La Galleria nazionale è allestita in un vasto edificio composto da due corpi di fabbrica uniti da una struttura a vetri; all’interno vi è collocato l’originale restaurato della statua dei fiumi carniolani, realizzata da Francesco Robba nel 1752 con le figure allegoriche dei fiumi Ljubljanica, Krka e Sava (una copia si trova davanti al municipio). L’ala sinistra, moderna, accoglie le esposizioni temporanee e la raccolta di artisti europei, tra cui si segnalano alcuni dipinti del Novecento di Javlenskij, Morandi, Severini, De Pisis. La sezione di arte slovena, più interessante, è allestita nell’ala destra del complesso; si tratta del corpo storico del museo, costruito dall’architetto ceco František Edmund Škabrout nel 1896, su modello del Teatro nazionale di Praga. Le prime sale raccontano di un’arte ancora molto legata ai modelli dell’Europa centrale: sculture gotiche in legno di influenza tedesca e ceca, dipinti barocchi con scene di genere (I giocatori di carte del Maestro dell’Almanacco). La pittura tra il XVIII e buona parte del XIX secolo risente dell’accademismo in auge a Monaco di Baviera, mentre per trovare un’arte più propriamente slovena, almeno nel soggetto, si deve attendere Marko Pernhart, incaricato nella seconda metà dell’Ottocento dall’Istituto geografico nazionale di dipingere alcuni paesaggi nazionali: se ne ammirano qui i risultati con la successione di quattro grandi tele che raffigurano vedute delle Alpi Giulie, con il Triglav e Bled. Uno dei quadri simbolo del museo è Prima della caccia (1883) di Jurij Šubic, artista preimpressionista attivo a Parigi, che dimostra una sensibilità nei confronti della luce al passo con i tempi. Altra figura importante dell’arte dell’ultimo scorcio dell’Ottocento è Anton Ažbe, che tenne scuola a Monaco influenzando personaggi del calibro di Kandinskij e Javlenskij; particolarmente riuscito è il suo Ritratto di donna mora (1895), da cui emerge una concezione della forma quale sfera plasmata dalla luce. Da segnalare anche il quadro A casa (1889) di Jožef Petkovšek, opera drammatica e autobiografica che raffigura la scoperta della morte del padre al ritorno da un lungo viaggio; l’opera si è prestata a molte letture psicanalitiche, sulla figura della madre e sull’atmosfera opprimente della scena. La visita del museo prosegue nella sala che raccoglie i dipinti di Ivana Kobilca, pittrice vissuta prevalentemente all’estero, tra Parigi e Berlino, dove strinse amicizia con Käthe Kollwitz. Tra tutti spicca Donna che beve il caffè (1888), uno dei quadri più celebri dell’arte slovena. Segue la sala delle sculture, dove si scopre un’arte che, pur debitrice della scuola viennese, acquista un carattere nazionale soprattutto grazie alla grande plastica monumentale. Opera di rilievo è Il sogno del cosacco (1903), di Ivan Zajec, che ottenne una buona accoglienza al Salone di Parigi del 1906. Il percorso cronologico si conclude con la pittura impressionista, con tele oggi celebrate ma che all’epoca stentarono a essere apprezzate in patria. L’esempio più significativo in questo senso è Il seminatore di Ivan Grohar (1907).