La storia delle “donne volanti” inizia nel 1783, quando la cantante d’opera Elisabeth Thible prende posto come passeggero sulla navicella del pallone “Gustave”, a Lione. Passano solo 14 anni, ed ecco che Ernestine Henry e Jeanne Labrosse si alzano in volo con il primo pallone tutto al femminile. Da allora la storia delle donne volanti è un crescendo di imprese e di record straordinari.
A ricomporre il complesso puzzle delle vite e delle gesta di queste aviatrici ci pensa la bella mostra fotografica L’altra metà del cielo. L’epopea delle donne volanti, in corso fino al 17 maggio all’Archiginnasio di Bologna e curata da Angelo Emiliani, Paolo Varriale e Mauro Antonellini. Un omaggio alle donne malate di “febbre aviatoria”, che hanno sfidato (e vinto) i tanti pregiudizi che relegano le donne a “ruoli deboli” e le vedono incapaci di realizzare imprese di cui invece si dimostrano puntualmente all’altezza. Una bella passeggiata, quella bolognese, tra le immagini storiche di grandi aviatrici che hanno lasciato memoria di sé in terra e in cielo. Capita, così, di incontrare la francese Elise Deroche (1886-1919), che si stanca presto di fare l’attrice e ottiene, prima donna al mondo, la licenza di pilota con cui batte numerosi record di volo, prima di morire durante un atterraggio; oppure l’americana Amelia Earhart (1898-1937), che nel 1937 si mette in testa di fare il giro del mondo: raggiunge Porto Rico, l’Africa, attraversa il mar Rosso e giunge a Calcutta; dopo Bangkok e Singapore, riparte verso l’Australia e la Nuova Guinea ma, durante la traversata del Pacifico, lancia l’allarme carburante: l’aeroplano scompare e Amelia e il suo co-pilota entrano nella leggenda. Tra i miti dell’aviazione, anche Amy Johnson Mollison (1903-1941), la prima donna a volare da sola dalla Gran Bretagna all’Australia e annegata nel Tamigi in seguito a un lancio d’emergenza con il paracadute.
Bello trovare anche qualche italiana, come Rosina Ferrario, milanese classe 1888, o Gabriella Angelini (1912-1932), che muore giovanissima durante un volo da Milano a Delhi. E che gli eroi sian “tutti giovani e belli” lo dimostrano le fotografie di queste donne, sempre sorridenti e fiere accanto ai loro aeroplani, mai disposte a rinunciare alla loro femminilità. “Indossavo una tuta di volo come tutti gli aviatori, ma sempre molto femminile perché si vedesse che ero donna”, afferma la spagnola Dolores Vives Rodòn, classe 1909, quasi a rimarcare che lo scarto tra l’essere donna e il coraggio e la determinazione esiste solo nella mente intrisa di pregiudizi di chi resta a terra a guardare.