Tappa d'obbligo del Grand Tour, quando nel XVIII secolo i nobili e le persone colte di tutta Europa visitavano l'Italia, il giardino antistante il cinquecentesco palazzo Giusti rappresenta un importante modello di stile tardorinascimentale. Fu realizzato, con il tipico impianto a "U", nella seconda metà del Cinquecento dal gentiluomo Agostino, principale esponente del casato e cavaliere della Repubblica veneta. Da sempre aperto al pubblico e conosciuto in tutto il mondo per la curiosa bellezza ed eleganza, valse ai suoi proprietari l'appellativo di Giusti "del Giardino". Dalla corte del palazzo si accede al giardino attraverso un bel cancello di ferro battuto, fiancheggiato da due muri merlati ornati da nicchie, statue e mascheroni da cui zampilla acqua, e rivestiti di Parthenocissus, un verde rampicante. Uno scenografico giardino all'italiana, arredato con curatissimi e geometrici parterre di bosso, accoglie i visitatori. È scandito da un viale di cipressi secolari che conduce all'incombente rupe del colle di San Zeno. Questi maestosi esemplari sono una vera attrattiva del luogo e incantarono perfino Goethe, ospite dei conti Giusti nel 1787. In prossimità della rupe il parco assume un aspetto più severo: dal labirinto di bosso, sulla destra, circondato da svettanti cipressi, al selvaggio e ombroso boschetto, attraversato da un sinuoso sentiero, che si estende - con allori, tassi, Celtis australis e un bellissimo esemplare di cedro del Libano - a ridosso del colle, per tutta la lunghezza del giardino. Proseguendo lungo il viale si giunge, attraverso una scalinata, a una grotta originariamente ornata di splendide decorazioni, realizzate con stalattiti, conchiglie e specchi che dilatavano illusionisticamente lo spazio. Si tratta di una stanza con volta a botte, interamente scavata nel tufo e sormontata da un inquietante mascherone grottesco, ben visibile anche dal cancello d'ingresso. Questa costruzione, insieme con il labirinto e con tutta la zona situata oltre il giardino all'italiana, contribuisce a creare un clima di alternanza tipica dell'epoca tardo-rinascimentale: alla solarità dei geometrici parterre si contrappone infatti la cupa atmosfera del boschetto, dominata da una natura inquietante e misteriosa, una forza che l'uomo non sa governare razionalmente. Nel cortile antistante il giardino, nel 1581 si tenne una delle prime rappresentazioni dell'Aminta di Torquato Tasso. Una tortuosa scaletta, che si arrampica su una piccola torre campanaria, conduce infine al belvedere, situato sulla sommità del colle; un tempo occupata da un orto-frutteto, oggi ospita un piccolo bosco di cipressi. Da qui si gode una stupenda vista di Verona. La preziosa collezione di reperti romani, collocati da Agostino Giusti in tutte le aiuole del giardino, è particolarmente interessante. Si ammirano colonne, busti, erme e sarcofagi che, insieme alla serie di epigrafi romane, fanno di questo ambiente una sorta di giardino-museo. Al centro delle aiuole di sinistra, cinque eleganti sculture raffigurano divinità pagane, realizzate nel XVIII secolo dall'architetto Lorenzo Muttoni (1726-1778).