In origine era il tratto sinuoso e profondo di un fiume, più ampio dell’attuale e di incerti confini, forse un paleoalveo del Brenta, che si esauriva tra le barene della Laguna. Il canale come oggi si vede è il risultato di continui interventi di scavo del fondo, allineamento e consolidamento delle rive iniziati in epoca gotica, nel corso del ’300. Passavano di qui, obbligatoriamente, le navi e le merci dirette alle loro destinazioni in città: il mercato di Rialto, dove, nel punto più stretto, dal XII secolo esisteva l’unico ponte che univa le due sponde della via d’acqua, di legno e apribile per il passaggio delle galee; i magazzini delle case-fondaco dei mercanti (ne è esempio Ca’ da Mosto, col portico a pelo d’acqua e la loggia a dar luce al salone centrale del piano nobile, il portego); i grandi fondachi delle comunità straniere (come quello dei Turchi, la cui facciata – vistosamente rifatta nell’800 – conserva tuttavia lo schema originario, e quello dei Tedeschi, oggi nella ricostruzione cinquecentesca); i granai della Repubblica (rimane quello del Megio, con il disadorno prospetto accanto al fondaco dei Turchi). Col passare del tempo, però, il Canal Grande andò progressivamente perdendo il suo ruolo di porto a vantaggio del bacino di S. Marco, passaggio sancito in modo definitivo dalla ricostruzione in pietra del ponte di Rialto nel 1588. Si affermava così la sua funzione di scena di rappresentanza, luogo in cui le grandi famiglie del patriziato veneziano si manifestavano alla città attraverso il fasto e il gusto delle loro dimore. Chiusa la stagione delle case-fondaco bizantine due-trecentesche, iniziava sul canale la costruzione dei palazzi di splendida eleganza, dal ’400 – tra i primi, i palazzi Foscari e Giustinian – al ’700, quasi alle soglie della fine della Repubblica. Tutto il repertorio dei modi veneto-bizantini, gotici, rinascimentali, barocchi, ‘in stile’ vi si sarebbe via via espresso, armonicamente accostato e fuso dalla sensibilità veneziana per l’ornamento e la luce, il chiaroscuro, il gioco dei vuoti e dei pieni, l’animazione delle superfici forate da lunghe finestrature e da logge. La peculiare insistenza del linguaggio architettonico veneziano non impedì tuttavia che le monumentali facciate evolvessero negli schemi compositivi e decorativi: da Ca’ Foscari ai palazzi Giustinian, alla famosa Ca’ d’Oro (XV secolo), con le caratteristiche polifore ad archi intrecciati e inflessi e i trafori quadrilobati del gotico, alle architetture rinascimentali con possenti loggiati dei palazzi Vendramin-Calergi, Grimani, Corner della Ca’ Granda, Manin, Dario (XV-XVI secolo), ai sempre più imponenti edifici barocchi di Ca’ Corner della Regina, Ca’ Pesaro, palazzo Grassi e Ca’ Rezzonico (secoli XVII-XVIII). Al carattere aulico dell’ambiente si accordarono i pochi edifici pubblici costruiti nel ’600 e nel ’700: la grandiosa basilica della Salute e la punta della Dogana all’ingresso meridionale del canale, le ricostruite chiese degli Scalzi e di S. Simeon Piccolo all’ingresso opposto. Dalla fine del ’700, con la caduta della Repubblica, il Canal Grande perse il ruolo di ‘strada’ rappresentativa e i palazzi cominciarono via via a essere abbandonati dalle grandi famiglie che li avevano abitati, pur continuando ad accumulare presenze illustri. Oggi a occuparli sono attività prestigiose – musei e raccolte d’arte, Università, istituzioni pubbliche e private – anche se, mutati i tempi, gli ingressi d’acqua non sono quasi più usati. Al paesaggio si sono aggiunti altri ponti: quello dell’Accademia e degli Scalzi, gettati a metà ’800 e rifatti nel 1934, e il ponte della Costituzione (o di Calatrava, dal nome del progettista), che dal 2008 lo scavalca appena prima del Rio Nuovo; e poi pontili dei vaporetti, stazi delle gondole in servizio di traghetto, pali variopinti conficcati in acqua per l’ormeggio delle barche.