Un nome in inglese per questo progetto che è in realtà una grande mostra itinerante ma con sede fissa nel barocco palazzo Kulmer (1776). Si tratta di una raccolta di cose di uso comune, allestita con sapienza, cui si accompagnano brevi testi, in croato e in inglese, che inquadrano l’oggetto in vicende private, per lo più relative alla fine di rapporti di amore e amicizia. Talora buffe, talora drammatiche se non addirittura tragiche, le situazioni e gli oggetti che ne sono rimasti un ricordo ormai lontano compongono un interessante quadro dei cosiddetti casi della vita. C’è per esempio l’ascia con cui il giovane innamorato abbandonato ha fatto a pezzi i mobili di casa del perduto amore; c’è un piccolo cavallo in vetro di Murano, ricordo di un viaggio a Venezia di due giovani sposi, lasciatisi dopo 20 anni. A dispetto del nome (la cui traduzione appropriata, più che ‘cuori infranti’, è ‘rapporti spezzati’), il museo è ben lungi dall’esser una mielosa paccottiglia da fidanzatini infelici. Esso infatti rivaluta oggetti di apparentemente nessun valore attraverso il significato simbolico che questi assumono nel contesto dei sentimenti e delle brevi storie narrate da chi ne è stato in possesso.