Trevi ha una nuova casa dell’identità culturale. Il comune perugino, Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, ha inaugurato il 2023 con la nascita di un importante nuovo Polo culturale, accolto nel complesso dell’ex convento di San Francesco. Il complesso conventuale francescano, un tempo centro della vita spirituale del territorio e oggi finalmente visibile al pubblico nella sua interezza, dopo lunghi e laboriosi restauri, si è trasformato in un centro culturale come risposta all’esigenza di una città che in questi ultimi anni ha puntato sulla conservazione e valorizzazione del proprio patrimonio culturale.
 
La nuova strutturazione dà conto delle tre anime del museo (biblioteca, archivio, raccolte archeologiche, artistiche e antropologiche) e ai diversi fondi e acquisizioni. Accanto alle raccolte museali si è, infatti, unito un patrimonio di conoscenze notevole, dall’archivio storico alla biblioteca, dando vita alla nuova sigla Mab, acronimo di Museo Archivio e Biblioteca. 
Trevi / foto Shutterstock
All’interno della struttura vi hanno così trovato sede singoli luoghi del sapere: la biblioteca intitolata a Carlo Zenobi, la biblioteca dei ragazzi intitolata a Lucia Genga, la biblioteca Alberto Donati, la biblioteca Arusia, l’Archivio storico comunale, la biblioteca archivio Augusto Bartolini, le sedi delle associazioni culturali, la sala Digipass, una sala conferenze, il Museo della civiltà dell’ulivo e la Raccolta museale di san Francesco, con nuovi allestimenti e acquisizione di opere di Giovanni Chiaramonti, pittore post macchiaiolo di respiro europeo. Per quanto riguarda gli allestimenti, si è tenuto conto della fruibilità dell’offerta culturale inserendo sistemi multimediali, didascalie in italiano e in inglese, per trasmettere la memoria di una comunità che seppe accogliere nei secoli i linguaggi artistici più disparati, provenienti soprattutto da Roma. Vi è rappresentata l’intera storia artistica di Trevi dal XIII al XX secolo.
 
Il nuovo itinerario del Polo museale comprende una sala multimediale per accogliere conferenze, proiezioni di video e documentari d’arte. Il percorso espositivo inizia, poi, dalla sezione archeologica, con un focus sui risultati degli ultimi scavi in località Pietrarossa, e prosegue nelle sale della pinacoteca. La raccolta dei dipinti dal XIV al XVII secolo continua nei piani superiori. Tra le opere d’arte si possono ammirare, oltre ai capolavori del maestro del crocifisso di Trevi e del maestro di Fossa, un trittico e un polittico con le storie della vita di Cristo di Giovanni di Corraduccio, l’Incoronazione della Vergine di Giovanni di Pietro detto lo Spagna e una Madonna col bambino benedicente del Pinturicchio. Una raccolta di opere che spazia dalla pittura medievale e rinascimentale, fino ai più alti esiti del Seicento con la straordinaria personalità artistica di Alessandro Turchi detto l’Orbetto e di Ottavio Leoni, per giungere alle opere di Giovanni Chiaramonti, artista post macchiaiolo, definito il poeta della pittura dai suoi contemporanei.
Nel percorso di visita è stata inserita la sezione dedicata alla prima società tipografica documentata al mondo, nata a Trevi nel 1470. Dal primo piano si accede al loggiato superiore del chiostro e da questo alla chiesa, dove si conserva l’organo più antico d’Europa del Cinquecento. Nei piani terra e interrati è stato allestito il Museo della civiltà dell’ulivo, il primo a carattere pubblico in Europa. Una parte degli spazi del chiostro, al secondo piano, sono destinati alle mostre temporanee.
 
“Nel ritorno a Trevi – ha commentato Vittorio Sgarbi, storico dell’arte e sottosegretario alla Cultura, che ventisei anni fa partecipò all’apertura della raccolta d’arte – la cosa che mi ha toccato di più, come non sarebbe stato venticinque anni fa quando vidi inaugurare questo museo, è l’integrità del paesaggio olivato. Qui c’è un paradiso nella coscienza degli amministratori e nella beatitudine di chi viene a vedere un paesaggio integro e francescano. Da tempo c’è questa passione a Trevi. La passione di chi in un museo può affiancare Pinturicchio a Orbetto determina l’importanza di un museo che, senza finanziamenti particolari, è stato allargato alla parte paesistica, che è importante, e alla parte archeologica che non era allestita in questi termini. La natura e l’arte vivono insieme. Inaugurare un museo vuol dire celebrare un rito che riguarda il Creato e la creazione propria di Dio, gli artisti tengono in sé una parte divina che è di continuare la natura”.
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