Citata più volte in Les nuits de Paris, ou Le spectateur nocturne da Restif de la Bretonne (testimone di Parigi e della Rivoluzione, che amava scrivere di notte lasciando note e appunti sui muri della città), la via deve il suo fascino anche agli sprazzi di verde che interrompono la continuità delle facciate. Poco dopo gli edifici sorti in luogo del settecentesco convento delle Filles-de-la-Nativité-de-Jésus, al N. 5 si trova la casa che l’architetto François Mansart costruì per se stesso e in cui morì nel 1666, ricostruita e diventata ‘Cappella dell’Umanità’ nel 1903; quindi, il cancello al N. 9 – qualche volta aperto – immette nel giardino alla francese del­l’hôtel che ospita il Musée Cognacq-Jay. Al N. 11 è l’hôtel de Marle, appartenuto al politico Hector de Marle dal 1572 al 1604 e abitato nel XVIII secolo dalla favorita di Maria Antonietta, Yolande de Polastron, moglie di Armand de Polignac. Il palazzo, con soffitti affrescati nel XVI e XVII secolo, è ora sede dell’Istituto svedese (visita, ore 12-18; chiuso lunedì), centro culturale che documenta i rapporti franco-svedesi anche attraverso la collezione d’arte dell’Istituto Tessin (dipendente dal Nationalmuseum di Stoccolma) e mostre temporanee. Sul lato opposto di rue Payenne, lo square Georges-Cain era il giardino privato dell’hôtel Le Peletier de Saint-Fargeau (oggi annesso al Musée Carnavalet), la cui antica limonaia è visibile sulla sinistra. Al N. 13, l’hôtel de Chatillon, chiuso dietro un portone di legno, vanta un affascinante cortile e, all’interno, una bella scala.