C’era un tempo in cui Londra non era sulla cresta dell’onda. Era il 1851, anno della prima Esposizione Universale, e il principe Alberto non poté che prendere atto dell’inferiore qualità estetica dei manufatti inglesi rispetto a quelli degli altri paesi. Una cittadella delle scienze e della cultura che ispirasse gli imprenditori e i creativi inglesi e li incoraggiasse a migliorare la loro produzione. Questo voleva il principe Alberto quando istituì questo museo. Ceramiche, tessuti, gioielli, arredamenti, sculture, fotografie e dipinti hanno dato forma al museo di arti decorative più grande del mondo, uno dei più vivaci di Londra, un luogo luminoso (grazie al recente ripensamento degli spazi) dove passeggiare a contatto con il bello prodotto in ogni angolo del globo. Grande la passione per l’Oriente degli inglesi, ossessionati dalla formula segreta della porcellana cinese, e per il collezionismo che ha riempito gabinetti che definire delle curiosità è dire poco, stipati come sono di oggetti assurdi frutto dell’estro di chissà chi. La Jameel Gallery, con i suoi strepitosi tappeti, la Nehru Gallery, con reperti dal periodo Moghul all’Ottocento e il bizzarro congegno meccanico “Tippo’s Tiger” (una tigre che mangia un soldato inglese), celebrano l’Asia e il mondo islamico. Si ritorna in Europa con sale che espongono manufatti rinascimentali, oggetti d’arte sacra e dipinti di Michelangelo, Benvenuto Cellini e Raffaello. Raccontano l’evoluzione dell’arte britannica dal 1500 al 1760 le British Galleries, dove fedeli ricostruzioni di ambienti d’epoca ricreano l’atmosfera del tempo; segue una panoramica sull’arte inglese dal 1760 al 1900. Diverse le postazioni multimediali che insegnano a distinguere gli stili nel corso dei secoli. Oltre 600 oggetti di design da tutto il mondo sono esposti nella 20th Century Collection. Numerose le attività didattiche per avvicinare i bambini alla produzione artistica: cartoncini da ritagliare, fogli per disegnare e tanti colori distribuiti per immaginarsi artisti in miniatura. Chissà che il Victoria and Albert Museum non scopra un nuovo Andy Warhol!