BORGHI D'ARTISTA

A 40 chilometri da Roma c’è un luogo che dista anni luce da Roma. Arrivarci, basta un’ora. Venire via, è tutta un’altra storia. Quel luogo è Calcata, Bandiera arancione nel Viterbese. Meglio, Calcata vecchia, il centro storico, arroccato su un minuscolo sperone tufaceo, come molti altri paesi qui intorno. E qui iniziano e finiscono le somiglianze, perché in un mondo globalizzato Calcata è un luogo unico. Sulla rupe oggi vivono stabilmente una sessantina di persone. Un terzo sono italiani, nessuno è nato qui. Sono arrivati tutti tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta. Allora Calcata stava morendo, spopolata. Costantino Morosin, pittore, scultore di Castelfranco Veneto (Tv), è stato uno dei primi. Quelli della rinascita. Quelli del mito di Pasquale e della città degli artisti.

La rinascita

«Ero stato in Africa per girare documentari di antrolopogia sociale, e un giorno da Roma capitai qui. Ebbi come una visione: qui la Storia affiora dappertutto. Sotto casa mia, quella che poi divenne casa mia, ho riscoperto e collegato quattro livelli di grotte che risalgono al neolitico». Morosin ristruttura assieme a un gruppo di dieci artisti le abitazioni del centro storico abbandonate («ma le abbiam pagate, mica ce le hanno regalate...» ci tiene a precisare). Pasquale è il muratore che lo aiuta, che aiuta un po’ tutti. Lavora spesso da solo e non ha nemmeno grandi pretese economiche. Spesso si ferma la sera a bere qualcosa con i nuovi cittadini di Calcata, e nasce così la leggenda del muratore che ha ristrutturato tutto il paese da solo, facendosi pagare in vino e non in lire. Ma è, appunto, una leggenda. Di vero c’è che in vent’anni queste poche persone hanno messo in sicurezza il borgo sobbarcandosi lavori di consolidamento e chiodatura, scongiurando rischi di crolli.

Un museo tutto naturale

Con Morosin arrivò Giancarlo Croce, ex insegnante, fotografo e pittore. In quegli anni arrivarono jazzisti, architetti, burattinai, coreografi, registi e anche Anne Demijttenaere, pittrice e scultrice belga. Insieme nel 1994 creeranno il museo d’arte naturale Opera Bosco, percorso di installazioni realizzate con materiali trovati sul posto e visitabile tutto l’anno: basta chiedere a lei, o a lui, o anche andarci da soli seguendo, dalla città bassa, che qui chiamano città nuova, le indicazioni per la località Colle. Spiega Anne sul suo sito internet: «La straordinaria anomalia del borgo medievale di Calcata è quella di contenere, in un piccolo e suggestivo spazio, un’altissima concentrazione di artisti, artigiani, ambienti d’arte e di ristoro. Tale caratteristica va salvaguardata e promossa». Per questo è nata un’associazione senza scopo di lucro, Calcata Borgo Medievale, che mette in rete tutti gli artisti e gli artigiani del borgo e si prefigge «di promuoverne lo sviluppo culturale, sociale ed economico».

Oggi Morosin tiene aperte le porte del suo studio-atelier-pensatoio-abitazione per i turisti, ma soprattutto per i giovani: «Sto attrezzando uno spazio dove sia possibile portare avanti una ricerca creativa. Abbiamo avuto il consumismo di massa, perché non potremmo avere la creatività di massa? Diamo ai giovani gli strumenti per creare e per conoscere, conoscere anzitutto la bellezza della natura che li circonda: la ameranno e la proteggeranno. C’è in ballo il futuro, un futuro che è più loro che nostro».

L’arte si svela da sola

Laura Ramoino e Gian Piero Navarra fan parte della seconda generazione, quelli arrivati quando già il borgo era diventato famoso tra gli hippy e gli artisti di tutta Europa. Racconta Laura: «Negli anni Novanta organizzavo mostre ed eventi. Ne curai una con Gian Piero a Calcata, ci fermammo 15 giorni e questa atmosfera unica ci conquistò. Alla prima occasione, era il 2005, comprammo uno spazio nostro dove fare una galleria d’arte». Nasce così Le tele tolte, spazio espositivo per artisti emergenti di qualunque corrente, idea, stile o materiale. La parola d’ordine è libertà, nessun condizionamento. «Quelli li lasciamo alle gallerie di città...». Il nome, Le tele tolte, prende spunto da un concetto attribuito a Michelangelo, che l’arte sia togliere, e non aggiungere. Scoprire, tirar fuori l’essenza da un blocco di marmo, una tela, un foglio bianco.

Quando Morosin arrivò c’era una sola trattoria (dal nome poco promettente, Il tugurio) e nessun posto dove dormire. Oggi ci sono una dozzina di ristoranti, negozi, e parecchi affittacamere. Qualcuno degli artisti disprezza questa “commercializzazione” del borgo, altri la ritengono necessaria quando non simbolo della sua rinascita. Su una cosa, però, sembrano tutti d’accordo: «Siamo venuti qui a fare quello che amavamo» chiosa Morosin. Rimpianti? «Ma che scherziamo? Mai!». Com’è lontana dal resto del mondo, Calcata.

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