In quest'articolo le nostre socie volontarie Simonetta Mariani e Patrizia Coppola ci portano alla scoperta del rione Testaccio a Roma, ricchissimo di storie e curiosità, meta di passeggiate organizzate lo scorso anno del Club di territorio della Capitale.
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È un pizzico de Roma che nasconne, 
tra er Fiume e l'Aventino,
un core generoso e fumantino e li sorisi de le belle donne. 
Perfino a lo straniero je piace stà a Testaccio e nun cià torto: 
defatti ce s'è fatto er cimitero 
pe rimanecce puro doppo morto. 

(“Testaccio” di G. Malizia)
 
Anche se molti romani e turisti conoscono il rione Testaccio soprattutto come meta di serate da trascorrere nei rinomati locali di ristorazione e intrattenimento, pochi conoscono le sue origini e la sua storia, iniziata più di 2000 anni fa, che ne fa ancora oggi un rione con un’anima “popolare”. Il suo nome deriva da Mons Testaceus, dal latino testae (cocci), perciò soprannominato “Monte dei cocci”, ma di questo ne riparleremo...

La nostra passeggiata alla scoperta del rione inizia in via Caio Cestio, dove si incontra l’ingresso del Cimitero Acattolico che si sviluppa all’interno delle Mura Aureliane. Creato nel Settecento in seguito al permesso concesso da papa Clemente XI ai membri della Corte Stuart in esilio dall'Inghilterra accolse, successivamente, altre persone non cattoliche; molte di loro erano giovani deceduti durante il loro viaggio a Roma, nel compimento del Grand Tour. Oggi ospita sia stranieri sia italiani di tutte le religioni, tranne quella cattolica, ed è considerato una meta culturalmente importante da salvaguardare, anche per le magnifiche sculture presenti in molti sepolcri. Qui riposano, tra gli altri, Gramsci, Shelley, Keats, Camilleri.


Il Cimitero Acattolico con lo sfondo della Piramide - foto Bucci
 


Angel of Grief, tomba di William Wetmore Story al Cimitero Acattolico - foto Wikipedia Commons​

Al termine di via Caio Cestio, su via Zabaglia, quasi a proseguire l’atmosfera di pace e silenzio del “Cimitero Acattolico”, nel 1947 fu realizzato il Cimitero militare di Roma “Rome War Cemetery” dedicato ai militari cittadini del Commonwealth morti a Roma durante la Seconda guerra mondiale. Uno sguardo alla bella fontana del Boccale, realizzata nel 1931, dall'architetto Raffaele de Vico, ed eccoci di fronte allo storico Campo Testaccio ormai non più che un prato recintato e incolto ma che nel 1927, in questo rione popolare, vide nascere la squadra calcistica della Roma e che dal 1929 ospitò per molti anni le partite del campionato di calcio della squadra romana. 

LA STORIA DEL MONTE DEI COCCI
Sulla sinistra si innalza il Monte dei cocci: la sua formazione è molto antica, parte dal II sec. a.C. quando la zona venne utilizzata per accogliere il più grande porto fluviale della città. Il monte, infatti, è formato da 35 metri di cocci, accumulatisi nei secoli come residuo dei trasporti di anfore olearie che giungevano all’Emporium; queste dopo lo svuotamento venivano ridotte in frammenti non potendo essere riutilizzate a causa della rapida alterazione dei residui di olio e per rispetto delle norme igieniche; i frammenti venivano tenuti insieme con la sola deposizione di calce. L’Emporium che andava a sostituire il vecchio porto fluviale esistente al Foro Boario, presentava una lunga banchina pavimentata di 500 m di lunghezza e profonda 90; alcuni manufatti, oggetto di lunghi lavori di restauro, sono ancora visibili al di sotto di Lungotevere Testaccio, lungo la riva sinistra del Tevere poco prima del Ponte Sublicio. Alle sue spalle venne edificato il Porticus Aemilia, un portico che si estendeva dall’attuale via Marmorata a via Franklin, ritenuta la costruzione più vasta ai fini commerciali mai realizzata dai Romani prima di allora. Oggi i resti di una delle 50 navate che costituivano il Porticus sono stati recuperati fra gli edifici del rione in via Vespucci e valorizzati all’interno di un piccolo giardino. 


Ricostruzione del Porticus Emilia - da www.beniculturali.it

A partire dal IV secolo il porto cominciò progressivamente ad essere abbandonato fino ad essere quasi completamente interrato. Ma per il nostro Monte dei cocci la storia continua... infatti la vasta pianura che dal Monte si sviluppava fino alle Mura divenne, dal medioevo alla nascita del rione, campo di giochi, feste e scampagnate, tanto che la zona assunse il nome di Prati del Popolo Romano, grazie prima alle grotte per la conservazione del vino e poi anche alle tante cantine nate alle sue pendici. Ed è proprio qui che si svolgeva il Carnevale, soprattutto durante l’ultima domenica della festa, prima del suo spostamento voluto da Paolo II a via del Corso: giochi, sfilate, corse e le lotte con i tori e i maiali che venivano spinti lungo le pendici del Monte fino alla piana sottostante in mezzo ad una folla festante!

UN MURALES STRAORDINARIO
Superato il Monte, su via Galbani, incontriamo il Nuovo Mercato inaugurato nel 2012, progettato dall’architetto Marco Rietti, che sostituì il vecchio mercato storico del Rione che si trovava in Piazza di Testaccio. Gli scavi per la sua costruzione hanno consentito di recuperare grandi quantità di materiali dell’età imperiale, in particolare anfore e laterizi.


Il nuovo Mercato del Testaccio - foto Getty Images

Troviamo alla nostra sinistra il vecchio Mattatoio progettato dell'architetto Gioacchino Ersoch e costruito fra il 1888 e il 1891, che veniva a sostituire il precedente Mattatoio, collocato fra Piazza del Popolo e il Tevere, non più adatto per una città ormai in piena espansione. Già il primo Piano regolatore della Capitale del 1873, poi confermato da quello del 1883, destinava l’area di Testaccio alla costruzione di magazzini, opifici e abitazioni delle relative maestranze operaie, e la prima importante opera realizzata fu proprio lo stabilimento di Mattazione e l’annesso Mercato del bestiame (Campo Boario). Dopo la dismissione degli impianti, nel luglio 1975, inizia il degrado, ma negli anni duemila il complesso viene riqualificato dal Comune per realizzare un centro culturale.

Nello stesso slargo del Mercato, la parete dell’edificio sulla destra richiama l’attenzione: si tratta di una delle più significative opere di street art del rione, “Jumping wolf”, realizzato nel 2014 dall’artista Roa con l’intento di celebrare il simbolo di Roma con una lupa contemporanea pronta a saltare per liberarsi dal disagio nello spazio che la costringe. Un murales straordinario, all’inizio non subito compreso, ma poi accettato dai condomini dell’edificio che lo ospita e dall’amministrazione municipale.


Il murales Jumping Wolf - foto Belati

DA OPERAIO A BORGHESE
Lo sviluppo edilizio abitativo  di Testaccio si svolse in tre diverse fasi: dalle cosiddette “case alveare”, edificate da privati tra il 1883 e il 1905, ai progetti realizzati tra il 1909 e il 1917 dagli architetti Giulio Magni, Quadrio Pirani e Giovanni Bellucci, per volontà dell’Istituto romano per le case popolari (istituito nel 1903) con la collaborazione del Comitato per il Miglioramento Economico e Morale di Testaccio e dell’Istituto Romano per i Beni Stabili, fino agli stabili di piazza dell’Emporio e via Marmorata, progettati da Luigi Broggi, Innocenzo Sabbatini e Innocenzo Costantini dal 1924 al 1930, e destinati ai gerarchi fascisti; in seguito vedremo le caratteristiche di queste fasi e la trasformazione del Rione da “operaio” a “borghese”. 

Alle spalle del Nuovo mercato, tra via Ghiberti e il lungotevere, troviamo i lotti della seconda fase che l’Istituto di Case Popolari affida a Magni, nel 1909, da realizzare con “alloggi decorosi” a “costo accessibile”, a differenza di quelli costruiti dai privati nella prima fase. Veniva così migliorata la ventilazione e l’illuminazione delle abitazioni, previsto un ambiente cucina dotato di lavello in cemento, pareti maiolicate e acqua corrente, ma non c’erano né impianti per luce e gas né bagni, collocati in locali comuni, al piano terreno.

IN PIAZZA SANTA MARIA LIBERATRICE
Poco più avanti su piazza S. Maria Liberatrice, si staglia imponente la chiesa di Santa Maria Liberatrice, realizzata tra il 1906 e il 1908. Il progettista Mario Ceradini scelse lo stile architettonico romanico-bizantino per richiamarsi alle due chiese di cui quella di Testaccio avrebbe raccolto l’eredità. La prima era una chiesa del XVII sec., demolita nel 1900 per gli scavi del Foro Romano, denominata Sancta Maria libera nos a poenis inferni. Tale demolizione aveva messo in luce i resti di un’altra chiesa più antica: quella di Santa Maria Antiqua, la prima delle chiese romane dedicate a Maria, costruita dai Bizantini nel cuore del Foro Romano nel VI secolo. Ma la bellezza e unicità della chiesa di Testaccio sono date dalle figure musive della facciata, disposte su due piani, che riproducono gli affreschi ritrovati proprio nell’antica chiesa di S. Maria Antiqua.
La Chiesa di Santa Maria Liberatrice - foto Marzano

Accanto alla Chiesa vennero costruiti un oratorio, scuole diurne e serali, per accogliere i tanti giovani che in quegli anni non avevano nel Rione alcuna struttura sociale pubblica. Sempre molto frequentato è il giardino pubblico della piazza sulla quale si affaccia il teatro Vittoria, nato nei primi anni del ‘900, nel quale si esibirono attori e attrici che poi avrebbero scritto la storia del teatro e del cinema italiano: Aldo Fabrizi, Totò, Anna Magnani, Claudio Villa, Renato Rascel. 

Prima di lasciare la piazza ricordiamo anche che, al civico 18, nacque e trascorse parte della sua adolescenza la cantante Gabriella Ferri, come indicato da una targa in sua memoria del 2010 che ricorda i versi della sua famosa canzone “Sempre”: “anche tu così presente/così solo nella mia mente/ tu che sempre mi amerai...”

SULLE TRACCE DI ELSA 
Si continua per via Rubattino, Lungo Tevere Testaccio, via Gessi, via Vespucci; in questa zona dal 1914 al 1917 l’ICP commissiona la progettazione di diversi lotti a Pirani e a Bellucci e la loro costruzione alle cooperative edili romane. È il periodo in cui si afferma l’idea che un giusto impiego di materiali durevoli, quali i laterizi e le maioliche, porta ad una diminuzione, nel tempo, delle spese di manutenzione degli edifici, soprattutto quando si tratti di edifici a più piani riuniti in un isolato o in un quartiere urbano. Scriverà infatti Pirani: «Ho sempre avuto a cuore i problemi sociali; e ho voluto costruire per il popolo, partendo però da basi solide. Ho edificato case economiche inquadrando questo aggettivo nel suo giusto significato; economia non significa risparmio sulla qualità. Economia significa rendimento, durata» 

Quanto sarebbe importante oggi che venissero ricordate queste parole! In questi edifici, realizzati in laterizi rossi, è presente il bagno in ogni casa; inoltre all’interno di ogni lotto vengono lasciati spazi liberi e zone destinate a verde ove sono previsti anche locali per servizi comuni come il lavatoio (chiamato “bucataio”) e lo stenditoio.
 

Edificio in laterizio - foto Belati

Ci inoltriamo in alcuni di questi cortili: ci sembra ancora di sentire il vociare degli abitanti e i giochi dei bimbi! in alcuni di essi si trovano piccoli edifici destinati a “Casa dei bimbi”, voluti dal direttore dell'Istituto Romano Beni Stabili, Eduardo Talamo, per risolvere il problema dei figli dei lavoratori; tali scuole, già presenti nel territorio romano, applicavano il metodo educativo di Maria Montessori. 

È in uno di questi alloggi, in via Amerigo Vespucci 41, che Elsa Morante visse i suoi primi 10 anni di vita, ed è in queste vie che la scrittrice ambienta una parte del suo famoso libro "La Storia”. Via Vespucci termina in via Marmorata proprio all’altezza degli edifici fatti costruire tra il 1924 e il 1930. Alla sinistra c’è il palazzo in stile barocchetto che fu chiamato negli anni Cinquanta “Cremlino” perché ospitava la più grande sezione del Pci: e pensare che faceva parte delle abitazioni costruite per l’insediamento, in questa zona popolare, dei gerarchi fascisti! A destra si incontrano due edifici progettati da Sabatini nel 1930, quello al n. 149 ha conservati nel cortile i resti di un edificio di età romana, probabilmente una “schola”, rinvenuta durante gli scavi di fondazione. All’attico era collocato l’atelier di Giacomo Balla, artista e pittore futurista.

PIAZZA TESTACCIO, NATA DAL BASSO
Si ritorna nelle vie interne e si raggiunge piazza Testaccio; ora la piazza si presenta elegante e confortevole ma come era quando si chiamava piazza Mastro Giorgio? La storia e l’evoluzione di questa piazza è molto lunga: nacque su pressante richiesta degli abitanti, nei primi anni del Novecento, perché venisse lasciato uno spazio comune al fine di limitare l'intensa urbanizzazione che qui si stava sviluppando proprio in quegli anni; infatti le abitazioni che circondano la piazza erano state costruite nel 1883 dall’impresa privata Marotti con la tipologia a “blocco chiuso”, già all’epoca definito “caserma” o “alveare umano”. Gli edifici presentavano un piano terra destinato ai negozi, un piccolo cortile con dei ballatoi dai quali si accedeva agli appartamenti, senza servizi di gas e acqua. 

Inoltre in quegli anni le strade intorno non erano selciate e non veniva raccolta l’immondizia per cui gli spazi vuoti diventarono depositi. Nel 1907, con il subentro dell’ICP, tutta la zona venne migliorata mentre fu creata la piazza che ben presto divenne la sede di uno degli storici mercati rionali della capitale e rimase tale fino al 2012. Infatti, a seguito della riqualificazione della piazza, avvenuta fra il 2012 e il 2015, il mercato è stato trasferito nella nuova sede che abbiamo incontrato, mentre è stata ricollocata al centro la splendida “Fontana delle Anfore”, realizzata dall'architetto Pietro Lombardi nel 1927 proprio per questo spazio pubblico ma che nel 1936, per problemi di cedimento del terreno, era stata spostata a Piazza dell’Emporio. 


La Fontana delle Anfore - foto Bucci

SCUOLE, CASERME E UFFICI POSTALI
Proseguendo la passeggiata si incontra in via Galvani la scuola “Edmondo de Amicis”, prima scuola del rione inaugurata nel 1908 come scuola elementare, quindi ad angolo con via Marmorata, la Caserma dei vigili del fuoco, opera dell’architetto Fasolo, inaugurata nel 1929. La caserma presenta alcune innovazioni per quell’epoca: l’autorimessa ha un caratteristico andamento semicircolare con sette grandi porte dalle quali potevano uscire i mezzi d’intervento in qualsiasi direzione; l’alta torre, nuova sperimentazione architettonica, era destinata alle manovre di scala e all’asciugatura dei tubi per una loro migliore manutenzione. Oggi il seminterrato dell’edificio ospita il Museo “Roma città del Fuoco”, con ricostruzioni ed oggetti d’epoca che illustrano l’attività dei Vigili del Fuoco dall’epoca antica a quella contemporanea.    

Poco più avanti, possiamo ammirare un’opera architettonica razionalista, l’Ufficio Postale realizzato nel 1933 dagli architetti Adalberto Libera e Mario De Renzi. Il fabbricato ha un’ampia cordonata che lo collega a via Marmorata. Si articola in tre corpi con funzioni distinte: il corpo di fabbrica a forma di C con tre piani per gli uffici; il salone per il pubblico con una copertura in vetro-cemento, nella zona bassa, tra le due ali dell’edificio alto; il portico che unisce le due strutture e domina la cordonata. 

L’Ufficio Postale realizzato nel 1933 dagli architetti Libera e De Renzi - foto Belati

Situato di fronte all’Ufficio Postale si trova un piccolo fabbricato color ocra, costruito intorno alla metà del XVIII sec: si tratta dell'antico deposito dei proiettili e materiali esplosivi della Compagnia dei Bombardieri di Castel S. Angelo, che per lungo tempo avevano avuto il loro poligono di tiro proprio sul Monte Testaccio.

Siamo arrivati alla fine della nostra passeggiata in questo rione che è riuscito a conservare, nel corso del tempo, il suo originario spirito popolare, ad accogliere spazi di cultura per la musica, il teatro, il cinema e a mantenere l’antica tradizione della cucina romana nei suoi moltissimi locali.


Il gruppo dei Volontari e amici Touring di Roma - foto Belati