Nello stabilimento originario di Max Mara, convertito in spazio espositivo dall’inglese Andrew Hapgood, è in mostra la collezione d’arte contemporanea del fondatore del gruppo, Achille Maramotti, scomparso nel 2005. Nei due piani di un corpo di fabbrica di naturale luminosità è allestita una permanente di oltre 200 opere: il primo piano ospita dipinti italiani ed europei dalla fine degli anni Quaranta agli anni Ottanta, con un percorso cronologico che nella parte iniziale propone correnti informali e proto-concettuali degli anni Cinquanta (Burri, Fontana, Fautrier, Manzoni), cui si aggiunge un consistente corpo di opere di Arte Povera, e prosegue privilegiando il ritorno della figurazione, ai colori accesi e al grande formato dei neoespressionisti italiani (la Transavanguardia: Chia, Cucchi, Clemente, Palladino, De Maria) e tedeschi (da Anselm Kiefer a Gehrard Richter). Al piano superiore, aperto ancora da neo-figurativi tedeschi e americani (da Julian Schnabel a David Salle, a Ray Smith), si distingue un gruppo considerevole di nomi di spicco della New Geometry americana degli anni Ottanta e Novanta (Halley, Davie, Bleckner, Trockel), seguite da più recenti avanguardie inglesi e americane (dal neo-pop di Tom Sachs all’arte impegnata di Cady Noland). In ciascuno dei due piani uno spazio aperto accoglie installazioni e sculture dagli anni Settanta a oggi: tra gli altri, di Mario Merz, Claudio Parmeggiani, Vito Acconci. Al pianterreno vi sono spazi destinati a mostre temporanee.