«Il più importante al mondo dopo quello del Cairo», è uno dei luoghi più celebri della città. Dopo le campagne napoleoniche era esplosa a inizio '800 la moda del collezionismo di antichità egizie. Bernardino Drovetti, piemontese, console generale di Francia durante l'occupazione in Egitto, collezionò statue, sarcofaghi, mummie, papiri, amuleti, monili per oltre 8000 pezzi. Nel 1824 il re Carlo Felice acquistò la collezione Drovetti e, unendovi altri reperti dalle collezioni di antichità classiche di casa Savoia, diede vita al primo Museo Egizio del mondo. Verso la fine dell'800, il nuovo direttore del museo, Ernesto Schiaparelli, avviò nuove acquisizioni. La collezione raggiunse così, intorno agli anni Trenta del '900, gli oltre 30.000 pezzi, che illustrano la civiltà dell'Antico Egitto in tutti gli aspetti, dal periodo predinastico (4000 a.C.) fino alla tarda antichità (V-VI sec. d.C.). Gli spazi, oggetto di un radicale progetto di riallestimento per trasformare l'Egizio in un museo coinvolgente e moderno, consentono l'esposizione di circa 6500 reperti. Un'anteprima dell'effetto futuro si coglie nel sorprendente statuario, a piano terra, completamente ripensato nel 2006 in un allestimento di grande impatto, nominato "Riflessi di pietra" e ideato dallo scenografo Dante Ferretti, premio Oscar 2005. Inaugurate nel 2000, le nuove sale del pianterreno ospitano reperti relativi alle origini della civiltà egizia (IV millennio-2300 a.C.). Qui - oltre alla statua della principessa Redi, la più antica della collezione (2800 a.C.), si segnalano tre testimonianze: la ricostruzione di una sepoltura predinastica a fossa ovale, con il corpo di un uomo rannicchiato, uno dei più antichi esempi di mummificazione naturale; il papiro dei Re (noto anche come papiro di Torino), che riporta la lista completa dei faraoni dalla I alla XVIII dinastia e che - insieme alla celeberrima Stele di Rosetta, conservata al British Museum di Londra, e alla Pietra di Palermo (qui riprodotte in copia) - costituisce uno dei documenti fondamentali per lo studio e l'interpretazione della lingua egizia; infine, nella sala di fondo, la tomba di Iteti, capo dei sacerdoti della piramide di Chefren a Giza. Una scala conduce alla sotterranea ala Schiaparelli. Vi sono raccolti i materiali delle campagne di scavo condotte tra il 1905 e il 1920 nei siti di Gebelein, Asjut e Qau-el-Kebir: la tomba di Ini, con sarcofago e un ricco corredo adagiato sopra una pelle di vacca; una giara per grano o birra riutilizzata per scopi funerari; una tela di lino dipinta con elementi vegetali, scene di danza e pesca; vari corredi di sepolture con statue lignee, alcune a grandezza naturale; il sarcofago di Ibu, pietra con decorazione a motivi geometrici. Tornando al piano terra, si giunge alla ricostruzione del tempio rupestre di Ellesija, risalente al regno di Thutmosi III (1430 a.C.). Si accede quindi alle due sale parallele dello statuario, di cui si e detto, in cui giganteggiano misteriose e ieratiche le statue dei faraoni, tra cui quella di Ramses II in maestà, dove il faraone viene rappresentato col capo cinto dalla 'corona blu' e nella mano destra lo scettro del potere. Al primo piano, la sala delle suppellettili funerarie con alcuni dei pezzi più pregiati del museo. Nell'ultima sezione, la mensa isiaca, un bassorilievo bronzeo, lavorato in oro e argento (I sec. d.C.). Le sale proseguono con l'esposizione di preziosi papiri e con il celebre ostrakon della danzatrice, un coccio di calcare, usato come supporto di scrittura. Segue la sezione dedicata alle arti e ai mestieri e chiude una sala con gli affreschi strappati dalla tomba di Iti (2200 a.C., a Gebelein), raffiguranti scene di vita e lavoro agricolo.