Al tempo del sacco di Roma Clemente VII si rifugiò a Orvieto (1527-28) e, per garantire il rifornimento di acqua alla Rocca in caso di assedio, fece costruire il pozzo già detto della Rocca. L'opera fu affidata ad Antonio da Sangallo il Giovane, che ideò una singolare struttura cilindrica a doppia elica che aveva lo scopo di creare due percorsi indipendenti e non comunicanti. La parte esterna del pozzo si presenta come una larga e bassa costruzione cilindrica ornata da gigli farnesiani di Paolo III, con due porte ai punti diametralmente opposti. Il pozzo è profondo 62 m e largo 13 e ha un'escavazione cilindrica circondata da una canna dalla quale si svolgono due scale a chiocciola sovrapposte, con 248 gradini ciascuna, agevoli da discendere anche per le bestie da soma che andavano ad attingere l'acqua. Danno luce alle scale 72 finestre centinate, mentre un ponticello taglia diagonalmente il pozzo quasi a livello dell'acqua. Il nome di pozzo di S. Patrizio venne attribuito solo in un momento successivo, secondo alcuni dai frati serviti in riferimento alla leggenda medievale che suggeriva, a imitazione delle pratiche mistiche del patrono d'Irlanda, di sostare in fondo al pozzo per potersi purificare dalle proprie colpe, istituzionalizzando così il 'terzo luogo' dell'aldilà, ossia il Purgatorio. Secondo altri il nome sarebbe stato dato per la somiglianza, seppur vaga, con il baratro che si apriva nell'antro irlandese in cui il santo era solito ritirarsi in preghiera. Fonti dell'epoca riferiscono che durante gli scavi per il pozzo fu ritrovato un sepolcro pre-etrusco.