«Milano, maggio 1895, centosedici anni fa. È già tarda sera. Al secondo piano di un palazzo in via Rovello, le lampade a petrolio sono ancora accese. Due persone curve sul tavolo, guardano carte militari, misurano, prendono appunti, calcolano… Accanto, vicino alla scala, spiccano due biciclette, nere, dal telaio robusto e pesante, lucide e lubrificate. Ancora qualche ora, un poco di riposo e poi sarà il momento. Il momento di partire…». Così, ieri pomeriggio, ai Giardini ducali di Parma, il presidente della Confederazione per la mobilità dolce Comodo, Albano Marcarini, ha aperto il talk show “1895-2011 Una Carovana che unisce l’Italia”, primo di cinque appuntamenti che, tutti i giorni, fino al 15 giugno, accompagneranno le tappe della Carovana ciclistica Milano-Roma, organizzata dal Tci in occasione dei 150 anni dell’unità nazionale.

I due industriali milanesi evocati nel racconto sono Federico Johnson, presidente del Touring club ciclistico italiano (come allora si chiamava il Tci), e Luigi Vittorio Bertarelli, capo della Sezione strade. A loro si deve la paternità della storica “Passeggiata” sulle due ruote che, per la prima volta nel 1895, portò 60 soci del Sodalizio (fondato solo sei mesi prima), dal capoluogo lombardo fino alla Capitale. Con un obiettivo: gridare al neonato tricolore che «la bicicletta non è solo sport, ma è un mezzo per diffondere la conoscenza dell’Italia agli italiani».

Non poteva che partire da qui, con un omaggio alla memoria e alle origini, la riedizione odierna della Carovana, partita ieri da Milano, con 24 ciclisti impegnati sullo stesso itinerario del passato, e approdata, dopo 160 chilometri di pedalata attraverso la Pianura Padana, al traguardo della prima tappa: Parma. «Lo scopo, oggi, come allora, è affermare con un gesto tangibile l’appartenenza al Paese unito», afferma Adriano Agnati, storico dirigente del Tci, durante il talk show. «E, insieme, sottolineare il ruolo di integrazione culturale che la bicicletta può avere, anche al di là del contesto agonistico». Valore messo nero su bianco in un apposito Decalogo elaborato dal Touring. «Una sorta di manifesto dei pedali, che consegneremo il 15 giugno alle istituzioni, all’arrivo in piazza del Quirinale».

Considerazioni attuali e pennellate storiche si alternano negli interventi degli ospiti. Più che una nostalgica celebrazione del passato, si respira l’adesione a una convinzione presente: «Perché lavorare nel perimetro di una redazione, quando le possibilità offerte dalla strada sono infinitamente più avvincenti?», si chiede Marco Pastonesi, penna della Gazzetta dello Sport arruolato nella squadra dei 24. «Nell’era di internet e delle notizie trasmesse in tempo reale, la carta stampata deve ripensare il proprio ruolo, cercando una formula che dia valore aggiunto al mestiere. Sono convinto che, oggi, per fare buona informazione, si debba tornare a presidiare il mondo, a vivere luoghi e incontrare persone, alla maniera del vecchio giornalismo di strada. Per questo sono qui: per fare qualcosa di talmente “vecchio” e folle da essere all’avanguardia».

Pionieri della notizia, pionieri dell’esperienza, pionieri del viaggio. Lungo le stanze di quel vasto “museo diffuso” che è l’Italia e che, a cavallo di una bici, appare nuovo agli italiani. Come il Po, prima grande “soglia” geografica attraversata a metà giornata dai carovanieri. «Un patrimonio naturale non ancora pienamente valorizzato nel suo potenziale turistico», interviene Francesco Puma, segretario generale dell’Autorità di bacino del fiume Po. «All’estero, la costruzione di piste ciclabili e pedonali ha reso fruibili alla mobilità dolce i grandi corsi d’acqua: la Loira, la Senna, il Reno, il Danubio. Anche noi avevamo presentato un progetto, per altro approvato dalle autorità, per il completamento della ciclovia e dei camminamenti lungo il sistema arginale. Purtroppo, con la crisi finanziaria, il Cipe ha revocato il finanziamento. La speranza è di poter riprendere il discorso da dove si è interrotto».

Spetta, infine, a Giuliano Molossi, direttore della Gazzetta di Parma, un affondo sul connubio storico tra la sua città, meta d’obbligo della Carovana, e la pratica delle due ruote. «Qualcuno l’ha ribattezzata, per numero di bici circolanti, “la Pechino d’Italia”. Un’esagerazione forse, ma la tradizione che ci lega ai pedali è indubbia e, per qualche strana ragione, da sempre connaturata allo stile di vita dei residenti. L’auspicio per il futuro? Che si faccia ancora di più sul modello di altre città europee, come Berlino, dove la mobilità dolce è un culto e le piste dedicate sono ineguagliabili; o come Londra, dove l’eccellente sistema di bike sharing consente a tutti, turisti compresi, di prelevare e riconsegnare il mezzo in qualunque punto della città, con la massima facilità e al prezzo di una sterlina al giorno».

La frase del giorno è di Albano Marcarini: «Ecco, io vorrei dirvi che passare il Po in bicicletta su un ponte è molto diverso che passarlo in autostrada o in treno. Perché in bicicletta si “vede”».