Il grande complesso conventuale dedicato a S. Lorenzo Martire – detto anche Certosa di Firenze o di Val d’Ema – si staglia circondato da mura sul monte Acuto, alla confluenza tra Greve ed Ema.<br>Lo fondò nel 1342 Niccolò Acciaiuoli, membro eminente di una grande casata di banchieri fiorentini. Nel corso dei secoli si ampliò e si arricchì di opere d’arte, ma gran parte di esse furono portate via dopo la soppressione del convento nel 1810, in età napoleonica. Dal 1958 ai Certosini sono subentrati i Benedettini Cistercensi.<br>Si incontra per primo il blocco compatto di palazzo Acciaiuoli, iniziato intorno al 1355 (su progetto di Fra’ Jacopo Passavanti e Fra’ Jacopo Talenti) e concluso a metà ’500. Il piano superiore, dove si sale per la scala esterna cinquecentesca, ospita la Pinacoteca: sono esposte opere trasferite qui da altri ambienti della certosa, tra cui affreschi di Jacopo Pontormo (Ciclo della Passione, 1523) staccati dal loggiato del chiostro.<br>La facciata della chiesa, anch’essa cinquecentesca, con statue di Giovanni Fancelli, si rivolge a un piazzale di proporzioni grandiose (69,5 metri x 22).<br>Si entra nel coro dei Conversi (1556-1558), sorta di vestibolo a pianta quadrata, con stalli lignei intarsiati e intagliati del 1590 e con cupola emisferica, affrescata fra ’500 e ’600.<br>Dal coro dei Conversi si passa nella parte più antica dell’edificio, la trecentesca chiesa dei Monaci, rimaneggiata e arricchita sia nella seconda metà del ’500, sia più tardi in gusto barocco. L’altare maggiore è del 1773.<br>Dalla cappella di S. Maria si scende alla cappella di Tobia, cripta sepolcrale degli Acciaiuoli: il monumento funebre di Niccolò, della seconda metà del ’300, è attribuito alla bottega di Andrea Orcagna.<br>La visita al convento include il Colloquio, dove i Certosini si riunivano per la ‘ricreazione’ settimanale: spiccano qui le vetrate cinquecentesche e una terracotta invetriata (Cristo portacroce) di Gerolamo della Robbia. Seguono il chiostrino dei Monaci, ricostruito nel 1558, e il Capitolo, rifatto nel ’500, con una Crocifissione di Mariotto Albertinelli e la lastra tombale di Leonardo Buonafè, opera di Francesco da Sangallo.<br>Le suggestive celle dei monaci – abitazioni indipendenti a più locali, con loggia e orticello – si affacciano sul chiostro grande d’aspetto rinascimentale, decorato nel 1523 con sessantasei busti in terracotta invetriata di Giovanni della Robbia.