Situato nel centro di Firenze, a poca distanza da Porta al Prato, il palazzo fu progettato nel 1572 da Bernardo Buontalenti (1531-1608) per essere utilizzato come casino di caccia della famiglia Acciaiuoli. Intorno al 1620 l'edificio fu acquistato da Filippo Corsini che, nel 1624, incaricò l'architetto Gherardo Silvani di decorarne la facciata con un loggiato e sistemarne il terreno antistante. Nacque così un giardino all'italiana dal disegno tuttora immutato, ornato con vasi di limoni e con aiuole cinte da siepi di bosso, potate a un'altezza non superiore a cinquanta centimetri, secondo una moda tipica dei classici giardini formali del Rinascimento. I movimenti tondeggianti dei parterre, decorati con essenze mediterranee (timo, santolina, lavanda, rose, cisti e recenti peonie) che ne ravvivano i disegni, sembrano invece risentire dell'allora incipiente gusto barocco, stile che si diffuse in Europa nel corso del XVII secolo. Molto curate sono anche le simmetrie, nate con il preciso intento di nascondere il "fuori squadra" del terreno: dal viale centrale, ornato con statue poste su piedistalli digradanti in altezza man mano che ci si allontana dal loggiato del palazzo, alle diverse dimensioni delle conche dei limoni che ornano il parterre, volte a rafforzare le cadenze del giardino. Nei mesi freddi, quando queste piante vengono ritirate nelle limonaie, tale angolo del parco assume un aspetto di attesa. All'elegante giardino del Silvani si aggiunsero, nel corso dei secoli, altre zone realizzate con il preciso intento di proteggere il palazzo dall'invadenza della città che andava sempre più accerchiandolo. Risale infatti alla metà del XIX secolo la creazione del giardino all'inglese, i cui percorsi con laghetti, vasche e rovine abbellite da statue contribuiscono a reare un'atmosfera romantica, accentuata in autunno dai forti contrasti di colore fra le diverse tonalità delle foglie. Sempre all'Ottocento risale l'ampliamento del palazzo che il marchese Neri Corsini commissionò all'architetto Ulisse Faldi, affinché lo trasformasse nella sua dimora stabile. Il progetto, che comprendeva anche la realizzazione di un edificio in stile rinascimentale, con terrazza da cui assistere alla corsa dei cavalli berberi (che partiva proprio dalla Porta al Prato), fu successivamente completato da Vincenzo Micheli.