Manuel Vázquez Montalbán della vita amava molte cose: il buon cibo, meglio se con una storia alle spalle e un sapore deciso, non per forza locale, gastronomicamente si definiva eclettico. Il calcio nella versione blaugrana, ovvero con i colori del Barcellona da molto prima che Messi indossasse gli scarpini, una squadra che rappresentava qualcosa di più di undici giocatori, era un manifesto dell’antifranchismo.
Poi la politica militante, meglio se nella versione di sinistra tendente all’anarchico, politica di cui aveva fatto parte attivamente in gioventù, finendo in una prigione del Generalissimo. E poi, ovvio, la letteratura, che produsse copiosamente durante tutta la sua vita: saggi, romanzi, articoli di giornale, libri di viaggio, gialli. E che gialli.
EL NIÑO DEL BALCON
Ma più di tutto amava Barcellona, la sua città. Lo racconta Giuliano Malatesta ne "El niño del balcón", un libro (pubblicato da Giulio Perrone Editore nella collana Passaggi di dogana dedicata alla relazione viscerale tra scrittori e città) che ricostruisce l’atmosfera della Barcellona in cui visse, tra gli anni Sessanta e la fine del secolo scorso, Manuel Vázquez Montalbán.
Un viaggio letterario e umano in una città sempre bellissima che però non c’è più. Una città, quella, anarchica e socialista, popolare e lavoratrice, intellettuale e ribelle, sporca e cadente; in una parola, affascinante che forse i milioni di turisti che quotidianamente l’affollano non amerebbero. Una città cambiata grazie (o per colpa) della modernizzazione post-olimpica. «Modernizzazione: sembra un bella parola, invece è una spietata ramazza» scrive Gianni Mura nell’introduzione al volume di Malatesta.
IL RAGAZZO DEL RAVAL
Montalbán era nato al Barrio chino, all’11 di calle Botella, quasi un segno del destino, per un uomo appassionato del buon bere quasi quanto del buon mangiare. Ai suoi tempi era la zona povera e malfamata di Barcellona. Piccoli e grandi delinquenti, prostitute, spacciatori, ma anche famiglie operaie assai di sinistra. I turisti ancora non si avventuravano, gli scrittori sì, perché tra calcinacci, odor di piscio e travestiti era qui che si trovava la materia viva che diventava romanzo. E poi lui lì c’era nato, anche se da grande si era trasferito in collina, a Vallvidera Superior, in una grande casa rosa tra i pini marittimi, con la città che si stiracchiava quattrocento metri più in basso.
LA CITTÀ SCOMPARSA
Adesso che Barcellona è la città più turistica che ci sia, anche il Barrio chino – che vale i carrugi di Genova o i vicoli dei Quartieri Spagnoli a Napoli – è diventato un quartiere turistico. Espulsi gli abitanti storici, avanti con gli appartamenti turistici. Di questa evoluzione della città Vázquez Montalbán avrebbe scritto cose tremende, non fosse morto all’aeroporto di Bangkok nel 2003.

 
Nel 1991, un anno prima delle Olimpiadi da tutti celebrate come la rinascita dalla capitale catalana, già metteva in guardia dallo snaturamento della sua città: «Denuncio l’intenzione di sfasciare l’anima di questa città, che cominciò con Franco e si avviando alla conclusione con l’assalto degli yuppie». E chissà cose avrebbe detto della chiusura di Casa Leopoldo, l’antica trattoria del Raval che per un periodo aveva eletto a ufficio personale. Si sarebbe dannato, costando che alla fine gli yuppie hanno vinto e, ironia della sorte, in città organizzano tour sulle orme di Pepe Carvalho, il detective alter ego di Vázquez Montalbán.
UN GIRO CON PEPE CARVALHO
Origini galiziane, laureato, comunista, ex agente della Cia, gastronomo, cuoco, filosofo, innamorato di una puttana, bruciatore di libri è attraverso i passi di Pepe Carvalho che si scopre la Barcellona di Montalbàn. Non serve neanche prendere una guida: basta leggere gli oltre venti romanzi del ciclo gastro-poliziesco-metafisico che hanno come protagonista il detective e si trova tutto: indirizzi di bar, mercati, ristoranti, bellezze e orrori della città che cambia. Pagina dopo pagina, partendo da Ho ammazzato JFK (il primo dei 25 volumi della serie) si costruisce la geografia della Barcellona di Montalbàn.
La piazza che la città di Barcellona ha dedicato a Montalban
Cantore cui la città stessa ha reso omaggio con una piazza, «la plaza dura” al centro del Raval, uno dei quattro quartieri della città antica. «Molto cemento, poco verde, nessun riferimento alla storia passata» scrive Malatesta. «Un posto dove Pepe Carvalho si fermerebbe solo per pisciare» rincara Gianni Mura. «Quasi un falso storico: come ricordare un astemio con un monumento fatto a bottiglia di vino». E allora per ricordare Manuel Vázquez Montalbán, ma anche per rivivere quelle atmosfere ben venga questa passeggiata letteraria che ripercorre la sua Barcellona, giocando con la memoria e divincolandosi dai luoghi comuni.
COMPAGNI DI VIAGGIO
Della Barcellona di Manuel Vázquez Montalbán si parlerà mercoledì 31 maggio alle 18.30 al Punto Touring di Corso Italia 10. Ne discuteranno Giuliano Malatesta, autore de El niño del balcón, e Hado Lyria, traduttrice di Montalbán che dialogheranno con Silvestro Serra, direttore di Touring.
La piazza che la città di Barcellona ha dedicato a Montalban