Ascensori o scale salgono al tetto del Duomo, dove spicca lo spettacolare ottagono del tiburio – all’incrocio fra navate e transetto – progettato e innalzato tra 1490 e 1500 dall’ingegnere generale Giovanni Antonio Amadeo e dal suo collega Gian Giacomo Dolcebuono. Otto archi rovesci collegano il tiburio alla guglia maggiore, completata nel 1769 su disegno di Francesco Croce e alta 108,5 metri. Sopra di essa sta la Madonnina, statua simbolo di Milano, fusa nel 1774 da Giuseppe Bini su modello di Giuseppe Perego, e rivestita di lamine d’oro. Il tiburio è fiancheggiato da quattro gugliotti progettati da Amadeo; soltanto uno di essi però, quello nord-orientale, fu realizzato fin d’allora (1507-1518). Gli altri risalgono all’800, come per altro quasi tutte le guglie che rendono celebre il Duomo. Fanno eccezione la guglia Carelli (in corrispondenza dell’uscita dell’ascensore), che fu costruita fra 1397 e 1404 col lascito di Marco Carelli, e alcune fra le altre che la contornano. Le guglie quattro-cinquecentesche non sono più di sei; quelle erette nei due secoli successivi, una decina. Ma quello che dalla cima del Duomo più ruba l’occhio è l’ampia vista su Milano, la pianura padana e i monti in distanza. Si vede piazza del Duomo in primo luogo, ma anche lo skyline cittadino: il profilo dei grattacieli Pirelli e di palazzo Lombardia, l’altra sede della Regione verso nord; la torre Velasca, verso sud; il contorno dello stadio di San Siro che pare un’astronave atterrata ai margini ovest della città. Più lontani, nei giorni di sereno – da ovest a est – il Monte Rosa, i Corni di Canzo, la Grigna, il Resegone e le Orobie.