Vi immaginate a camminare per giorni e giorni a meno quaranta gradi, con il vento gelido che vi sferza il corpo mentre trainate una slitta da venti chili? E poi, prima della notte, ad accamparvi in mezzo alla neve, montare un fornelletto senza congelare e sentire gli occhi dei lupi che vi puntano?

C'è da chiedersi perché un essere umano dovrebbe mettersi in una situazione del genere. Noi lo abbiamo domandato a Omar Mohamed Ali, che nonostante il nome arabo è un 34enne italiano appena partito per una delle gare più dure del mondo, l'Iditasport, in Alaska: 350 miglia (ovvero 560 chilometri) da percorrere in soli 9 giorni a temperature oscillanti tra i -30 e i -35 gradi. Una vera e propria impresa, a cui pochi hanno l'onore di partecipare e che pochissimi riescono a portare a termine.  

Omar, com'è nata questa tua passione per le grandi sfide a piedi in un ambiente così ostile?
Tutto nasce da un grande amore per la montagna, che io ritengo la "mia maestra". Da sempre l'ho frequentata, anche per lavoro, ma solo dal 2013 ho iniziato a correrci, provando ad affrontarla con velocità e leggerezza. Dopo molti trail in ambiente alpino, però, ho capito che cercavo qualcosa di più. Avevo voglia di purificare il pensiero, di togliermi di dosso Facebook e i telefonini, di cercare qualcosa che somigliasse di più a una sfida di sopravvivenza. Così nel 2016 ho provato a fare la Yukon Arctic Ultra, in Canada. E mi sono innamorato di quest'esperienza.

La Yukon Arctic Ultra è una delle gare più dure del mondo: 300 miglia (480 km) in completa autonomia in un territorio selvaggio, dove le temperature arrivano a -35 °C. Una sfida straordinaria.
Quando ho iniziato la corsa, a Whitehorse, non sapevo bene che cosa mi sarebbe successo. Si trattava di camminare per 65 chilometri al giorno, trainando una slitta di 22 chili contenente tutto il necessario per sopravvivere. Sopravvivere è proprio il verbo giusto: ogni giorno dovevo capire quando bere, quando mangiare, dove mettere la tenda, come fare a togliere i guanti o le calze senza congelare. Pensieri semplici e vitali nello stesso tempo. Primitivi. Ho dovuto imparare strada facendo a vincere la stanchezza, la paura, il freddo, la fame, la sete con la sola forza di corpo e mente.

Ci sono stati momenti in cui hai pensato di mollare?
La forza mentale è tutto, in questo genere di sfide. Non puoi permetterti di uscire di testa, la fatica non può prendere il sopravvento. Non ti dico le alluncinazioni che vengono mentre si cammina: vedi cose che non esistono! I primi giorni avevo sbagliato scarpe, mi sono venute 4 vesciche per piede. E figurati che le avevo lasciate fuori dal sacco a pelo: immaginati cosa significhi svegliarsi la mattina e trovare le scarpe congelate. Ben presto ho capito anche a non avere paura di lupi e alci, che possono essere molto più pericolose dei lupi. E poi ho trovato la compagnia di Davide Ugolini, con cui sono arrivato fino al traguardo, ci abbiamo messo 7 giorni e 12 ore: essere in due ci ha aiutato molto, ci siamo dati man forte l'uno con l'altro.

Davide sta partendo con te per la prossima sfida in Alaska: bisogna essere ben affiatati per condividere un'esperienza del genere...
Certo, bisogna scegliere il compagno giusto, si deve avere non solo lo stesso ritmo ma anche lo stesso spirito. Si corre il rischio di assorbire troppo lo stato d'animo dell'altro. Sia io sia Davide siamo personi forti e positive, pronte a risolvere i problemi piuttosto che a piangerci addosso. E poi bisogna avere lo stesso livello di preparazione: per esempio per questo genere di esperienza non serve correre, ma camminare. 

L'Iditarod è uno dei percorsi più famosi del mondo. Era l'inverno del 1925 quando un'epidemia di difterite colpì la città di Nome: dato che le condizioni meteo erano pessime, si riuscì a far arrivare l'antitossina solo con i cani da slitta (tra cui il famoso Balto). Una vera e propria impresa. Da allora il terribile percorso Anchorage-Nome è diventato uno dei più ambiti dai musher ma anche da molti sportivi. Cosa farete voi?
Io e Davide parteciperemo all'IditaSport, una competizione di 350 miglia che seguendo il percorso dell'Iditarod parte da Knick e arriva a Mc Grath. Le condizioni sono talmente ostili che soltanto poche persone sono invitate a partecipare: bisogna dimostrare di aver dimestichezza con l'ambiente e aver affrontato esperienze simili. C'è chi fa il tracciato con le biciclette, noi andremo a piedi, trainando la nostra slitta, seguendo i fiumi gelati, sperando che faccia abbastanza freddo e di non trovare neve molle. L'obiettivo come sempre non è di vincere, ma di arrivare: noi pensiamo di metterci nove giorni.

Che cosa vi portate dietro? 
La tenda, un materassino, ricambi intimi, un cambio di pantalone-maglia-parka-piumone (nel caso si cada in acqua), moffole, guanti, bastonicini, cibo liofilizzato e disidratato, termos per l'acqua (che sciogliamo dalla neve) e per il tè, un kit di pronto soccorso. Ovviamente il GPS, con cui lanciare l'allarme in caso di pericolo - abbiamo a disposizione un pulsante per dire che abbiamo dei problemi ma non siamo in pericolo di vita, un altro pulsante per comunicare che abbiamo urgente bisogno di soccorsi. 

Quante volte mangerai durante il giorno?
Bisogna cercare di seguire ritmi normali, anche se non è per niente facile. Spesso non hai né fame né sete: devi obbligarti a mangiare e soprattutto a essere idratato. Bere almeno tre litri d'acqua al giorno è essenziale. 

È un'esperienza costosa? 
Molto. L'iscrizione costa parecchie centinaia di dollari, e poi c'è il viaggio. Ho trovato alcuni sponsor tecnici, come Yeti e Napapjiri, che mi hanno offerto il materiale, e altri che hanno finanziato l'impresa, come Luciano Ponzi investigazioni (il mio ex datore di lavoro). Io e Davide abbiamo lavorato parecchio per trovare i fondi per partire!

Omar, tu sei un ex militare e oggi ti dedichi all'attività di coaching. Tutti possono ambire a fare una cosa simile? Perché consiglieresti quest'esperienza a chi ti sta leggendo?
Perché è bellissimo mettersi alla prova, trovare il piacere nella fatica, scoprire quanta forza si abbia in corpo semplicemente vedendo un'aurora boreale sopra la propria tenda. Uno dei miei sogni è proprio quello di formare un gruppo di persone interessate all'esperienza, prepararlo per un anno, portarlo nello Yukon e fare insieme 100 miglia di strada: secondo me con la giusta determinazione e la preparazione perfetta tutti possono provare a vivere nel deserto bianco. E condividere è parte del viaggio!

INFORMAZIONI
Il sito di IditaSport, dove seguire il viaggio di Omar e Davide giorno per giorno (il nickname di Omar è OmarWolf). Arrivo previsto l'1 marzo!