Sullo sfondo del verde querceto del monte Corona, l'abbazia, chiamata fino al '500 S. Salvatore del Monte Acuto, è la culla dei Camaldolesi coronesi. Fondata nell'XI secolo, forse dallo stesso san Romualdo, divenne il principale centro economico del comprensorio con la formazione di una vasta tenuta di terreni coltivati, pascoli e boschi che tuttora, nonostante i molti passaggi di proprietà seguiti alla soppressione (1863), costituisce una delle maggiori aziende agricole regionali. La chiesa superiore, romanica a tre navate, fu consacrata nel 1105, modificata e ampliata nel XVI e XVII secolo. All'interno, resti della decorazione a fresco di scuola umbra del '300 e, nel presbiterio, un ciborio dell'VIII secolo.<br>La cripta sottostante, forse dell'XI secolo, è un vasto ambiente a cinque navate e tre absidi con massiccio reimpiego di materiali d'età romana, probabilmente recuperati dal tempio pagano o paleocristiano su cui insisterebbe. Annesso alla chiesa superiore è un piccolo museo con reperti e oggetti di uso liturgico. Di fianco il singolare campanile: circolare alla base, poi endecagonale, infine ottagonale.<br>L'Eremo del monte Corona fu un tempo legato alla Badia sottostante; sorto nel bosco intorno al 1530, è formato da una chiesa settecentesca e dalle casette dei monaci. Ai piedi del monte sono poi i ruderi del castello di Sportacciano e sul versante meridionale si trova infine il castello di S. Giuliana, bell'esempio di piccolo e compatto borgo fortificato, ristrutturato nel rispetto della trecentesca struttura.