L’opinione corrente sul Duomo è che sia una chiesa tardo-gotica. In realtà, è il risultato di una commistione di stili avvicendatisi nei secoli. La cattedrale fu impostata sotto Gian Galeazzo Visconti, probabilmente nel 1386, e lo stile tardo-gotico è evidente nell’abside, che fu costruita per prima. I passi decisivi, però, furono compiuti fra il 1500 e il 1800. L’interno è in sostanza una creazione tardo-cinquecentesca di Pellegrino Tibaldi, detto anche il Pellegrini. L’edificio è interamente rivestito di marmo bianco-rosato con venature grigie, e conta più di 3400 statue, parte delle quali copie: molti originali sono al Museo del Duomo. La facciata, dopo secoli di incertezze, fu conclusa fra 1805 e 1813. Le cinque campiture corrispondono alle navate, e inquadrano portali seicenteschi; più recenti le porte in bronzo: la centrale di Ludovico Pogliaghi (1894-1908), l’ultima a destra di Luciano Minguzzi (1965). L’abside, con tre enormi finestroni gotici, fu portata a termine ai primi del ’400 da Filippino degli Organi, quarto degli ingegneri del Duomo dopo Simone da Orsenigo, Giovannino de’ Grassi e Marco da Carona. All’interno, sorgono dal pavimento in marmo cinquantadue colossali pilastri, con grandi capitelli a nicchie che contengono statue di santi e, sopra, di profeti. Al soffitto, un trompe-l’œil iniziato nel ’500 e ridipinto nell’800. Nella navata destra spiccano alla prima campata il sarcofago dell’arcivescovo Ariberto d’Intimiano (morto nel 1045) e una vetrata di fine ’400, mentre alla quarta campata si trova il sarcofago di Marco Carelli (1406), benefattore della fabbrica. Alla quinta campata si affiancano il monumento a Giuseppe Brentano e la tomba di Gian Andrea Vimercati (morto nel 1548), con statue di Agostino Bambaia; alla sesta, altra vetrata di fine ’400. Nel transetto destro stanno il monumento funebre di Gian Giacomo Medici detto il Medeghino (1560-1563), di Leone Leoni, e una vetrata di metà ’500; di fronte, un’altra vetrata notevole della stessa epoca. La statua di S. Bartolomeo scorticato (1562), di Marco d’Agrate, è particolarmente realistica. Statue tardo-quattrocentesche, su pennacchi e su mensole, decorano il tiburio ottagonale. Nel presbiterio, l’altare maggiore duecentesco era in origine a S. Maria Maggiore: fu riconsacrato qui nel 1418. Spiccano i pulpiti (1585-1602) e i giganteschi organi tardo-cinquecenteschi, con portelle di Giuseppe Meda (1565-1581, a destra) e di Giovanni Ambrogio Figino e Camillo Procaccini (1592-1602). Il ciborio in bronzo dorato (1581-1590) su disegno di Tibaldi, separa dal coro (1572-1620) in legno intagliato. La cripta comunica con lo scurolo di S. Carlo, una cappella su disegno di Francesco Maria Richini (1606) dove san Carlo Borromeo riposa in un’urna di argento e cristallo di rocca. Nel deambulatorio sono notevoli il portale tardo-trecentesco della sagrestia sud, nella seconda campata la statua di Martino V (1424), di Jacopino da Tradate, e il monumento del cardinale Marino Caracciolo, del Bambaia, e nella terza campata uno stendardo tardo-cinquecentesco. Il portale della sagrestia nord (1389), di Giacomo da Campione, è considerato la prima scultura del Duomo. Nel transetto destro si notano la vetrata laterale inferiore (1479), la cappella della Madonna dell’Albero, su disegno di Richini, e il due-trecentesco candelabro Trivulzio, bronzo di scuola francese o renana. Lungo la navata sinistra si allineano altari di Pellegrino Tibaldi (ottava, settima e sesta campata) e vetrate tardo-cinquecentesche. Alla terza campata, il monumento agli arcivescovi Arcimboldi (1559) è attribuito a Galeazzo Alessi o a Cristoforo Lombardo. Il battistero a edicola è di Tibaldi; il fonte è un’antica vasca romana in porfido. Ogni anno, dal 4 novembre (festa di S. Carlo) e per circa un mese, in Duomo viene esposto un imponente ciclo di dipinti seicenteschi (i cosiddetti ‘quadroni’) dedicati a Carlo Borromeo, molti dei quali di mano del Cerano e di Giulio Cesare Procaccini. La Veneranda Fabbrica