È la massima raccolta di pittura veneta, nata nel 1807 nel contesto della soppressione napoleonica di palazzi pubblici, parrocchie, edifici di culto e sistemata da allora nel complesso conventuale di S. Maria della Carità. Ai dipinti, alle sculture, ai gessi dell’Accademia preposta alla formazione degli artisti (le ‘gallerie’ del nome), si aggiunsero le opere degli istituti religiosi soppressi; seguirono, nel tempo, importanti lasciti privati e acquisizioni a opera del museo, dal 1878 passato in proprietà allo Stato.<br>Gli edifici sono il risultato di un lungo lavoro di ricostruzioni, aggiunte e trasformazioni, diverse delle quali ottocentesche. La chiesa venne rifatta tra il 1441 e il 1452 da Adriano Bon; al convento pose mano il Palladio (1555-62; nel secondo cortile rimane una bella ala a portico e logge); la facciata neoclassica dell’ex Scuola Grande di S. Maria della Carità è opera di Giorgio Massari e Bernardino Maccaruzzi (1756-65), così come lo scalone interno. Nel 2006 l’Accademia è stata trasferita nell’ex ospedale degli Incurabili e sono cominciati lavori che mirano a raddoppiare lo spazio espositivo.<br>Le raccolte illustrano cinque secoli di pittura veneziana, dagli ori del gotico internazionale (XIII secolo) ai vari generi del Settecento, ma i capolavori assoluti appartengono al Quattrocento e al Cinquecento. La più poetica, vivida descrizione della città e della sua vita – luoghi, volti, dettagli ambientali – si trova nei sette teleri del ciclo dei Miracoli della Croce dipinti alla fine del Quattrocento, per la Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista, da Gentile Bellini (La processione in piazza S. Marco, 1496; Miracolo della Croce al ponte S. Lorenzo), Carpaccio (Miracolo della reliquia della Santa Croce), Giovanni Mansueti e Lazzaro Bastiani; di straordinario valore documentario, oltre che pittorico, è anche il ciclo di S. Orsola realizzato dal Carpaccio nel 1490-95 per l’omonima Scuola, ricco di invenzioni architettoniche, ritratti, simbologie (Sogno di S. Orsola). Splendido l’insieme delle opere di Giovanni Bellini, dalla Madonna in trono col Bambino e santi (circa 1480), ammirata già dai contemporanei, alla Pietà (1505 circa) nel cui fondo si levano suggestivi edifici di Vicenza, Cividale, Ravenna. Di Giorgione sono La Vecchia (circa 1505-1506) e soprattutto La Tempesta, prodigio di concentrazione atmosferica, di colore e di luce in una scena campestre misteriosamente sospesa (a un confronto esemplare con l’arte d’influenza toscana chiamano il S. Giorgio del Mantegna e il S. Girolamo e un devoto di Piero della Francesca). In affascinante solitudine spicca il Ritratto di gentiluomo di Lorenzo Lotto (1528 circa). Celebre capolavoro del Veronese è Il convito in casa di Levi (1573), che l’artista dipinse per i Domenicani dei Ss. Giovanni e Paolo e per il quale coraggiosamente sostenne un confronto col Tribunale dell’Inquisizione, che lo riteneva irriverente nella sua originaria intitolazione di Ultima cena. Alla Scuola Grande di S. Marco erano destinati i teleri del Tintoretto col Trafugamento del corpo di S. Marco (1562) di visionaria potenza, il Miracolo di S. Marco (1548), S. Marco salva un saraceno (1562). Lungo come la vita stessa del maestro è l’arco temporale coperto dalle opere di Tiziano: la Presentazione della Vergine al tempio, dipinta nell’antica sala dell’Albergo della Scuola della Carità (dal soffitto ligneo azzurro e oro) risale agli anni 1534-39; la commovente Pietà, realizzata dal maestro per una cappella dei Frari in cambio della concessione di esservi sepolto, fu interrotta dalla sua morte, di peste, nel 1576. Oggi colpisce come eccezionale autoritratto fisico (nella figura prostrata dinanzi alla Vergine) ed emotivo del vecchio artista, esplorazione ultima delle possibilità espressive del colore.