Sono uno dei più grandiosi e suggestivi complessi monumentali dell'antica Roma (potevano ospitare 1600 persone), di cui impressiona ancora oggi l'audacia delle possenti strutture murarie, spesso conservate fino a notevole altezza. Iniziate nel 212 da Caracalla e inaugurate nel 217, furono terminate da Elagabalo e Severo Alessandro; dopo il restauro di Aureliano furono in funzione sino al 537, quando i Goti di Vitige tagliarono l'acquedotto Antoniniano, che alimentava le cisterne capaci di 80000 litri. La planimetria segue i canoni stabiliti nel sec. II, con un grande corpo di fabbrica centrale (m 220x114) circondato da spazi verdi chiusi da un recinto (m 330x330), che sulla «via Nova», parallela all'Appia, dove si apriva l'ingresso presentava un portico preceduto da ambienti con funzione costruttiva: sui lati ortogonali erano due ampie esedre che includevano vari ambienti, mentre sul fondo era lo stadio, fiancheggiato dalle Biblioteche Greca e Latina, con le gradinate addossate alle cisterne. Al corpo centrale si accedeva da quattro porte: lungo l'asse d'ingresso si incontrava il frigidarium, la basilica (7; m 58x24) coperta da tre volte a crociera, il tepidarium e infine il calidarium, circolare (diametro m 34) e con cupola; ai lati di questi erano simmetricamente disposti palestre, vestiboli, spogliatoi eccetera. Notevole interesse presentano i vastissimi ambienti sotterranei, destinati ai servizi: in uno di essi, presso l'esedra nord-ovest, fu adattato un mitreo, il più grande fra quelli noti a Roma; della ricchissima decorazione architettonica non rimane che qualche frammento e alcuni mosaici pavimentali, anche se gli scavi, eseguiti soprattutto nel '500, hanno restituito opere famosissime, come il Toro e l'Ercole Farnese (ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli), le due vasche di granito di piazza Farnese e il mosaico con atleti (ora ai Musei Vaticani).