C'è un luogo ancora poco conosciuto, sulle Alpi, dove la parola inglese wilderness ha ancora un significato. Il termine wilderness può essere tradotto come “area naturale selvaggia”, ma la traduzione non rende pienamente il senso della parola: dentro il concetto di wilderness c'è una sensazione di libertà, di grandi spazi, di natura potente, di minima interferenza umana (anche se i puristi poi dicono che nelle aree wilderness l'uomo dovrebbe proprio starne fuori).

IL PARCO DELLA VAL GRANDE
Ebbene, a poca distanza da Milano e dai laghi il parco nazionale della Val Grande si può definire davvero un'area wilderness. O meglio, un'area wilderness di ritorno: alle spalle di Verbania, nel territorio della provincia del Verbano Cusio Ossola, le montagne erano popolate fino a non molto tempo fa, poi le malghe e i sentieri sono stati abbandonati e la natura ha ripreso il sopravvento. Creste verdi, spettacolari torrenti, boschi a perdita d'occhio e solo qua e là una baita abbandonata o un alpeggio. 
“Nel Dopoguerra è ritornata la natura” spiega Andrea Mosini, naturalista e socio della Valgrande Società Cooperativa. “E oggi la Val Grande è un vero laboratorio a cielo aperto, in cui si può vedere come la natura evolve senza l'uomo, come si riappropria dei suoi spazi. Sembra incredibile, ma tra le valli e i boschi del parco spesso sembra di essere lontani anni luce dalla Pianura Padana, e poi il cellulare non prende, non ci sono luci, nessun rumore umano...”.
I CAMPI WILDERNESS A IMPATTO ZERO
Ecco allora l'idea della cooperativa di far sperimentare a tutti questa wilderness italiana. “Da qualche anno promuoviamo, in collaborazione con l'ente parco, soggiorni naturalistici in Val Grande, utilizzando le conoscenze acquisite in vari progetti di ricerca” spiega Andrea. “I partecipanti a questi soggiorni, chiamati Campi Wilderness a impatto zero, possono sperimentarsi ricercatori per quattro giorni nel territorio selvaggio della Val Grande, seguendo gli esperti nelle loro attività e imparando come si studia e si tutela l'ambiente del parco”.
Le attività di ricerca comprendono per esempio censimenti dei camosci, posizionamento di “trappole fotografiche” per piccoli mammiferi (come tassi, martore e faine), studio della fauna acquatica, conteggi di farfalle e cavallette, rilievi della flora locale. Si soggiorna in una baita attrezzata all’alpeggio di Pian di Boit (si vedano anche le foto nella gallery in alto); e, nel rispetto della wilderness, si segue una filosofia a impatto zero, mangiando solo cibi naturali e utilizzando fonti energetiche rinnovabili. Un vero e proprio "ritorno alla natura".

“Ai campi partecipano studenti di scienze naturali, curiosi, appassionati di chilometro zero o semplicemente chi vuole staccare la spina per un po'” spiega Andrea, che è uno dei promotori dei campi insieme agli altri soci della cooperativa: naturalisti, accompagnatori naturalistici, guide ufficiali ed esclusive del parco (ovvero formate e accreditate dall'ente) e guide alpine. “Bisogna sapersi adattare, ma l'esperienza è davvero gratificante. Anche perché la Val Grande è davvero poca affollata, non si incontra quasi mai nessuno. Qualche tedesco o olandese appassionato di trekking l'ha già capito!”.

INFORMAZIONI
- Per maggiori informazioni sulle attività della cooperativa e sui Campi Wilderness in Val Grande, con date e dettagli: www.coopvalgrande.it; da consultare anche la pagina Facebook
- Il parco della Val Grande: www.parcovalgrande.it