Templi megalitici e cavalieri, la grande eredità di Malta
 
2-8 gennaio 2024 
Disponibilità: prenotazioni aperte 
Ma perché la civiltà preistorica maltese rimane ancora sconosciuta al grande pubblico? È una domanda che sorge spontanea, quando ci si trova di fronte ai templi megalitici di Malta e di Gozo. Sono talmente grandi, imponenti, raffinati nella loro concezione, straordinariamente preservati. E soprattutto antichi, molto antichi, più antichi delle piramidi egizie, di Stonehenge, di molte strutture complesse a noi conosciute. Ecco, come è possibile che Stonehenge sia così più noto? Che i menhir di Carnac siano così più visitati? Non avevamo mai sentito parlare di questa civiltà, prima di approdare a Malta. Forse eravamo noi ignoranti, ma un rapido sondaggio tra amici e colleghi ci ha confermato che nessuno – tranne chi è stato sull’arcipelago, naturalmente – ne sospettava l’esistenza. C’è chi associa Malta alle scuole di inglese, chi ai cavalieri, chi alle spiagge, chi al Caravaggio. Nessuno a quel straordinario fenomeno che chiamiamo civiltà megalitica maltese, che fiorì ben cinquemila anni fa e che rimane indispensabile per capire, o meglio, per farci domande sulla storia antica del nostro Mediterraneo.
IL MUSEO ARCHEOLOGICO A VALLETTA
Ancor prima di ammirare i templi, comunque, basta entrare nel Museo Archeologico Nazionale di Valletta per comprendere subito quanto questa civiltà fosse peculiare, unica e non confrontabile con nessun’altra. Anzi, consigliamo a tutti i lettori di partire proprio da queste sale, allestite in uno degli auberge – le sedi dei Cavalieri di Malta – più belli della capitale, quello di Provenza. Qui sono conservati innanzitutto i pezzi originali ritrovati in vari templi che poi si andranno a visitare, in particolare Tarxien e Hagar Qim. Da Tarxien arriva per esempio un blocco di pietra colossale in cui sono state scolpite due gambe femminili corpulente e un frammento di gonna plissettata: è evidentemente parte di una scultura che immaginiamo gigantesca, forse una dea che doveva essere stata alta due metri e che, imponente, introduceva al tempio. Ci sono anche massi con incisioni di spirali e di processioni di animali. Da Hagar Qim provengono invece statue e statuette di divinità corpulente, spesso senza testa (che forse era amovibile e intercambiabile tra sculture); la più celebre è la cosiddetta “Venere di Malta”, una piccola scultura in argilla, alta circa 13 centimetri, che a differenza delle altre - grasse e stereotipate - è resa in maniera straordinariamente naturalistica. Risalgono tutte alla prima metà del III millennio avanti Cristo, cioè tra il 3000 e il 2500 a.C.: una datazione che fa rabbrividire. Quando parliamo di Mediterraneo, siamo abituati ad associare la parola “antico” agli Etruschi, alla Magna Grecia, magari ai Fenici. Ma qui andiamo molto più indietro nel tempo. Le uniche testimonianze scultoree di quei secoli in qualche modo paragonabili ci sembrano essere quelle delle civiltà cicladiche. 

Museo archeologico nazionale, Valletta, Malta - foto Stefano Brambilla


Statua ciclopica rivenuta a Tarxien, Museo archeologico nazionale, Valletta, Malta - foto Stefano Brambilla
 

Naturalmente non sappiamo nulla a proposito della funzione di queste antichissime opere d’arte. Possiamo solo ipotizzare. Il fatto che siano state ritrovate all’interno di templi indica che potessero avere una funzione religiosa e rituale, oppure anche soltanto simbolica. Lo stesso discorso si può fare per il capolavoro indiscusso dell’arte neolitica maltese, cui giustamente è dedicata un’intera saletta del museo: “The Sleeping Lady”, la signora che dorme, una statuetta in terracotta (12,2 cm di lunghezza, 6,8 cm di altezza) proveniente dall’ipogeo di Hal Saflieni, che rappresenta una donna sdraiata sul suo fianco destro, gli occhi chiusi, la mano destra sotto la testa, i seni nudi, i fianchi robusti e la parte inferiore del corpo vestita di una lunga donna dall’orlo plissettato. Ogni particolare è definito, anche il giaciglio su cui si è addormentata. Le si gira attorno, alla signora, la si ammira in silenzio davanti, dietro, dall’alto, e non si può credere che l’uomo maltese di 5000 anni fa sia stato così incredibilmente capace, abile, e moderno nello stesso tempo, perché la scultura risponde così bene ai nostri canoni, al nostro gusto. È talmente naturale, talmente bella che staremmo ore a guardarla - e a parlarle. Chi sei, donna che dorme? Una dea della fertilità? Un simbolo del sonno eterno? Che messaggio ci vuoi dare? Sei stata ritrovata in un tempio sotterraneo: vuoi forse condurci nel mondo nero e misterioso dell’al di là? 

The Sleeping Lady, Museo archeologico nazionale, Valletta, Malta - foto Stefano Brambilla


The Sleeping Lady, Museo archeologico nazionale, Valletta, Malta - foto Stefano Brambilla

I TRIFOGLI DI TARXIEN

Si esce dal Museo archeologico di Valletta intuendo già la complessità e l’unicità di questa civiltà preistorica (comunque, non mancate di visitare anche la parte al primo piano, dedicata all'età del bronzo e ai Fenici: è allestita in modo più moderno e ospita altri reperti interessanti). E poi ci si butta nella visita dei siti archeologici. Quelli da non perdere sono almeno cinque, ma niente paura: la visita non richiede giornate intere, i contesti sono piacevoli e Malta è talmente piccola che i tempi di spostamento tra l’uno e l’altro sono davvero ridotti. Il nostro consiglio è quello di partire da Tarxien, se non altro perché è il più vicino a Valletta e perché si vedono subito, nelle posizioni originali, quei blocchi di pietra scolpita i cui originali si sono appena ammirati nel museo.

Tempio sud di Tarxien, Malta - foto di Stefano Brambilla
 
Tarxien racconta del momento culminante della civiltà neolitica maltese, caratterizzato da costruzioni e decori elaborati: come dicevamo, siamo tra il 3000 e il 2500 a.C. È un complesso di quattro templi, posti uno adiacente all’altro, scoperti per caso nel 1913 e oggi circondati dall’agglomerato urbano di Pawla: li si visita seguendo un percorso su passerelle, che porta dapprima ad ammirare la struttura dall’esterno e poi entra in alcune sale. Si inizia qui a capire la struttura – ancora una volta peculiare – di queste costruzioni: un ingresso, segnato da grandi blocchi di pietra, porta a un corridoio ai cui lati si aprono stanze semicircolari e alla cui fine è una “abside” della stessa forma. La sagoma di ogni tempio, se vista dall’alto, ricorda a volte un trifoglio, a volte una farfalla; qualcuno dice una figura umana, con le sale laterali che potrebbero indicare gli arti e l’abside la testa. All’interno, massi a forma di panca, alcune pietre che possono avere avuto la funzione di altari, altre quella di bracieri. Ma a colpire, soprattutto, sono la grandiosità e la precisione con cui queste pietre sono state poste le une vicine alle altre a formare semicerchi perfetti: come facevano, a quel tempo, a sollevare macigni? E perché sentivano il bisogno di farlo? Cosa spingeva una piccola popolazione – si stima che l’isola, all’epoca, potesse supportare non più di 10-12mila abitanti – a spendere tempo ed energie nella costruzione di questi enormi santuari?

Tempio est di Tarxien, Malta - foto di Stefano Brambilla


Tempio centrale di Tarxien, Malta - foto di Stefano Brambilla

HAGAR QIM E MNAJDRA, ASTRONOMIA E TELONI

Le domande, come si sarà capito, non smettono di sorgere. Anzi, continuano: ogni visita ne provoca altre, spinge a cercare di capire, a conoscere di più. Procediamo: lungo la costa meridionale ci attendono i templi di Hagar Qim e Mnajdra. Il contesto è totalmente differente da quello di Tarxien: niente case, solo la verde campagna maltese e il Mediterraneo che scintilla là in fondo, oltre le scogliere.
Si entra dapprima in un piccolo centro visitatori, dove i ragazzi rimangono affascinati da un filmato in 3D che prova a far luce sui misteri di un tempo. Per noi è più interessante un plastico dei siti, in cui si capisce ancor meglio la forma dei templi – simili a quelli di Tarxien e risalenti, in una prima fase, a un’epoca ancora più antica – e si sperimenta, simulando il sole con una lampadina, quello che è un altro “segreto” incredibile di queste strutture: il loro allineamento con i raggi solari, che, all’alba, illuminavano un punto specifico delle pietre (a seconda dei templi, durante il solstizio d’estate o per indicare il cambiamento delle stagioni). Non solo provetti architetti, i maltesi antichi: anche astronomi raffinati, sulla scia di tante altre civiltà precedenti e posteriori. 

Tempio di Hagar Qim, Malta - foto di Stefano Brambilla


Tempio di Hagar Qim, Malta - foto di Stefano Brambilla
 

Poi la gradevole passeggiata per scoprire i siti. Ad Hagar Qim il tempio, su un piccolo rilievo, è grande, complesso, con numerosi altari (uno con motivi vegetali, uno a forma di fungo); le mura esterne sono formate da blocchi monolitici impressionanti, uno dei quali lungo 6,4 metri e pesante 20 tonnellate. A Mnajdra, raggiungibile con un sentiero in discesa, il mare è ancora più vicino, con l’isolotto di Filfla che occhieggia da lontano; qui i templi sono tre, disposti a ventaglio, e la suggestione aumenta mentre si entra e si esce dalle sale e dalle camere, soprattutto se si è sul far della sera. Il tempio centrale ha absidi perfette; nel tempio est si trova un megalite sapientemente perforato che ci mostra alcune costellazioni.
Li proviamo a immaginare, i popoli del 3500 a.C., che al sorgere del sole sul mare affollavano gli spazi esterni ai templi e si preparavano a chissà quali riti. Chissà chi poteva entrare in questi templi, chissà cosa si faceva al loro interno. Non abbiamo possibilità di fare confronti con altre civiltà vicine, semplicemente perché non esistevano altre civiltà vicine che abbiano lasciato strutture così complesse. E questo porta a nuove domande: da dove venivano queste genti? Perché uscirono dalle grotte – dove la loro presenza è documentata sin dal 5000 a.C. – e si misero a costruire templi giganti? Perché proprio qui – e non, per esempio, in Sicilia, che dista meno di 100 chilometri? E perché così tanti, visto che su Malta e Gozo sono stati ritrovati almeno trenta complessi diversi?

Monolite lungo 6,4 metri, mura esterne del tempio di Hagar Qim, Malta - foto di Stefano Brambilla


Tempio centrale di Mnajdra, Malta - foto di Stefano Brambilla
 

Ci rendiamo conto, stiamo esagerando con questi punti interrogativi. Ma forse è anche questo il bello di una storia del genere: non c’è nulla di scontato, di già scritto. Ognuno può fantasticare di fronte a queste pietre, può tornare indietro del tempo e immaginare un uomo a cui si accese una lampadina, disse agli altri “adesso costruiamo templi”, e incredibilmente riuscì a concretizzare l’idea. Ci sediamo sotto il telone bianco di Mnajdra a prender fiato. Già, il telone: una grande copertura, che non tocca i templi ma li sormonta come un tetto, è stata posta nel 2010 per difendere le antiche pietre di Mnajdra, Tarxien e Hagar Qim dagli agenti atmosferici. Tutti questi templi, in effetti, fino all’Ottocento o al Novecento giacevano sotterrati e dunque protetti grazie alla terra dalle avversità esterne; furono equipe di esploratori e poi archeologi, in particolare Themistocles Zammit, il padre dell’archeologia maltese, a rivelarli al mondo. Qualcuno dice che il telone toglie fascino ai luoghi; ma dobbiamo anche pensare che i templi avevano una copertura, quando furono costruiti: non si poteva vedere il cielo dalle loro sale, non ci si immergeva nel sole del Mediterraneo. Lo dimostrano alcuni modellini ritrovati all’interno delle strutture e anche una facciata stilizzata, incisa su uno dei templi di Mnajdra – quasi un progetto disegnato dagli architetti per l’impresa costruttrice. Entrando nei templi, insomma, ci si isolava da luce e rumori. I teloni di oggi permettono di ritrovare un po’ di quell’antica e intima atmosfera. E ci sembra quasi che i turisti attorno a noi, grazie a queste moderne coperture, siano meno chiassosi e rumorosi del solito.


Templi di Mnajdra, Malta - foto di Stefano Brambilla


Mura esterne del tempio di Hagar Qim, Malta - foto di Stefano Brambilla

LA VERTIGINE DI GGANTIJA

Anche se pensate di averne già visti abbastanza, c’è un quarto sito che dovete ancora esplorare. È quello di Ggantija e vale il (breve) viaggio per raggiungerlo, visto che si trova a Gozo, l’isola più piccola e più rurale, a mezzora di traghetto da Malta. Non dovete esplorarlo soltanto perché è il sito più antico, le cui prime costruzioni risalgono addirittura al 3500 a.C. – e dunque la vertigine temporale si fa ancora più roboante – ma per varie altre ragioni. La prima è perché Ggantija è immerso nella bellissima campagna di Gozo, con i campi che si perdono all’orizzonte e le cupole dei tanti paesi dell’isola che svettano all’orizzonte. La seconda è che i due templi del sito sono ancor più ciclopici degli altri, con massi giganteschi di calcare corallino a formare le loro mura esterne. Quando si passeggia accanto a queste enormi pareti si percepisce una potenza straordinaria: è come se davvero queste costruzioni fossero state erette da quei giganti che hanno dato loro il nome. Qualcuno sostiene che le tante pietre rotonde che si vedono qua e là sarebbero servite per far rotolare i blocchi durante la fase costruttiva; qualcuno dice che è impossibile.

Templi di Ggantija, Gozo - foto di Stefano Brambilla


Tempio nord di Ggantija, Gozo - foto di Stefano Brambilla

Un altro mistero, cui si aggiungono quelli delle sculture conservate nel piccolo e moderno museo del centro visitatori, un altro motivo per cui non potete perdere Ggantija: provengono dal cerchio di Xaghra, un sito vicino, e ancora una volta sono incredibili. Nove statuette furono trovate l’una accanto all’altra, come se fossero state messe in una scatola o in un sacco: la loro testa è abbozzata, la parte inferiore invece è squadrata, non dettagliata, come se fossero state concepite per tenerle in mano. Forse erano marionette sacre manipolate durante le cerimonie? C’è poi un altro capolavoro dell’arte preistorica maltese, una statuetta che richiama le grasse Veneri viste a Valletta, ma qui i personaggi sono due, seduti su un letto a fianco l’uno dell’altro: forse due donne, con gonne ancora una volta plissettate e sul grembo una tazza e un bambino (forse). La prima porta i capelli sciolti, la seconda ha una coda di cavallo. Chissà se conoscevano la Sleeping Lady.

Statuette votive, Ggantija Interpretation Center, Gozo - foto di Stefano Brambilla


Statuetta con due figure sedute, Ggantija Interpretation Center, Gozo - foto di Stefano Brambilla

HAL SAFLIENI, IL CAPOLAVORO FINALE

E poi, c’è ancora un tocco finale, il fuoco d’artificio che potreste tenere per ultimo, nella vostra esplorazione della preistoria maltese. Bisogna tornare nei dintorni di Valletta, per trovarlo, e per una volta non guardare sopra la terra, ma sotto. Perché nel 1902, durante gli scavi di un cantiere, gli operai si accorsero che non erano soltanto cavità naturali, quelle presenti nel sottosuolo a Hal Saflieni: si trattava di un “ipogeo” vero e proprio, dove alle grotte appena sotto il livello del suolo erano collegati cunicoli più profondi e vere e proprie stanze scavate dall’uomo con utensili rudimentali. L’opera, ancora una volta, è incredibile. Gli archeologi, con il tempo, hanno rinvenuto ben tre livelli sovrapposti che scendono fino a 11 metri sotto il suolo, per una superficie complessiva di circa 500 metri quadri. Si avanza tra passaggi, gallerie, scale, porte scolpite, colonne di sostegno, nicchie, finestre non credendo ai propri occhi, mentre un’audioguida spiega le somiglianze tra i templi esterni e questo che doveva essere un cimitero sotterraneo: qui sono state esumate quasi settemila spoglie, oltre a essere rinvenuti vasi, amuleti e statue (la Sleeping Lady, per esempio). La stanza detta Sancta sanctorum è ornata da cerchi e spirali rosse, la stanza dell’oracolo amplifica la voce.
I nove turisti insieme a noi (gli ingressi a Hal Saflieni, per motivi di conservazione, sono limitati a gruppi di dieci persone ogni ora) ci paiono basiti. Chissà se anche nei loro pensieri c’è il nostro stesso stupore. Il mistero di un popolo che arrivò da qualche costa vicina, magari dalla Sicilia, che per secoli elaborò forme di architettura e scultura uniche al mondo e che poi, verso il 2500 a.C., ovviamente per ragioni ignote, si dissolse nel nulla. Le tracce storiche successive ritrovate sull’arcipelago indicano culture molto meno raffinate: forse erano diventati troppi, i maltesi, forse lo stress sociale troppo difficile da gestire, forse emigrarono altrove perdendo memoria di quello che avevano creato. Chissà. A distanza di cinquemila anni, la civiltà che ci ha lasciato Hal Saflieni e la Sleeping Lady rimane uno dei grandi misteri del Mediterraneo.


L'ipogeo di Hal Saflieni, Malta - foto Visit Malta


L'ipogeo di Hal Saflieni, Malta - foto Visit Malta

 
INFORMAZIONI
Come visitare musei e templi
- Tutte le info sono sul sito di VisitMaltawww.ilblogdimalta.com. Sullo stesso sito trovate miniguide scaricabili gratuitamente e potete ascoltare i podcast tematici realizzati dall'ente.
- I musei e i siti descritti sono gestiti da Heritage Malta (heritagemalta.mt) e sono generalmente aperti tutti i giorni dalle 9 alle 16.30 (biglietti all'ingresso). Fa eccezione l'ipogeo di Hal Saflieni, che è aperto dalle 9 alle 17 ed è visitabile soltanto con prenotazione su questa pagina dedicata (gruppi di 10 persone ogni ora; consigliabile prenotare molto in anticipo).

Libri, viaggi e articoli
- Touring ha pubblicato tre guide su Malta: la Guida Verde (2016), la Guida Routard (2018) e la Cartoville (2020). Le trovate tutte sul nostro store online, nei Punti Touring e in tutte le librerie.
- Altri nostri articoli dedicati a Malta: 
  - Perché scegliere Valletta e Malta per un weekend invernale
  - Camminare a Malta: i luoghi migliori per il trekking
 

Templi megalitici e cavalieri, la grande eredità di Malta
 
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