Si avvista da lontano, sentinella sulla sua montagna circondata dal fitto bosco, in passato rifugio di briganti e oggi refrigerio nelle calde giornate estive, generoso in autunno quando si riempie di cardoncelli, prelibatezza nota sin dall'antichità che prolifera solo da queste parti. È fuori dalle strade battute, bisogna andarci di proposito per scoprire che ne è valsa la pena. Perché subito incanta con il suo borgo in pietra, con la sua luce accecante sferzata nelle belle giornate di primavera da stormi di rondini che fino all'imbrunire sfrecciano quasi a toccare il capo degli abitanti, in un melodioso garrire ininterrotto. Bisogna andarci per percorrere le sue stradine in pietra, tutte aperte su panorami fantastici, con gli usci aperti delle case basse dalle quali, in estate, si diffonde l'odore della cucina. Una cucina antica, come il paese, semplice con profonde radici nel territorio da cui continua ad attingere. Prima di lasciare il borgo, il consiglio è di comprare mozzarelle, scamorze, ricotta fresca, il provolone (dolce o piccante) consumato anche cotto a fette sulla brace o alla griglia e il suo prezioso pecorino, dalla crosta spessa, a pasta semidura e dal gusto pieno, ma anche le salsicce artigianali, dolci o piccanti, le paste fatte a mano, i legumi che in primavera si trovano sulle tavole. Non mancano i dolci tipici, come u' cazoun (calzone agrodolce) durante il periodo natalizio, i calzoncelli ripieni con con pasta di castagne o di ceci dolci o ancora le crustole (carteddate) irrorate con miele e spolverate con cannella o con vincotto.