Livorno è una città spesso trascurata dai turisti che visitano la Toscana. Eppure riserva molte emergenze storiche e artistiche, magari meno appariscenti di altre città della regione ma altrettanto interessanti. Lo sapevate, per esempio, che Livorno è città rinascimentale per eccellenza? Fondata nel 1590, le sue strade sono dritte, larghe e ariose, la luce non manca mai e nell’aria c’è sempre l’odore del salmastro. Un anno dopo, nel 1591, e poi ancora nel 1593 con le "leggi livornine" il Granduca Ferdinando I de’ Medici richiamò “genti” da tutto il mondo per dare vita alla nuova città, rifugio di pace, lavoro e prosperità: gli ebrei, che non furono relegati nel ghetto, lavorarono fianco a fianco di marinai greci, mercanti armeni e turchi, comandanti inglesi e francesi. Oggi la sua effigie di marmo sta ancora lì a testimoniarlo, all’ingresso del porto, nel gruppo scultoreo dei Quattro Mori del Maestro Pietro Tacca.

Vi proponiamo una passeggiata in città alla scoperta di monumenti sorprendenti e scorci inusuali, e poi un approfondimento sulla sua gastronomia, realizzato grazie a Vetrina Toscana, il progetto sul turismo enogastronomico della Regione Toscana che racconta attraverso i prodotti e le ricette della tradizione il bello e il buono di questa terra. 

Porto di Livorno - foto Andrea Dani

UNA PASSEGGIATA ALLA SCOPERTA DI LIVORNO

La passeggiata può iniziare dal simbolo di Livorno, una vera e propria tappa obbligata: la Terrazza Mascagni. Dal 1925, anno della sua costruzione, le 35mila piastrelle bianche e nere che la compongono la rendono come un tappeto, dal profilo sinuoso, un salotto en plein air tra la città e il mare, con il suo affaccio privilegiato sulle isole dell’Arcipelago Toscano. Per i livornesi c’è sempre un buon motivo per venire qui a passeggiare e vivere un momento intimo con il mare. Seguendo il viale si apre alla vista l’elegante Gazebo, originale costruzione classica; oltre, verso sud, si susseguono gli storici stabilimenti balneari, baracchine, palazzi e l’imponente Accademia Navale fino ad arrivare alla pineta della Rotonda, una piccola oasi verde dagli alberi piegati dalla forza dei venti marini. A pochi passi dalla Terrazza è invece il museo dedicato a Giovanni Fattori, allestito nella splendida cornice di Villa Mimbelli. Qui il contenitore (la Villa ottocentesca, voluta da un ricco mercante) non è meno interessante del contenuto (la pittura dei Macchiaioli): la saletta da fumo al pian terreno, per esempio, ricorda le fiabesche architetture dell’Alahambra di Granada.


Terrrazza Mascagni, Livorno - foto Andrea Dani


Lungomare, Livorno - foto Andrea Dani

Proseguendo verso nord, si percorre il lunghissimo lungomare, che raccoglie l’identità della città. In una ventina di minuti si arriva alla Darsena Vecchia, dove attraccano i pescherecci e i pesci freschissimi aspettano i compratori sui banchi di marmo. Davanti sorge la Fortezza Vecchia, antica costruzione cinquecentesca, immersa nelle acque, circondata da imbarcazioni da diporto e pescherecci. La sua presenza ha difeso intere generazioni di cittadini che qui si rifugiavano in caso di attacchi pirateschi e di guerre. Il suo Mastio circolare e il colore rosso dei mattoni sono il primo benvenuto per chi arriva dal mare. Con l’inizio della bella stagione, quest'imponente fortezza ospita concerti, incontri e manifestazioni. Esiste poi un’altra Fortezza, chiamata la “Nuova” costruita un secolo dopo per assolvere agli stessi usi militari e civili; a poca distanza dalla Vecchia, si trova nel cuore dello storico quartiere della Venezia Nuova. Oggi è una splendida cornice di verde, dove si organizzano eventi. Negli ampi sotterranei trovano ricovero i famosi gozzi: le imbarcazioni a remi dei vari rioni cittadini che si contendono la sfida in acqua per lo spettacolo estivo delle gare remiere, un appuntamento atteso tutto l’anno dai livornesi e anche dai turisti che ne apprezzano il valore culturale e di tradizione. 

Fortezza Vecchia, Livorno - foto Andrea Dani

A proposito del quartiere della Venezia Nuova: si tratta di una parte di città ideata come la città lagunare veneta, percorsa da ponti e canali, un luogo che sembra disegnato dall’estro di un pittore. Il quartiere rivela ancora intatta la sua struttura originaria e tutto il suo fascino. Gli alti palazzi signorili avevano accesso diretto al canale, proprio sotto il livello della strada, per agevolare l’ingresso di merci direttamente nella corte interna. Sulle banchine si scaricavano tabacco, spezie, cioccolata, caffè, indaco, mastica greca e perfino diamanti. Tra i palazzi e le vie entra il mare, a formare canali navigabili che circondano il perimetro pentagonale della città storica. ​Oggi questo quartiere è considerato il vero cuore storico di Livorno, un cuore pulsante di vie e corsi d’acqua che lambiscono i palazzi storici, che qui vengono chiamati “fossi”, con le cantine a pelo d’acqua, divenute locali e ristoranti dove riscoprire i piatti della tradizione.


Fossi di Livorno - foto Andrea Dani​

La passeggiata può terminare poco più a sud, al Mercato Centrale, vero e proprio tempio dell'enogastronomia. Detto anche Mercato delle Vettovaglie o Mercato Coperto, quando fu costruito dal suo architetto Angelo Badaloni, negli ultimi anni dell’Ottocento, era uno dei più grandi d’Europa, realizzato con i materiali più all’avanguardia dell’epoca: ferro, ghisa e vetro, a comporre quello che i livornesi denominarono il “piccolo Louvre”. L'edificio doveva portare con sé un nuovo orgoglio cittadino, in un momento in cui Livorno doveva riprendersi dalla crisi economica e dallo spostamento del porto militare a La Spezia: fu realizzato seguendo il modello delle vecchie Halles parigine e segna il passaggio artistico tra il Neoclassicismo e l’Art Nouveau. Molti i particolari da notare: il Salone Centrale, per esempio, è abbellito da otto cariatidi, due su ogni ingresso, realizzate dallo scultore livornese Lorenzo Gori (una donna con un fascio di spighe tra le braccia e un’altra con un grembiule pieno di uova). Le cariatidi sono in realtà le Gabbrigiane, contadine e venditrici provenienti dal Gabbro e dai paesi vicini che portano, nelle ceste, i prodotti delle loro terre: polli, conigli, uova, erbe aromatiche. Indossano abiti tipici: uno scialle annodato sul petto e un’acconciatura raccolta.

La magnificenza e lo stile floreale delle capriate metalliche del Mercato Centrale oggi fanno da cornice al vociare dei commercianti, pronti a garantire l’esclusività dei propri prodotti. Le primizie del mare si comprano tra i banchi in marmo nel Salone del Pesce, dove a buon prezzo si trova il pescato del giorno, materia prima per la preparazione dei piatti labronici. Visitare il mercato di Livorno è un’esperienza sensoriale: colori, profumi e suoni si mescolano, restituendo un’emozione unica e originale che stimola il palato a gustare le roschette salate della tradizione ebraica, le uova bianchissime della “gallina livornese”, assaggi di cacciucco e il tipico ponce alla livornese. 
 

Mercato delle Vettovaglie, Livorno - foto Andrea Dani
 
LE ECCELLENZE DELLA GASTRONOMIA LIVORNESE
E veniamo appunto alla gastronomia: senza degustazioni la visita a Livorno non sarebbe certo completa. Il piatto simbolo di Livorno è il cacciucco, indubbiamente espressione dello spirito di questa città e del suo mare. Nella famosa zuppa di pesce non possono mancare polpi veraci di scoglio, seppie nostrali, pesci da cacciucco (scorfano, pesce prete, gallinella, tracina), cicale, palombo, da insaporire con olio extra vergine toscano, aglio, peperoncino, pomodoro, sedano, carote e cipolla. E per accompagnare questo piatto speciale, pane di campagna tostato.
Da dove deriva questo nome così particolare? Lo racconta Giuseppe Chionetti, responsabile del progetto di certificazione del vero “Cacciucco Livornese Tipico Tradizionale 5 C”. "Dovrebbe derivare dalla parola turca küçük, che significa piccolo. A portarla a Livorno nel 1693, Ahmet, un ragazzo che aprì un ristorante in città riproponendo la zuppa di piccoli pesci, spesso scartati dai compratori, che cucinava sua madre a Karşıyaka, vicino a Smirne. Come unica variazione Ahmet aveva eliminato i capperi e aggiunto la salsa di pomodoro, una novità giunta da poco a Livorno da Siviglia, proveniente dal nuovo mondo; aveva replicato anche lo stratagemma della madre, che quando cuoceva i pesci rimasti più giorni in dispensa, aggiungeva al liquido di cottura mezzo bicchiere d’aceto e abbondava con il peperoncino. A chi cercava di vendergli pesci grandi, Ahmet replicava: “küçük balik” (piccoli pesci), ripetendo più volte l’aggettivo küçük, rinforzato con il gesto dei due indici che ne indicavano la taglia. Per questo i pescatori, con la tipica ironia canzonatoria labronica, lo soprannominarono “Cacciucco”. Il nome passò presto al ristorante e alla pietanza. Nel 1891 Pellegrino Artusi descrive per la prima volta la ricetta del cacciucco livornese, che non si discosta molto da quella che Ahmet preparava 150 anni prima, aceto compreso".


Cacciucco, Livorno - foto Luca Managlia

Un altro piatto simbolo di Livorno e street food per eccellenza è la torta di ceci, una sorta di crespella preparata con farina di ceci, acqua, olio extravergine d’oliva e sale, cotta preferibilmente in forni a legna, in speciali teglioni tondi di rame stagnato. È anch'essa legata al mare, almeno a seconda della leggenda che ne narra le origini; si narra che durante la Battaglia della Meloria, tra Genova e Pisa nel 1284, un’imbarcazione s’imbatté in una tempesta e la nave subì danni alla stiva che conteneva scorte di cibo. I prodotti, in particolare ceci, mischiandosi con acqua salata formarono una poltiglia che essiccata al sole divenne appetitosa. La si gusta soprattutto nel 5 e 5, il tipico panino livornese (uno sfilatino o una focaccia) farcito con torta di ceci e, alle volte, con le melanzane sotto pesto ("sotto pesto" a Livorno significa aglio, prezzemolo e peperoncino); il nome deriva dalla consuetudine, in uso a partire dalla metà del XX secolo, quando il connubio fra pane e Torta fu ideato, di chiedere al “Tortaio” (il venditore di Torta) 5 centesimi di pane e 5 centesimi di Torta, da lì l’abbreviazione “un 5e5”. Tradizionalmente con la torta si beve la spuma bionda, una bibita gassata dolce, aromatizzata in vari modi, dalla formula segreta.


5 e 5, Livorno - foto Luca Managlia

Per chiudere in bellezza un lauto pasto, non può mancare il ponce, bevanda alcolica nata a Livorno tra i secoli XVII e XVIII e derivata dal punch, diffuso in città dalla numerosa comunità britannica. Se la composizione originale del punch inglese prevedeva cinque ingredienti (da cui il nome, derivato dal termine della lingua hindi panca o pancha, "pugno" o "cinque"), tè, zucchero, cannella, limone e acquavite (oppure acqua bollente, succo di limone, rum delle Antille, spirito di noce moscata e arak, un distillato di vino di riso originario dell'Indonesia), il ponce livornese nacque sostituendo al tè o all'acqua bollente il caffè concentrato, mentre al posto del rum fu usato il cosiddetto "rum fantasia" (localmente detto anche rumme), un'invenzione locale costituita da alcol, zucchero e caramello di colore scuro, a volte aromatizzato con un'essenza di rum (ricetta originale del rag. Gastone Biondi della ditta Vittori). La versione diffusa tra Ottocento e Novecento prevedeva una preventiva bollitura del caffè macinato in una pentola piena d'acqua; da ciò si otteneva un infuso che veniva filtrato con un panno di lana e immesso nella caffettiera. Al caffè che usciva dalla macchina veniva poi aggiunto con un misurino il rumme o la "mastice", una versione del mistrà, liquore di semi di anice verde macerati in alcol. Un'ottima conclusione per la nostra passeggiata livornese.

INFORMAZIONI
Indirizzi consigliati per degustare le specialità livornesi:
- Trattoria Il Sottomarino (link alla nostra scheda), via Terrazzini 50. Dal 1937, un'icona di Livorno, dove si può assaggiare il cacciucco tradizionale, preparato con quel che si trova al mercato. Il tutto intinto nel pomodoro e messo sul pane agliato abbrustolito. 

- Un'esperienza unica, quella di mangiare all'interno del mercato centrale che si può realizzare Alle Vettovaglie (link esterno), che nasce in mezzo ai banchi e ai banchi si rifornisce.
- Proprio vicino al mercato c'è la Torteria da Gagarin (link alla nostra scheda), via del Cardinale 24.
 

Le eccellenze della produzione enogastronomica toscana descrivono una regione buona oltre che bella. Il cibo è espressione di paesaggi, storia, stili di vita, cultura. Le produzioni locali di eccellenza sono chiave di accesso ai territori e la regione ne ha quasi 600: 464 PAT (Produzione Alimentare Tradizionale), 15 IGP (Indicazione Geografica Protetta) e 16 DOP (Denominazione Origine Protetta), a cui si aggiungono le 41 DOC, le 11 DOCG del vino e 6 IGT. Un patrimonio al quale la Toscana guarda con attenzione e rispetto: lo dimostra Vetrina Toscana, originale progetto della Regione e di Unioncamere che unisce tipicità, autenticità dei territori, attenzione all’ambiente (www.vetrina.toscana.it). Partecipano a Vetrina Toscana tutti coloro che offrono esperienze enogastronomiche: ristoranti, botteghe e produttori ma anche agriturismi, strade del vino, cantine, birrifici, oleifici, stabilimenti balneari, agenzie di viaggio e alberghi: al momento quasi duemila imprese, che compongono una delle più grandi reti agroalimentari in Italia. Sul sito web si trovano suggestioni, itinerari enogastronomici, esperienze legate al cibo, negozi, ristoranti e ricette per assecondare un percorso nel gusto: un “viaggio nel viaggio”.