Un ambiente sociale da piccola comunità – da villaggio, appunto, o da cittadina europea –, una frequentazione variegata e alternativa, una struttura urbanistica non ortogonale: ecco ciò che rende questo quartiere tanto affascinante e, agli occhi del visitatore, accogliente nella frenetica metropoli. Chiamato confidenzialmente dai newyorkesi «The Village», è stato cantato da scrittori e musicisti. È delimitato grosso modo dalla 14th Street a nord, da Broadway a est e da West Houston Street a sud, e ha come punto centrale di riferimento Washington Square. Il confine occidentale è più approssimativo, perdendosi in quello che viene definito ‘West Village’. Il nome della zona si deve ai coloni inglesi che qui si insediarono nel 1696 battezzando il villaggio Greenwich come la loro cittadina d’origine, poco fuori Londra. Abitato intorno al 1850 da immigrati irlandesi, cinesi e italiani, divenne presto il quartiere bohémien di New York, frequentato da scrittori, artisti e intellettuali. Da Edgar Allan Poe a Mark Twain a Mary McCarthy, via via fino ai poeti della beat generation, Greenwich Village è stato il luogo di residenza e di ritrovo preferito da schiere di esponenti della controcultura. Espressione di quel clima fu anche il quotidiano The Village Voice, cofondato nel 1955 da Norman Mailer e inizialmente destinato alla distribuzione locale. Oggi vi abitano artisti affermati, yuppie di Wall Street e gli eredi della borghesia di L’età dell’innocenza che non disdegnano di vivere in un’atmosfera di ‘charme’ non solo in ragione dell’urbanistica e delle architetture antiche tornate in grande auge (vi abbondano le brownstone), ma soprattutto per la socialità e il senso comunitario che si respira.