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Sabato 3 Marzo alle ore 15,30 si terrà la IV edizione della manifestazione "Segaripezza" sfilata di maschere tradizionali della Sardegna.
Con partenza dal Corso Gramsci, il pittoresco corteo di maschere si snoderà lungo la via principale del paese (Corso Garibaldi) e concluderà la sua esibizione presso l'anfiteatro Comunale.
Sfileranno i seguenti gruppi mascherati :
Sos Cologanos di Austis (Nuoro)
Sa Mascera a gattu di Sarule (Nuoro)
Su Mascadore di Padru (Olbia-Tempio)
S 'Urtzu 'e Mamutzones di Aritzo (Nuoro)
Su Corongiaiu di Laconi (Oristano)
La maschera tradizionale laconese rappresenta tre diversi personaggi: Su Corongiau, Sa Bestia e Su Oe.
Su Corongiaiu, “il pastore” (nome derivato da un antico rione del paese in passato abitato dai pastori) svolge nella rappresentazione il ruolo dominante di guida. E’ una figura dai tratti ferini,caratterizzata da una grande maschera cilindrica in sughero sulla quale si impostano un lungo naso, una grande bocca e una barba di pelle di pecora o agnello, mentre dal capo spiccano grandi corna di capra. Veste un caratteristico cappotto di lana di pecora bianca o nera, sopra il quale, a tracolla sono disposti una quindicina di sonagli che vengono fatti risuonare fragorosamente attraverso una danza ritmata.
Sa Bestia “la bestia”, che nel dialetto laconese definisce concettualmente l’incarnazione del demonio, è anch’essa vestita con il cappotto di lana, indossa una maschera rivestita di vello e rappresenta una figura dominata.
Su Oe, (il bue) che indossa una maschera bovina e la pelle dell’animale è, infine, la vittima predestinata: si muove assieme al Corongiaiu e da esso viene trattenuto per la cintola con una fune chiamata in dialetto “sa soga”. L’animale si muove freneticamente per divincolarsi dal pastore ma, punto con il bastone e sferzato con la frusta, viene alla fine da lui sottomesso.
Questi attori, attraverso una rappresentazione coreografica suggestiva ed emozionante che si snoda per le vie del paese, inscenano grottescamente il rapporto tra uomo, animale e divinità, riproponendo nei gesti, nei ritmi e negli strumenti “di scena” tracce di antichi riti agropastorali legati al culto di Dioniso, dio della vegetazione che ogni anno muore e rinasce secondo il ciclo della natura. Un culto arcaico, sopravvissuto, a livello inconscio, in tutti i carnevali tradizionali delle aree interne della Sardegna.