Anche se sono di Rosolina, o di Porto Viro, che sono qua a due passi da Taglio di Po, in tanti tra i ragazzi non erano mai venuti a Ca' Vendramin. A scuola e in casa avevano certo sentito sentito parlare di bonifica, di idrovore e canali, dislivelli e pompaggi però non avevano mai messo piede in quello che oggi è un museo regionale dedicato alla bonifica e un tempo, fino al 1966, era il cuore pulsante del cambiamento fisico del Delta.
Poi è arrivato il Touring con Io sono il Po, il progetto di valorizzazione del più grande fiume italiano realizzato con il contributo del ministero delle Politiche agricole e il patrocinio di Expo, e in collaborazione con le scuole medie della zona ha organizzato una giornata per conoscere il Delta, la sua storia, i suoi prodotto e i suoi produttori. Così per la seconda giornata sul Delta, a bordo di pulmini gialli sono arrivati quasi 200 bambini di una decina di scuole della zona pronti a seguire le spiegazioni delle guide che raccontavano ai ragazzi i cambimenti del Delta, quelli che per motivi d'età né loro, né forse i loro genitori possono aver visto. Ovvero l'immensa trasformazione subita dal territorio del Polesine in oltre 50 anni di bonifiche e lavori idraulici.
E Ca' Vendramin con la sua ciminiera in mattoni rossi alta oltre 60 metri rappresenta un po' il Duomo del Delta. «Queste sono le nostre vere opere d'arte – racconta una delle guide mostrando le grandi idrovore nere dentro una delle sale del museo - quelle che hanno dato la vita a tutta la zona, che hanno permesso di avere terre arabili e non paludi». E i ragazzi, che hanno tra i dieci e i tredici anni, sono incredibilmente attenti mentre si sentono raccontare dove arrivava al mare in epoca romana il Po (a Ravenna), come i veneziani hanno gestito le acque e sviluppato la rete dei canali e come, in tempi più recenti, si è avvitato il grandioso lavoro di bonifica che ha reso tranquillamente vivibile quello che vivibile era ben poco.
«Ca' Vendramin era un luogo di speranza» racconta un'altra guida. «La sua alta ciminiera stava a significare che finalmente in queste terre grazie alla bonifica si poteva vivere, che non era più necessario emigrare, lasciare il Polesine, per cercare fortuna altrove: adesso anche qui si poteva dar vita a un'agricoltura diversa, moderna». Un'agricoltura che per forza di cose si doveva basare su alcuni elementi: il riso, l'allevamento delle vongole nelle sacche, e poi il radicchio, la barbabietola e via via tutto il resto. Sono attenti e dimostrano di conoscere bene il proprio territorio: sanno i nomi dei vari rami in cui si divide il Po neanche fossero i giocatori della loro squadra del cuore; hanno idea di come sia nato e lo sanno apprezzare. Perché se chiedi loro cosa rappresente il Po non si fermano a dirti che è il più grand fiume italiano che parte dal Monviso e sfocia nell'Adriatico. No, no. Ti dicono che il Po per loro rappresenta un'oasi di bellezza e di tranquillità, lavoro per i genitori e svago per loro. In una parola da adulti: il Po per loro è vita.
E lo certo anche per tutti i rappresentati delle aziende grandi e piccole che dalla terra del Delta traggono il loro lavoro: è con loro che si è svolta la seconda parte della mattinata. C'era chi mostrava polli da carne, allevati in maniera intensiva sì ma il più possibile rispettosa; e chi raccontava perché proprio qui sono spuntate piantagioni di riso, che è la pianta migliore per togliere dilavare il sale dai terreni un tempo inondati di acque salmastre. E chi spiegava come si coltivano vongole e cozze, frutti di laguna che hanno reso possibile un altrimenti difficile salto economico a queste zone che per secoli sono state depresse, e non solo a livello geografico. Non erano mai stati a Ca' Vendramin, ma a sentirli rispondere alla domande delle guide sembrava che tanti tra i ragazzi e le ragazze sapessero quasi tutto di queste zone e di queste terre. Perché quando nasci in un posto per forza di cose qualcosa della sua storia l'assorbi. Perché sembrerà strano, però è vero: a ben vedere “loro sono (e saranno) il Po”.
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