Che strano posto il Delta del Po. Vieni qui pensando di arrivare in un paradiso assolutamente naturale e poi appena parli con qualcuno di qui, qualcuno che sa la storia di queste terre, ecco che ti fa notare come tutto quello che vedi, da destra a sinistra fino a dove si perde lo sguardo, sia in realtà artificiale. «Noi del Delta siamo un caso un po' anomalo» dice Francesco Siviero, sindaco di Taglio di Po. «Siamo un territorio naturale artificiale: quotidianamente strappiamo la nostra vita al corso della natura, e quotidianamente la tuteliamo in ogni modo».
Al giovane e quasi timido sindaco sono toccati gli onori di casa nell'inaugurare il convegno «Ambiente e sviluppo: un patto di qualità» con cui si è ufficialmente aperta la prima tappa di Io sono il Po, il progetto di valorizzazione del più grande fiume italiano curato dal Touring Club Italiano con il contributo del ministero delle Politiche agricole e il patrocinio di Expo 2015. Ca' Vendramin, sede del museo regionale della bonifica che ospita la tre giorni del Tci, cade nel territorio del suo Comune: un insieme di canali, golene, argini, risaie e strade dritte come una stecca da biliardo.
Un territorio cui tutti quelli che sono nati qui sono particolarmente affezionati, come ha ricordato l'onorevole Diego Crivellari nel suo saluto. «In poche generazioni siamo passati dal vedere il Po come minaccia al Po come elemento di unione e fonte di sviluppo» ha spiegato. «È il momento di innovare e riscrivere l'identità degli abitanti del Delta: dobbiamo ripensare l'identità di chi vive in questi luoghi in relazione agli altri elementi che gravitano intorno al Po. Non intendere il fiume come elemento di divisione, come un confine, ma come un ponte, il centro di un'area di sviluppo che permetta di cambiare».
Già, cambiare idea di se stessi e del proprio rapporto con il fiume è un concetto che torna spesso nelle quasi quattro ore del convegno di Ca' Vendramin. «Il Po qui è anche una memoria non sempre facile, il ricordo di eventi tragici e di grande povertà» ha spiegato l'assessore all'Economia e sviluppo della Regione Veneto, Maria Luisa Coppola. «Però adesso è diventata una risorsa: il Polesine è come la Mesopotamia che ha legato le sue potenzialità all'acqua: dal fiume navigabile per il trasporto delle cose, all'acqua per irrigare, per coltivare i pesci, per offrire nuove esperienze ai turisti» ha aggiunto. Tutte potenzialità da esprimere al meglio per portare sviluppo rispettando l'ambiente.
Tutte potenzialità che nel corso delle sue quattro tappe il progetto Io sono il Po cercherà di liberare e raccogliere «per arrivare alla stesura di una carta del Po che rappresenti un segno per capire come affrontare il futuro di quest'aria» ha spiegato il Presidente Tci Franco Iseppi nel suo intervento. «Se siamo qui e abbiamo scelto di parlare di un fiume come il Po è perché pensiamo che i fiumi costituiscano un denominatore comune rispetto alla ricchezza e alla diversità dei territori. Il Po non è un ostacolo e un elemento di frontiera come qualcuno vorrebbe far credere, ma un legame che unisce» ha proseguito Iseppi. «Ne vanno ripensati in modo corretto ruolo e funzione, per trovare una strada diversa e liberare in modo corretto l'immenso potenziale economico e turistico di questo fiume. Abbiamo scelto di partire dal Delta per arrivare a Torino perché crediamo fermamente che si debba invertire simbolicamente il modo in cui è stato pensato il fiume» ha concluso Iseppi.
I modi in cui cambiare il pensiero sul fiume sono diversi e molteplici. Come diversi e molteplici sono i punti di vista dei tanti attori coinvolti nella gestione del Po. Così il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, ha voluto sottolineare come l'acqua sia un bene comune, specialmente in territorio dove terra e acqua si sono sempre confuse. Ricordano «la necessità di una nuova cultura dell'acqua come bene condiviso per avviare un nuovo progetto comune». Progetto che passa per la tutela e la valorizzazione di un bene, che si deve limitare alla conservazione ma alle creazione di innovazione per arrivare a un nuovo equilibrio di questo territorio. «Un territorio che come il Po è capace di una grande capacità di digestione» come ha spiegato Francesco Puma, segretario dell'autorità di bacino fiume Po. Ma un territorio che va curato amorevolmente. «Perché le ingenti risorse pubbliche destinate al Po in questi anni noncorrispondono a un grande progetto di sviluppo orientato al futuro. Sono risorse ingenti ma non sono investimenti, mentre noi avremmo bisogno di una nuova grande alleanza per il futuro del Po» ha concluso Puma.
Una nuova alleanza che, per usare le parole del commissario straordinario Ente parco regionale Veneto Delta Po, Mauro Viti, faccia passare «la sindrome dell'alluvionato e trasformi la sfortuna del passato in motore dello sviluppo futuro. Perché un territorio ipertutelato come il nostro ha grande potenziale che deve essere essere sfruttato, soprattuto a livello turistico». Come? «Facendo del Po al tempo stesso un'infrastruttura e un prodotto turistico, un elemento di promozione su cui insistere per creare sviluppo» ha spiegato Massimiliano Vavassori, direttore del Centro studi Tci. «Sviluppo che, in una sinergia virtuosa tra pubblico e privato deve necessariamente puntare sulla qualità dei servizi, dei prodotti e della comunicazione» ha concluso Vavassori.
Comunicazione che per esempio inizi a raccontare come il più artificiale dei territori possibili sia invece riconosciuto come il più naturale di tutti di una regione come il Veneto altrove martoriata dallo sviluppo di villette e capannoni. Quelle che fortunatamente non trovi quando ti perdi nel Delta per cercare il punto esatto dove finisce il Po e inizia il mare.
VOI SIETE IL PO
E questo primo weekend di Io sono il Po è anche momento per contribuire con le vostre fotografie al racconto del fiume. Durante questi quattro mesi infatti ognuno può caricare su instagram la sua visione del Po con l’hashtag  #iosonoilpo. Le più belle saranno riprese dal canale instagram del Touring, dal mensile e dal sito Touring e infine esposte in una mostra conclusiva.
 
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