenzione nel proporre al pubblico titoli fuorvianti, che rischiano di creare false aspettative.

 
Tornando alla sezione “Preistoria e Protostoria”, protagonista dell’inaugurazione. Il Veronese è un territorio ricchissimo di siti che raccontano la storia del primo Homo sapiens e di quell’Homo neanderthalensis che per un certo periodo di tempo coabitò con i nostri avi: dapprima grotte e ripari, poi scavi di villaggi e necropoli cha hanno restituito oggetti, resti umani, testimonianze d’arte. "È una scelta dei blockbuster del territorio" ha detto Federica Gonzato, che ha curato il progetto scientifico "grazie a cui è possibile vedere l'interazione dell'uomo on la natura nella sua quotidianità. Quasi un museo della scienza e della tecnica, ma riferito ai primordi dell'uomo". L’allestimento parte dunque sin dal paleolitico, fase raccontata da due siti di rilevanza europea, la Grotta di Fumane e Riparo Tagliente. Proprio la pietra detta “Lo Sciamano”, rivenuta a Fumane e risalente a 40mila anni fa, è tra i reperti più preziosi della collezione ed è giustamente è posta in mezzo alla sala: il disegno in ocra rossa raffigura una delle più antiche figure teriomorfe del pianeta, appunto una figura “sciamanica” un po’ uomo un po’ animale che è diventata anche il simbolo del Museo. Forse potrebbe essere valorizzata ancora meglio con qualche accorgimento ulteriore (un apparato iconografico a supporto? Una luce diversa?), visto è piuttosto difficile leggere i segni rossi sulla pietra.
Il racconto del territorio veronese attraverso il tempo prosegue con gli insediamenti del neolitico (sito di Lugo di Grezzana) e i rituali funebri del periodo, poi con quelli dell’età del Rame. Risalgono a quest’ultimo periodo due piccole statue stele e preziosi corredi tombali. La quarta e ultima sezione riguarda l’età del Bronzo, ed è la più grande e articolata, con bellissimi reperti – tra cui le spade di bronzo rinvenute a Olmo di Nogara e il vaso a bocche multiple recuperato durante lo scavo della Palafitta del Laghetto del Frassino, sul Garda. Spicca soprattutto la sala dove campeggia l’enorme pozzo di Bovolone, forse perché è l’unica del museo a proporre soluzioni espositive diverse da quelle “classiche”. Si tratta di un enorme tronco di quercia, trovato nel paese del Veronese nel 2004, che rinforzava la parte superficiale di un pozzo scavato a livello del terreno: un reperto grande, peculiare, che non mancherà di suscitare curiosità anche per via dell’artificio che proietta sul soffitto il riflesso dell’acqua contenuta al suo interno. Accanto, alcuni modellini raccontano le tecniche edilizie del periodo. 


 

Un’ultima considerazione proprio riguardo all’allestimento. La parte multimediale è (per ora) affidata all’artificio del pozzo e a un interessante video proiettato all’ingresso, dove l’arte paleolitica viene “riletta” utilizzando le tecniche del pre-cinema per l’animazione di immagini (lanterne magiche, zootropio), un suggestivo esperimento in cui si accostano le pitture murali delle grotte all’animazione visuale. Per il resto, l’impianto è classico: oggetti esposti nelle teche (peraltro ben composte), numeri di fianco agli oggetti che rimandano a succinte didascalie, lunghi testi di introduzione e approfondimento a parete. Ci permettiamo di dire, da visitatori: possibile che nel 2022 non sia possibile pensare a qualche forma di presentazione più coinvolgente? La scientificità deve certo essere alla base e non tutto deve essere per forza spettacolarizzato, anzi, ma qualche livello di lettura in più (grafiche, evidenziazioni nel testo, disegni...) potrebbe essere utile a veicolare messaggi e racconti. Soprattutto quando, come nel caso dell’archeologia, a volte gli oggetti non parlano da soli. Speriamo che l’investimento complessivo per la realizzazione del Museo di oltre 3 milioni di euro, integralmente finanziati dal Ministero della Cultura, possa servire anche a questo.


 

INFORMAZIONI
Museo Archeologico Nazionale di Verona, stradone San Tomaso 3
Sezione Preistoria e Protostoria
Aperto venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18