Oggi Caravaggio è uno degli artisti più noti al grande pubblico. Forse soltanto Van Gogh lo supera, quanto a fama. Ma non è sempre stato così: per lunghissimo tempo l’artista fu dimenticato dalla folla e quasi inviso ai suoi colleghi - celebre la frase di Nicolas Poussin che 14 anni dopo la sua morte dichiarò "Era venuto per distruggere la pittura”. Tutto il contrario di quanto pensano da ormai mezzo secolo le folle di tutto il mondo, che davanti alle tele di San Luigi dei Francesi, a Roma, rimangono incantate in adorazione. Caravaggio è diventato il mito, il genio (ve la ricordate la banconota da 100mila lire?), spesso anche il genio maledetto: perché la sua vita, breve, tutt’altro che chiara e cristallina, è segnata da numerosi episodi gravi e scandalosi, che lo resero un uomo perennemente in fuga.
Come ripercorrere i luoghi dove visse Caravaggio? Proviamo in quest’articolo a tracciare le linee chiave della sua esistenza, durata soltanto 39 anni. Ben consapevoli che a differenza di altri grandi dell’arte mondiale di Caravaggio non rimangono né case né cose: le atmosfere che respirò il pittore non possono che essere dedotte osservando le sue opere, oppure i monumenti e le opere realizzati da altri negli stessi anni in cui Caravaggio abitata quei luoghi.
A MILANO, FINO AI VENT’ANNI
Michelangelo Merisi nacque nel 1571 a Milano. Suo padre Fermo era architetto e amministratore di casa di Francesco Sforza; come sua madre, era nativo di Caravaggio, un paese in provincia di Bergamo. Il giovane Michelangelo venne presto mandato a bottega a Milano, ma risulta che tornò più volte nel paese natale, soprattutto durante la tremenda peste del 1577, che uccise il padre e un fratello.
A Caravaggio - il paese da cui poi Michelangelo prese il nome - e a Milano non rimane nulla che ricordi i primi vent’anni dell’artista, se non forse il palazzo in cui abitò la famiglia della madre. Secondo alcuni critici, Caravaggio si recò a Venezia per studiare Giorgione, Tiziano e Tintoretto. Senz’altro in questi anni vide molti maestri lombardi. Non ci rimane molto della Milano di quel tempo, che era sotto la dominazione spagnola: gran parte del tessuto urbano era ancora da costruire. Sono gli anni dell’episcopato di Carlo Borromeo, che peraltro obbligò i parroci delle parrocchie a tenere dei registri aggiornati riguardo ai battesimi, i matrimoni e le morti dei fedeli, uno dei primi passi al mondo nel tentativo di costituzione di un'anagrafe (è grazie a quest’obbligo che sappiamo che Michelangelo nacque a Milano e non a Caravaggio).
A ROMA, SUCCESSI E GUAI
Nel 1592 - non sappiamo perché - Caravaggio vende l’eredità di famiglia e si trasferisce a Roma, dove rimarrà tra alterne vicende fino al 1606. Con tutta probabilità l’artista viveva nel Rione Campo Marzio, tra via della Scrofa e vico San Biagio. La città viveva allora un periodo di rinascita: il contesto urbano era stato appena rinnovato da papa Sisto V, la nuova aristocrazia gareggiava con i giovani cardinali quanto a agio e commissioni, gli artisti arrivavano da tutta Europa in cerca di lavoro. Ricordiamo che Sisto V (il cui papato durò solo cinque anni, 1595-1590) aveva fatto erigere il nuovo Palazzo Laterano, fatto completare la cupola di San Pietro, fatto restaurare la Colonna Traiana. Anche la via Sistina era stata da lui progettata.
Caravaggio visse in questo fertile clima per quasi 15 anni, prima come pittore di bottega che disegnava fiori e frutti - secondo il principio mai abbandonato di fedeltà al vero - e poi come pittore in proprio, che si trascinò per anni tra miserie e lavori di poco conto. Fino all’esecuzione di "La buona ventura" e "I bari", le due tele che gli cambiarono la vita. Caravaggio venne chiamato a vivere nel palazzo del Cardinale del Monte; gli aristocratici cominciarono a commissionargli opere; finché fu scelto per completare la cappella in San Luigi dei Francesi - e da lì venne la gloria, se è vero che nel 1603, tre anni dopo il completamento della cappella, Carel van Mander riporta “là c’è anche un Michelangelo da Caravaggio che fa a Roma cose meravigliose”. Ancora oggi si può entrare in San Luigi e immaginare Caravaggio all’opera: è una delle poche opere rimaste là dove l’artista le aveva concepite e dipinte. Ma la fortuna può voltare le spalle: già pochi anni dopo Caravaggio era di nuovo in miseria.

San Luigi dei Francesi, Roma
A NAPOLI, A MALTA, IN SICILIA
Negli anni romani Caravaggio non doveva essere stato un pittore tranquillo: sono documentati vari periodi in prigione, querele, indebitamenti, zuffe. Nel 1606 successe un episodio grave e decisivo per la vita di Merisi: fu condannato per l’uccisione di un uomo. L’artista fuggì da Roma: prima a Napoli, a casa dei suoi protettori Colonna. Napoli era a quel tempo la capitale del Regno delle due Sicilie, la più grande metropoli d’Europa dopo Parigi, tre volte più grande di Roma: non fu difficile tra il 1606 e il 1607 per Caravaggio ottenere nuove commissioni, tra cui quella che eseguì per il Pio Monte della Misericordia (la tela, importantissima per la pittura meridionale da quel momento in poi, è ancora conservata presso lo stesso istituto).
Poi l’amicizia con un figlio Colonna lo portò a Malta, sede dell’ordine dei cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, ordine religioso che accoglieva i giovani nobili più turbolenti e scapestrati restituendo loro una sorta di immunità. Caravaggio dipinse con rinnovato slancio e grande successo: a Valletta rimane la grande Decollazione di San Giovanni Battista, un altro capolavoro. Ma già nel 1608 doveva essersi nuovamente messo nei guai, se lo troviamo ancora agli arresti e poi in fuga verso la Sicilia, prima a Siracusa e poi a Messina e poi ancor a Palermo. Caravaggio continuò a dipingere, ritornò a Napoli dai Colonna, finalmente gli venne concessa la grazia dal Papa. Ma era troppo tardi: nel 1610 venne trovato morto su una spiaggia di Porto Ercole, nella Maremma toscana. Perché? Che cosa era successo? La vicenda della morte era destinata a divenire ancora più misteriosa di quella della fuga da Malta.
Caravaggio a Malta: le opere nella Co-Cattedrale