E' una terra strana, il Salento. La gente ci viene per le spiagge e i colori del mare. Eppure, tra i suoi 99 paesi – tantissimi, per un territorio così ristretto – non si contano le suggestioni storiche, artistiche, naturalistiche, i pezzi unici, i tesori che da soli farebbero gola a qualsiasi pro loco, e invece sonnecchiano indolenti sotto il sole. Formulare un itinerario che li unisca significa tessere i fili di una complicata ragnatela: bisogna andare a gusto e anche perdersi, tra le campagne bruciate, costellate di pagghiari (quegli edifici a gradoni che ricordano le ziggurat mesopotamiche) e muretti a secco. Tanto si troverà sempre qualcosa di bello.

Partiamo da Gallipoli, perché ci piace quel suo andamento lento e nello stesso tempo vivace di città che è sì regno della movida ionica, ma rimane pur sempre un genuino borgo di pescatori del Meridione. Una passeggiata lungo la riviera, un’abbuffata di pesce, un’occhiata alla superba Cattedrale, uno struscio per le vie aggrovigliate dell’Isola: e non si vorrebbe andar più via. Poi iniziano i bivi: dirigersi a nord o a sud, questo è il problema. Nardò fa l’occhiolino con il suo splendore barocco; ma noi ci dirigiamo verso Galatone, perché lo spettacolare santuario del Crocifisso della Pietà non richiama nessuno, pur non temendo rivali quanto a splendore di fregi e traforature secentesche. Da Galatone a Galatina il passo è breve – e non è un gioco di parole: qui basterebbero i pasticciotti e gli africani a giustificare la visita (ancora ci lecchiamo i baffi, dopo esser passati dalla pasticceria Ascalone), ma c’è molto di più. Entrate in S. Caterina d’Alessandria e siate pronti a rimanere di stucco. Perché non ve l’aspettate di sicuro, di trovare in Salento un ciclo di affreschi che richiama alla mente la cappella degli Scrovegni o S. Francesco ad Assisi. Una straordinaria creazione di anonimi maestri napoletani che da sola dovrebbe essere annoverata tra i massimi capolavori del rinascimento italiano. E ora? Ora dobbiamo viaggiare verso sud, pronti a fare un salto nel tempo: i mosaici coloratissimi della chiesa di Casaranello a Casarano testimoniano culti paleocristiani, quasi a dimostrare che il Salento è terra ospitale da molti secoli (moltissimi, anzi: tra gli olivi non è raro incontrare qualche menhir).

Se arrivate in un paese salentino nelle ore più calde del giorno l’impressione sarà quella di essere stati catapultati in una missione messicana abbandonata al sole. Tempo qualche ora, e la vita riprende come un miraggio svanito. A Specchia ci è capitato così; e non poteva capitarci in un luogo migliore, perché il centro storico è il più bello della zona, conservato e restaurato a dovere (lode all’amministrazione locale, che è riuscita a rendere la cittadina autosufficiente dal punto di vista energetico). Qui siamo di fronte a un altro bivio: Leuca o Maglie, sud o nord? Né l’una né l’altra: la meta devono essere i borghi di Poggiardo e Vaste, dove la maestria bizantina ha lasciato affreschi rupestri eccellenti (soprattutto nella cripta dei Ss. Stefani). Si vede il mare, l’Adriatico ormai è vicino, Otranto a un passo. Uno struscio sul lungomare tirato a lucido, un fremito di stupore di fronte al mosaico della Cattedrale, un aperitivo sulle mura. E poi è tempo di tornare indietro. Seguendo un altro itinerario, naturalmente.